In Gennaio l’economia italiana ha mostrato segnali di un possibile recupero della domanda interna.
Lo afferma l’ISTAT nella sua nota mensile del gennaio 2015.
Il 2015 sarà l’anno spartiacque in cui ci lasceremo alle spalle la recessione.
È quanto ha dichiarato Confindustria.
Le stime di crescita del PIL italiano si attestano, mediamente, intorno allo 0,7% per il 2015 e all’1,1% per il 2016. Al di là delle cifre, vale la pena soffermarsi sulle cause di tale presunta ripresa dell’economia italiana, sia per comprenderne la “robustezza”, sia per avere un’idea sulla sua possibile evoluzione.
Le 3 cause della ripresa italiana
Ebbene, a giudizio del sottoscritto, le cause di tale ripresa vanno unicamente ricercate nella congiuntura economica internazionale. In particolare, tre sono gli elementi che hanno contribuito a riportare in territorio positivo le previsioni di crescita del PIL italiano.
1. L’euro debole
L’euro più debole avvantaggerà quella porzione di economia italiana maggiormente vocata all’export, che rappresenta circa il 25% del PIL italiano. È evidente che un euro più debole avvantaggerà tutti quei settori che esportano verso i Paesi extra-EU.
2. Il calo del prezzo del petrolio
La discesa del petrolio, invece, dovrebbe favorire una ripresa della domanda interna: un prezzo del petrolio più basso vuol dire un conto “energia” più basso per il Paese. Per le famiglie ciò vuol dire risparmiare su riscaldamento, elettricità e benzina. Tutto ciò, tradizionalmente, favorisce la spesa per consumi privati.
3. Il QE di Draghi
Il Quantitative Easing di Draghi, immettendo liquidità nel sistema, dovrebbe contribuire a migliorare ulteriormente gli indicatori di fiducia e dare una spinta psicologica ai mercati finanziari, oltre che mantenere bassi i tassi d’interesse e il valore dell’euro.
Le rivendicazioni del Governo Renzi sui propri “meriti” in relazione alla ripresa economica italiana appaiono quindi assolutamente fuori luogo.
Quali prospettive economiche per l’Italia?
Alcuni capitoli “urgenti” sarebbero la politica fiscale, ancora estremamente restrittiva nel nostro Paese, la pressione fiscale che resta elevatissima e la famigerata lotta agli sprechi, purtroppo mai iniziata.
Inoltre, le migliorate prospettive di crescita non sembrano sufficienti per creare nuovi posti di lavoro. Pressoché tutti gli analisti, infatti, affermano che il tasso di disoccupazione dovrebbe rimanere sopra il 12% per tutto il 2015.
In generale, la crescita italiana è ben al di sotto del livello compatibile con la ripresa dell’occupazione e con la stabilità dei prezzi.
Ognuno di noi potrà fare le proprie previsioni sull’andamento del dollaro e del petrolio, ma non ci sarà ripresa sostenibile in assenza di un aumento degli investimenti. A quest’ultimo proposito è indispensabile una riduzione della pressione fiscale e, soprattutto, una lunga serie di riforme strutturali tese a rimuovere gli ostacoli allo spirito imprenditoriale, per rendere più agevole l’avviamento e la gestione delle imprese.