Un mese fa su questo blog avevamo parlato delle valutazioni delle azioni dei Paesi Emergenti sottolineando quanto fossero interessanti. Lo storno delle ultime settimane ha ovviamente reso le valutazioni di questi mercati ancora più “appetibili” e molti utenti all’interno della Community di Advise Only (iscrizione gratuita, lo ricordiamo) ci hanno chiesto: è un buon momento per incrementare l’esposizione azionaria ai Paesi Emergenti?
Nel complesso i Paesi Emergenti godono di migliori condizioni economico-finanziarie (rispetto alla maggior parte dei Paesi Sviluppati), tuttavia la complessità della situazione richiede una forte consapevolezza dei rischi a breve termine a cui si va incontro. Vale la pena rifletterci.
Per prima cosa bisogna essere selettivi: non tutti i Paesi Emergenti godono di ottima salute (vedi India o Brasile). Inoltre, anche se il ritmo di crescita è superiore a quello dei Paesi Sviluppati, non è detto che questo sia sufficiente a soddisfare le esigenze degli investitori. In particolare, lo spauracchio d’un rallentamento della Cina di entità maggiore del previsto e dei suoi effetti sulle altre economie non è ancora stato scongiurato: i dati sono contrastanti.
In secondo luogo la crisi della zona euro non è ancora finita. Nonostante i toni euforici degli ultimi tempi, la tiepida ripresa intravista nei dati del PIL del secondo trimestre (+0,3% su base trimestrale, ma su base annuale il dato è -0,7%) è tutt’altro che solida. Alla luce della mole di lavoro che resta da fare nell’euro zona (progressione verso unione bancaria, fiscale, politica) e delle incognite a breve termine (elezioni tedesche, instabilità politica italiana), non sono da escludere periodi di “risk-off” penalizzanti per le azioni (e le obbligazioni) dei Paesi Emergenti.
Inoltre, i Paesi Emergenti non sono immuni dalle decisioni di politica monetaria degli altri Paesi (in particolare della Fed). La relativa sottoperformance dei mercati azionari dei Paesi Emergenti rispetto ai Paesi Sviluppati, che dura da ormai due anni, ha subito infatti una brusca accelerazione a maggio di quest’anno, in modo particolare in quei Paesi con una bilancia delle partite correnti in deficit e quindi più sensibili agli shock esterni (Turchia, India, Sud Africa e Brasile).
La principale ragione di quest’accelerazione è da ricercare nel comportamento della banca centrale USA. Di fatto, da quando Bernanke ha annunciato di voler gradualmente ridurre il piano di acquisto titoli (“tapering”), a condizione che l’economia USA abbia un adeguato ritmo di crescita, c’è stato un massiccio deflusso di capitali, che ha pesato su divise e listini azionari. Infatti, il mese di agosto si è contraddistinto per il forte deprezzamento delle divise dei Paesi Emergenti nei confronti del dollaro USA, facendo inevitabilmente riemergere lo spauracchio di una tipica crisi finanziaria “vecchio stampo”: massiccio esodo di capitali, deprezzamento o svalutazione della moneta, violenta inflazione.
La speculazione sul “tapering ” ha penalizzato i Paesi con una bilancia delle partite correnti in deficit
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*È stato costruito un indice con i listini azionari (MSCI) dei Paesi Emergenti con una bilancia delle partite correnti in deficit (Turchia, Brasile, India, Sud Africa) ed in surplus (Russia, Cina, Filippine, Taiwan), poi messi a confronto. Quando l’indice scende i Paesi in deficit performano peggio dei Paesi in surplus, ma quando sale si comportano meglio.
Nonostante le Banche Centrali abbiano accumulato una buona dose di riserve in valuta estera nel corso degli ultimi dieci anni (per fronteggiare queste situazioni) e si siano dimostrate piuttosto “attive” nel combattere la situazione, non è detto che tali politiche siano sufficienti ad allentare le preoccupazioni degli investitori.
In conclusione, è vero che esiste del valore nei mercati emergenti (almeno secondo le “classiche” metriche di valutazione) ma molto dipende dal vostro profilo di rischio ed orizzonte temporale (vi consigliamo di provare il Test del DNA finanziario, servizio gratuito offerto da Advise Only). Ad esempio se dal Test emerge che avete un profilo orientato al breve periodo e avverso al rischio, allora è preferibile aspettare prima di scegliere una forte posizione. A maggior ragione considerando tutti i rischi che ci sono sul piatto ed il fatto che ci vorrà ancora del tempo prima che le aspettative sulla fine del “Tapering” si stabilizzino.