Gli ETF a leva possono attrarre gli investitori meno esperti con la prospettiva di guadagni veloci. La realtà, tuttavia, è ben diversa…
Navigando tra i portali di finanza sul web o sfogliando le pagine dei quotidiani di economia, non è difficile imbattersi nella pubblicità di ETF a leva.
“Investi a leva long/short +/- 3x”
“Amplifica la tua operatività sui mercati: leva 2,3, 7(!!)”
Nel racconto della Genesi, Eva, sedotta dalla possibilità di “diventare come Dio”, cade nella trappola del serpente e sappiamo che le conseguenze non furono delle migliori. Sfruttando questo parallelismo, anche noi possiamo essere sedotti dalla possibilità di facili e veloci guadagni. Immaginate un ETF che replica la performance di un indice moltiplicandola per 7 volte… la razionalità finanziaria può venir meno.
Abbiamo già trattato di ETF a Leva (ad esempio in questo ABC Finanza), perciò ora concentriamoci su quello che succede quando le cose vanno male. Nel grafico successivo osserviamo l’andamento dell’indice di Borsa Italiana FTSEMIB e di due ETF, uno normale, senza leva, e un altro con leva “long” 3x (nemmeno dei più esagerati in termini di leva) a cavallo del referendum greco del giugno del 2015. Allora, i timori di una caduta dell’Eurozona si acutizzarono e, anche se il FTSE MIB perse “solo” il 5%, l’ETF a leva 3 perse il 15%.
Il secondo grafico invece fotografa l’andamento dei precedenti strumenti durante le prime settimane post-Brexit. Il contraccolpo subìto dall’ETF a leva risulta ancor più marcato. Una perdita giornaliera di quasi il 35%, recuperabile unicamente con una “controperformance” di circa il 52% (come già spiegato al seguente post).
In breve: investire con gli ETF a leva vuol dire rischiare di azzerare il capitale. Esagero? Un poco, sì, però la realtà è che la rapidità con cui si muovono questi strumenti vi deve essere chiara, se non volete farvi male, finanziariamente parlando.
“Un risparmiatore informato è un risparmiatore migliore”