Obbligazioni con rendimento negativo: una grande distorsione.
Il mondo pullula di obbligazioni che offrono un rendimento negativo: guardate il grafico, relativo ai 10 mercati obbligazionari più importanti al mondo.
Quindi gli investitori che acquistano oggi un’obbligazione a rendimento negativo e la detengono fino alla scadenza otterranno meno denaro di quello che avevano in partenza. Wow.
A me basta scriverlo per provare un discreto senso di disagio.
Va anche peggio se guardiamo ai rendimenti reali, depurati cioè dall’inflazione: sono riportati nella tabella seguente, dove il rosso dei rendimenti negativi domina ovunque, in tutti i Paesi e su tutte le scadenze. Bisogna andare sulle scadenze trentennali per trovare un po’ di verde…
Ma perché diavolo un investitore dovrebbe acquistare queste obbligazioni a rendimento negativo e accettare di perdere soldi in modo cartesiano?
C’è qualcuno che ha dei validi motivi per sfidare il buon senso economico
Ad esempio perché l’acquisto di obbligazioni fa parte del proprio mandato istituzionale: è il caso di banche centrali, banche, fondi pensione e assicurazioni, che li detengono come riserve in divisa, oppure a fronte di passività, o per via di requisiti regolamentari. Ci sono poi i gestori di ETF e fondi, che li acquistano perché sono bond presenti nei loro indici di riferimento (o benchmark).
Poi c’è chi, con intento speculativo, acquista un titolo con rendimento negativo nella speranza che il suo rendimento scenda ancora (facendo salire il prezzo), per poi rivenderlo traendone un guadagno. E c’è chi – soprattutto investitori istituzionali – “parcheggia” liquidità in obbligazioni, aspettando di investire altrove a migliori condizioni, anche se sa che ciò ha un costo.
Queste sono motivazioni, come dire… contingenti. Perché resta il fatto che vedere rendimenti obbligazionari reali negativi va contro ogni logica economica. Introduce distorsioni mostruose nell’economia.
Pensateci.
Basta andare alla radice dell’idea di tasso d’interesse reale: ignorando il rischio di default (peraltro presente), il rendimento reale remunera il fatto che ci si priva del denaro con cui si possono acquistare beni o servizi per darlo a qualcun altro. Perciò se il rendimento reale è negativo significa che non si desidera essere remunerati per questa privazione, ma anzi si è disposti a pagare.
Detto diversamente, un rendimento reale negativo implica che, se pensate a un oggetto o un servizio (chessò, il viaggio che avete sempre sognato, un libro, una cena favolosa, un paio di scarpe, una bottiglia di Porto… qualsiasi cosa vi venga in mente), preferite goderne in futuro anziché oggi. E quando pensate ad una data futura, vi rendete conto di preferire una data ancora più in là nel tempo. E così via, all’infinito. Non so per voi, ma per me non è così. Non ha senso.
Un tasso d’interesse reale viola quindi i principi alla base di quelle che gli economisti chiamano “preferenze intertemporali”: e cioè che istintivamente attribuiamo più valore a un bene disponibile oggi che allo stesso bene disponibile domani. Il rendimento reale è positivo per il fatto stesso che la nostra vita è incerta e limitata, che non viviamo all’infinito. Un interesse reale negativo significa che preferiamo posporre una soddisfazione, in modo indefinito – il problema è che prima o poi la vita finisce. Oppure significa che siamo in un wormhole nel quale il tempo scorre in senso inverso. E non mi pare sia così.
Questa è la grande distorsione del momento: i tassi d’interesse non riflettono più la reale natura delle preferenze degli investitori. Non può continuare in eterno.
Carlo Ghiringhelli / Marzo 25, 2016
Gentile signor Zenti, certo che quello che conta sono le preferenze dei consumatori che in questo periodo si orientano verso la liquidità per paura della congiuntura, ma soprattutto e paradossalmente per la mancanza di futuro. Del resto le istituzioni sociali ed economiche non hanno uno straccio di progetto…Di qui la bassa velocità di circolazione della moneta e il rendimento del denaro quasi nullo. Ii tasso di interesse negativo risulta essere una ulteriore tassa sul denaro che danneggia il creditore, visto che l’inflazione non si è alzata per erodere il debito, Ora se il cavallo non beve non serve dargli l’acqua attraverso una espansione monetaria di cui beneficia soltanto il titolare del grande capitale finanziario in quanto il prezzo delle attività nei mercati dei capitali, materie prime, valute etc. aumenta, malgrado la volatilità.
L’espansione finanziaria, nell’età moderna, è la caratteristica delle ere di transizione nei rapporti internazionali tra il potere sul territorio e il denaro come ha ben dimostrato lo studio del nostro Giovanni Arrighi.
Grazie della Sua attenzione e auguri di buona pasqua.
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