Il mese appena trascorso si è rivelato il più “infuocato” di questo 2019. I fattori scatenanti, tanto per cambiare, sono sempre gli stessi: Brexit, elezioni europee e trade war. Nulla di nuovo rispetto al leitmotiv degli ultimi mesi, se non fosse per un (atteso) ritorno sul mercato delle banche centrali.
Andiamo con ordine.
Il quadro macro
Da Londra la densa nebbia intorno alla Brexit non sembra diradarsi. Le tensioni con la maggioranza dei membri del suo stesso partito hanno portato alle dimissioni il primo ministro. Il potenziale successore è stato individuato in Boris Johnson, uno dei più forti sostenitori della temuta Hard Brexit, che (ricordiamo) è stata posticipata al prossimo 31 ottobre.
Capitolo trade war. Se nel primo trimestre i toni conciliatori da ambo le parti avevano catturato l’attenzione di tutti facendo sperare in una prossima conclusione, nelle ultime settimane ci siamo dovuti ricredere. Le tensioni intorno a Huawei1 e alle importazioni di terre rare2 hanno riacceso i botta-risposta tra Cina e Stati Uniti. Nuovi dazi e nuove tensioni che non fanno altro che aumentare i rischi al ribasso per l’economia mondiale, come si legge nel comunicato post G20 tenutosi in Giappone. Inutile sottolineare di come gli scambi commerciali tra i due giganti dell’economia mondiale siano ormai ai minimi storici.
Non solo Cina: nell’occhio del ciclone è finito anche il Messico, colpevole di non fare abbastanza per la questione immigrazione irregolare. Sono stati così annunciati dazi al 5% su tutto il made in Mexico, che entro ottobre potranno raggiungere il 25%.
Economia mondiale che nel frattempo continua a subire correzioni al ribasso alle sue previsioni di crescita. Prima l’OCSE poi la Banca Mondiale hanno abbassato le stime di crescita del 2019, individuando un problema comune: il rallentamento del commercio internazionale.
Maggio è stato anche il mese delle elezioni europee3, banco di prova per le tante forze populiste ed euroscettiche in ascesa negli ultimi mesi. Il risultato? Gli euroscettici sono sì cresciuti, ma meno del previsto. Il Parlamento rimane per lo più in mano a forze europeiste, con i Verdi e i Liberali in testa. In Italia invece la tensione è tornata a salire in scia all’avvio della procedura d’infrazione da parte di Bruxelles per debito eccessivo. Il (tormentato) Governo ha cinque settimane di tempo per studiare una manovra correttiva ed evitare una multa da 3,5 miliardi di euro.
Il quadro finanziario
In un contesto caratterizzato da più incertezze che sicurezze, il ritorno sulla scena delle banche centrali è uno degli elementi su cui fare affidamento. Sempre dal G20 infatti si è sì delineato un quadro con rischi al rialzo, ma complessivamente la crescita dovrebbe mantenersi costante in virtù delle comunque condizioni finanziarie accomodanti e delle misure di stimolo ancora in vigore.
Le indiscrezioni degli ultimi mesi che voleva uno stop al ritmo di rialzo dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve si sono ribaltate, e ora addirittura il mercato si attende un taglio del tasso principale entro la riunione di settembre. Da Francoforte anche la Banca Centrale Europea non è da meno: nell’ultima riunione Draghi ha allungato il periodo di tassi fermi “almeno fino alla prima metà del 2020 (dalla precedente scadenza del 2019)” ed è stato inaugurato la nuova tranche di TLTRO4, il maxi-prestito alle banche a tassi agevolati. A sorprendere però è stata la Banca Centrale Australiana, che per prima ha tagliato i tassi di 25 punti base, a causa del rallentamento dell’economia del Paese, colpito di riflesso dalla trade war, e di un’anemica inflazione.
La nostra view
Un contesto di relativa incertezza che si riflette anche sui mercati finanziari. Nelle ultime settimane infatti la maggior parte delle piazze finanziarie è crollata, con a capo il settore tecnologico, tra i più colpiti dalla trade war.
Tuttavia, in termini di valutazioni, la realtà è (al momento) migliorata. La recente correzione infatti ha migliorato le valutazioni fondamentali della maggior parte dei mercati, ora tornate per lo più in linea con i rispettivi valori storici.
A livello geografico, sull’azionario meglio il Vecchio Continente rispetto agli Stati Uniti, dove sia il momentum che le valutazioni sono in territorio positivo. Tra gli emergenti peggiora l’outlook della Cina, nonostante rimanga un mercato comunque in buona salute.
Dal fronte obbligazionario, troviamo più valore negli Stati Uniti e tra gli Emergenti, rispetto all’Europa, sia a livello governativo che corporate, dove rimane da prediligere un’esposizione ad attivi di alta qualità.
Le nostre idee d’investimento hanno subito la correzione dei mercati azionari ma in misura ridotta grazie alla diversificazione tra le varie asset class. Da inizio anno le performance sono più che positive.
1 – Grafico della settimana: la Trade “cold” War mette in ginocchio la tecnologia
2 – Terre rare: cosa sono e perché sono importanti per l’economia globale?
3 – Elezioni europee e mercati: iceberg schivato (per ora)
4 – #ABCFinanza: cosa sono le aste TLTRO e che effetti hanno sull’economia reale?