Fino agli anni precedenti una crisi finanziaria1 come quella del 2008 era solo un’ipotesi accademica, un caso particolare di qualche astruso teorema economico/finanziario. Tuttavia ora è la realtà, una realtà sempre più diffusa.
Obbligazioni2 che pagano una cedola con tasso negativo, per quanto possa sembrare illogico, oggi possiamo dire con tutta tranquillità che siano il new normal (come è stato ribattezzato negli USA). Illogica per la dinamica che si è creata: se un investitore acquista oggi un obbligazione con rendimento negativo e la detiene fino a scadenza otterrà meno denaro di quello che aveva in partenza, al momento dell’acquisto. Un qualcosa che pare contrario, appunto, ad ogni logica economico-finanziaria.
Rendimenti nominali negativi sulle scadenze delle curve dei tassi della maggior parte dei mercati del Vecchio Continente (circa l’80% dei titoli sulle scadenze fino a 10 anni sono “sottozero”) e, se allarghiamo l’orizzonte ai rendimenti reali (depurando quindi l’effetto dell’inflazione), la realtà è ben peggiore. Ma chi dovrebbe acquistare obbligazioni “sotto zero”?
Per rispondere a questa domanda è importante ricordare che l’acquisto di obbligazioni fa parte (per la maggior parte) del mandato del mondo istituzionale: è il caso di banche centrali (con le recenti operazioni del QE), banche, fondi pensione e assicurazioni, che li detengono come riserve in divisa, per colmare passività o per motivi regolamentari. Il tutto senza dimenticare gestori di ETF3 e fondi, che li acquistano per rispettare i vincoli dei loro indici di benchmark.
Sta di fatto che oggi la situazione è questa.
Nelle ultime settimane il controvalore di bond con rendimento negativo ha toccato i 13mila miliardi di dollari USA, un record. Se a questo valore si somma l’effetto della componente legata all’inflazione, la cifra sale a 25mila miliardi e può toccare i 30mila miliardi in caso di doppio taglio dei tassi da parte della FED quest’anno, secondo una stima di Bloomberg. Questa è la nuova realtà con cui sia investitori che esperti del settore devono confrontarsi.
1 – Financial Brief | Cos’è una crisi finanziaria?
2 – #ABCFinanza: che cosa sono le obbligazioni?
3 – #ABCFinanza: cosa sono gli ETF e perché sono così convenienti?
Wolfi / Settembre 4, 2020
Buongiorno,
come va tenuto conto nella composizione dei portafogli dei “tassi a zero” nella componente obbligazionaria?
grazie
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Redazione AdviseOnly / Autore / Settembre 8, 2020
Buongiorno,
la componente obbligazionaria è sempre utile ai fini di diversificazione complessiva della soluzione. La valutazione del mercato obbligazionario viene effettuata analizzando l’approccio “Reversal”. L’idea alla base di questo indicatore è che i tassi di interesse di un’obbligazione tendono a ricongiungersi a un valore di lungo periodo (fenomeno della “mean reversion”). Perciò, quando i tassi sono inferiori alla media storica ci si aspetta che tenderanno a risalire (calo dei prezzi), mentre quando sono superiori alle media tenderanno a scendere (aumento dei prezzi). Di conseguenza, in base a questa considerazione, alla tipologia di portafoglio e al contesto di mercato (decisioni delle banche centrali) la componente obbligazionaria viene adeguata all’interno della soluzione.
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