Un’estate segnata da un Euro forte, Borse sui massimi, volatilità contenuta e bassi rischi sistemici: nel complesso sembra tutto abbastanza tranquillo; ma ne siamo proprio sicuri?
Entriamo nella fase centrale dell’estate, quella dei bassi volumi di mercato e delle ricorrenti paure di “cigni neri estivi”, con una situazione (apparentemente) tranquilla se si guardano fatti e numeri:
- la Grecia è tornata sul mercato, emettendo un’obbligazione governativa a 5 anni, con una cedola del 4,75%;
- la FED continuerà con il graduale rialzo dei tassi mentre l’amministrazione Trump si mostra sempre più confusa e poco convincente, proprio mentre l’economia statunitense decelera, contribuendo all’indebolimento del Dollaro USA;
- la BCE prosegue con il quantitative easing, ancora necessario per rafforzare l’inflazione nella zona Euro;
- la situazione delle banche italiane è almeno per ora tamponata (seppur in modo discutibile per i contribuenti italiani) e il rischio sistemico legato all’universo bancario è certo attenuato;
- in Italia migliora la crescita economica secondo il FMI, che stima un tasso di crescita dell’economia all’1,3% (rispetto al precedente 0,8%), anche se preoccupano i dati sul reddito, fermi ai valori di circa 20 anni fa;
- il Barometro del Rischio globale segnala una situazione di basso rischio sistemico;
- la volatilità dei mercati è sui minimi storici (l’indice VIX nell’ultimo mese è sceso sotto il 9%, un valore di volatilità da obbligazione a lungo termine!);
- le valutazioni Value-Momentum delle asset class (analizzate a prescindere dall’effetto valutario) non sono granché variate rispetto al mese scorso, con valori complessivamente un po’ “tirati” sia per le obbligazioni che per le azioni, ma con quest’ultime sempre più appetibili rispetto ai bond.
Nonostante un quadro nel complesso positivo, se guardiamo alle recenti performance degli asset rischiosi, molte sono invece negative. La ragione? L’apprezzamento dell’Euro rispetto alle principali divise, Dollaro USA in testa.
Per ridurre il rischio legato a un ulteriore apprezzamento dell’Euro occorrerebbe in buona misura ridurre asset denominati in altre divise, a favore di quelli in denominati in Euro, o utilizzare ETF a cambio coperto, ove disponibili. Ma, a questi livelli della moneta unica ciò significherebbe assumersi un consistente rischio di perdere il deprezzamento dell’Euro (cioè la mean reversion), esponendosi oltre misura al rischio Eurozona (o pagare eccessivi costi di copertura del cambio sulle divise dei Paesi Emergenti presenti nei portafogli). E il rischio-Eurozona è a nostro parere oggi un po’ sottovalutato: a settembre ci sarà il primo test acido per Macron, che dovrà fronteggiare i sindacati per far approvare la riforma sul lavoro e, soprattutto, c’è il rischio-Italia. Infatti, l’Italia va verso le elezioni con un Governo a maggioranza instabile che deve varare una legge di bilancio, in uno scenario futuro di tassi d’interesse in risalita, con conseguente impatto sulle prospettive del debito pubblico.
Poiché le fluttuazioni dei cambi sono pressoché imprevedibili nel breve termine e poco rilevanti per la performance total return di lungo termine, non ci pare il caso di variare l’asset allocation alleggerendo il peso delle divise straniere. Negli ultimi mesi abbiamo infatti già ridotto l’esposizione al Dollaro USA nei nostri portafogli, sicché riteniamo che le attuali proporzioni siano adeguate: in fondo, il Dollaro rimane una valuta difensiva nel medio-lungo termine, e pensiamo che vada tenuta in portafoglio.
Su questi livelli di valutazione delle Borse (care, ma non troppo) e dei bond (tassi d’interesse ancora bassissimi, ma a un punto di svolta per via delle politiche monetarie), una correzione di mercato significativa potrebbe avvenire a breve, innescata da un imprevedibile shock, oppure magari tra un anno, o due, oppure tre. Chissà. Una cosa per noi è chiara: il quadro numerico e fattuale non giustifica per ora una riduzione sensibile dei rischi, visto che i portafogli AdviseOnly sono già molto diversificati e strutturalmente equilibrati.
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