Sì, è vero, l’euro si è indebolito nei confronti con il dollaro Usa. Ma attenzione. “Se si guarda al tasso di cambio della moneta unica rispetto alle altre valute delle aree industrializzate, emerge un quadro un po’ più differenziato“.
Così commenta Xueming Song, stratega valutario di Dws. Nell’agosto del 2022, l’euro è sceso sotto la parità con il dollaro statunitense. In tempi di tassi di inflazione elevati, probabilmente presto a due cifre, ciò rappresenta “uno sviluppo particolarmente sgradito”. Ma quali sono le ragioni della debolezza della moneta unica?
Cosa c’è dietro la debolezza dell’euro?
Come spiega lo stratega valutario di Dws, il denaro fluisce verso le valute dalle quali si possono ottenere tassi di interesse (reali) più elevati. La Federal Reserve ha iniziato ad alzare i tassi molto prima della Banca centrale europea: ciò ha incrementato il vantaggio del tasso d’interesse del dollaro Usa nei confronti dell’euro. Non solo.
“L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sta avendo un impatto economico molto maggiore sull’Eurozona, anche a causa della forte dipendenza del continente dall’energia russa”. Ma c’è ancora un altro argomento a favore del biglietto verde. Ossia, il fatto che “negli ultimi anni il dollaro si è affermato come bene rifugio nei periodi di calo delle quotazioni sui mercati finanziari globali”. Ne consegue che “la performance negativa di quest’anno ha fornito un ulteriore sostegno” alla valuta statunitense.
Euro: un confronto con le altre valute del G10
Riassumendo, prosegue lo stratega, “esistono diverse ragioni per cui l’euro si è indebolito così tanto, almeno se si prende come riferimento il dollaro Usa”. Se però si guarda al tasso di cambio della moneta unica rispetto alle altre valute delle aree industrializzate, emerge un quadro un po’ più differenziato, come dimostra il grafico della settimana proposto da Dws.
“Tra le valute del G10 (il gruppo delle dieci maggiori economie a livello mondiale), l’euro si è collocato all’incirca nel mezzo dall’inizio dell’anno”, commenta lo stratega. “In agosto, si è addirittura piazzato al secondo posto dopo il dollaro Usa come valuta più forte dell’area. Le cosiddette commodity currencies, come il dollaro australiano, hanno perso più terreno dell’euro. Lo yen giapponese, la sterlina britannica e la corona svedese sono stati particolarmente deboli”.
Euro: inversione di tendenza in vista?
Non proprio. “In prospettiva”, conclude Xueming Song, “nelle prossime settimane non sembrano esserci elementi che facciano pensare a un’inversione di tendenza nel tasso di cambio dell’euro rispetto al dollaro statunitense”. Su un orizzonte di 12 mesi, tuttavia, l’esperto prevede un nuovo rafforzamento. Aspettiamo e stiamo a vedere.