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Riscatto laurea “agevolato”: come funziona e quanto conviene?

Come si fa e quanto conviene riscattare gli anni di studio in università

La possibilità di riscattare gli anni di laurea in modo da farli “valere” ai fini della pensione esiste già da diversi anni: si tratta della possibilità di versare all’INPS o ad altre casse previdenziali – su base totalmente volontaria – i contributi utili a far figurare gli anni dedicati agli studi universitari come anni di effettivo lavoro, quindi utili al calcolo di età di pensionamento e montante contributivo.

Il tema è tornato prepotentemente d’attualità negli ultimi mesi con l’introduzione – in via sperimentale per il triennio 2019-2021 – di una norma che prevede una modalità “agevolata” di riscatto per i lavoratori under 45.

Vediamo nel dettaglio cosa prevede la nuova norma inserita nel maxi-decreto che contiene anche “Quota 100”, in cosa si differenzia dalle disposizioni attuali e, soprattutto, se e fino a che punto conviene approfittarne.

 

Cosa prevede il “nuovo” riscatto degli anni di laurea

La principale agevolazione sta nel costo del riscatto, che scende notevolmente: con la nuova norma – che si affianca a quelle già in vigore – il calcolo avviene infatti con le modalità oggi previste per il riscatto di laurea degli inoccupati: in pratica, l’aliquota IVS (Invalidità, Vecchiaia, Superstiti) pari al 33% si applica al reddito minimo soggetto a imposizione della Gestione INPS di artigiani e commercianti, pari a 15.710 euro nel 2018 e incrementato dell’1,1% nel 2019.

Questo si traduce in una spesa, uguale per tutti, di 5.240 euro circa per ogni anno riscattato, rateizzabili su 10 anni senza interessi. È indubbiamente un metodo meno costoso rispetto a quello previsto finora per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, che applica l’aliquota del 33% non a una base “forfettaria”, ma all’ultima retribuzione imponibile del lavoratore prima della richiesta – che di solito è una cifra significativamente più alta di 15mila euro annui.

Certo, niente è regalato: ai versamenti inferiori corrisponde un incremento inferiore della pensione futura. Riassumendo, il vantaggio della nuova opzione consiste nel poter pagare subito una cifra più bassa, rateizzabile fino a 10 anni e deducibile dal reddito, a fronte però di un importo futuro anch’esso minore: in pratica, si paga come se non si fosse mai entrati nel mondo del lavoro, ma la pensione aumenterà in modo proporzionale ai contributi versati.

 

 

Chi ne beneficia e quanto si può riscattare?

Veniamo ai dettagli operativi: chi può avvalersi del riscatto agevolato e quanti anni si possono riscattare? Abbiamo visto che la nuova norma è riservata a chi – lavoratore o meno – al momento della richiesta non abbia ancora compiuto i 45 anni di età e ai lavoratori che abbiano fatto il proprio ingresso nel mondo del lavoro dopo il 1996.

È possibile riscattare il diploma universitario, la laurea triennale, quadriennale o a ciclo unico, il diploma di specializzazione post-laurea e il dottorato di ricerca, per un massimo di cinque anni, a patto che questo periodo non sia coperto da altri versamenti contributivi e che i titoli citati siano stati effettivamente conseguiti. Sono esclusi invece gli anni di iscrizione fuori corso.

Da segnalare che con questo nuovo sistema non si è obbligati a riscattare tutti gli anni della durata legale del proprio corso di studio: si può decidere infatti di versare i contributi solamente per il periodo utile in base alle proprie necessità.

Infine, il riscatto sarà “scontato”: gli under 45 hanno infatti la possibilità di portare in detrazione per il 50% il costo del riscatto degli anni di laurea.

 

Sì, ma conviene?

Non è semplice capire oggi la convenienza del riscatto degli anni di laurea per la propria pensione futura. Ma di certo è necessario fare attente valutazioni.

Il riscatto della laurea consente certamente di arrivare prima ai requisiti della pensione, ma è bene tener presente che, per chi ha iniziato a versare i contributi dal 1996, c’è anche la possibilità della pensione anticipata contributiva introdotta dalla riforma Fornero, che permette di andare in pensione con soli 20 anni di contributi (purché l’importo sia superiore a 2,8 volte l’assegno sociale) e un’età oggi fissata a 64 anni, ovvero tre anni prima della vecchiaia, incrementabili in base all’aspettativa di vita.

In quest’ottica, una volta raggiunti i 20 anni di contributi, riscattare la laurea senza aumentare in modo significativo la pensione futura può avere una convenienza relativa. Tradotto: il riscatto può avere una sua convenienza, ma è importante che ognuno faccia bene tutti i calcoli del caso. In conclusione, va ricordato che le valutazioni fatte fin qui si basano sul discutibile presupposto che lo scenario normativo resti identico nei prossimi 20-40 anni, il che è piuttosto improbabile.

Alla luce di queste considerazioni, se la necessità è quella di aumentare esclusivamente l’importo della pensione e non di raggiungere il traguardo in tempi più rapidi, un’alternativa potrebbe essere quella di un investimento in uno strumento di previdenza complementare, come un fondo pensione o un PIP.

Insomma, la nuova norma introduce una possibilità interessante che va sicuramente valutata, ma potrebbe non essere sempre la scelta migliore.

 


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La scrittura è sempre stata la sua passione. Laureata in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione all’Università Bocconi di Milano, è entrata nel mondo del giornalismo nel 2008 con uno stage in Reuters Italia e successivamente ha lavorato per l’agenzia di stampa Adnkronos e per il sito di Milano Finanza, dove ha iniziato a conoscere i meccanismi del web. All’inizio del 2011 è entrata in Blue Financial Communication, dove si è occupata dei contenuti del sito web Bluerating.com e ha scritto per il mensile Bluerating.

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