L’ultimo trimestre del 2018 fu caratterizzato dal rialzo della volatilità e dal ribasso, pressoché generalizzato, degli indici azionari. Tra questi, uno degli indici più influenti del panorama finanziario è l’americano S&P 500 che negli ultimi tre mesi dello scorso anno ha “ritracciato” del 14%, chiudendo il 2018 con un bel -6.92% (in dollari USA).
Questa dinamica, accompagnata da una serie di dati macro segnalanti un rallentamento della macchina economica, allarmò i più sulla possibile conclusione del decennale bull market che stiamo vivendo. Ipotesi inizialmente avvalorata anche dall’aumento delle posizioni ribassiste aperte contro l’S&P 500: la media del 2018, oltre 177mila posizioni, ha battuto il precedente record di 156mila del 2009.
Con l’arrivo del 2019 la musica sembra però cambiata: le tensioni commerciali si sono finalmente allentate e le banche centrali si mantengono prudenti nello svolgere i loro compiti di supervisione e supporto all’economia globale. Di riflesso anche l’apertura di posizioni al ribasso contro l’S&P 500 si è ridotta e il mercato (almeno per ora) continua a correre.