È invisibile agli occhi, ma indispensabile nella nostra vita quotidiana. E siamo pericolosamente a corto di scorte.
Stiamo parlando del gas naturale, un combustibile che si forma nel sottosuolo e viene utilizzato per il riscaldamento, la preparazione del cibo o la produzione di energia elettrica, ma che può anche essere lavorato per ottenere il carburante noto come Gpl.
Già diffuso da tempo, questo gas è diventato ancora più importante negli ultimi anni, con l’intensificarsi delle azioni volte a produrre un’energia più pulita e a ridurre le emissioni inquinanti. C’è solo un problemino: non c’è abbastanza gas per alimentare la ripresa dalla pandemia e rimpolpare le scorte ormai esaurite prima dell’arrivo dell’inverno, un periodo in cui tipicamente si usa una quantità decisamente maggiore di gas per il riscaldamento delle abitazioni.
Prezzi su del 500%
E quando l’offerta scarseggia, inevitabilmente i prezzi schizzano alle stelle: in Europa le quotazioni del gas naturale hanno registrato un aumento di quasi il 500% nell’ultimo anno: il 20 settembre, il future del gas naturale con consegna a ottobre (Dutch TTF Gas Future) ha superato i 75 euro per megawatt-ora, contro i 13,8 euro per megawatt-ora di fine settembre 2020 (fonte: Intercontinental Exchange).
Anche le bollette iniziano a salire
Insomma, siamo in piena crisi energetica – una crisi che, a dire il vero, coinvolge anche altre materie prime – e l’arrivo della stagione fredda non fa che peggiorare la situazione (a maggior ragione quest’anno, con un inverno che si preannuncia particolarmente freddo). Tutto questo ha già delle conseguenze tangibili, basta dare un’occhiata alle ultime bollette del gas per rendersene conto. Sì, perché l’aumento dei prezzi si riversa immediatamente su aziende e consumatori. In Italia il governo stima un aumento delle bollette del 40% nel trimestre tra ottobre e dicembre, come ha dichiarato di recente il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani.
La situazione, al momento, è particolarmente critica in Europa, con le scorte negli impianti di stoccaggio a livelli storicamente bassi per questo periodo dell’anno. Da parte loro i Paesi esportatori – come la Russia – stanno cercando di limitare le forniture per non trovarsi a loro volta in difficoltà. Una dinamica preoccupante, tanto che di recente l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) ha chiesto proprio a Mosca di inviare quantità maggiori di gas naturale nel Vecchio Continente in modo da alleviare la crisi.
Ma, questioni geopolitiche a parte, ci sono altre forze che contribuiscono ad acuire la crisi, come la forte domanda di gas naturale liquefatto (Gnl) in Asia, che ha attirato carichi altrimenti destinati all’Europa, e i venti deboli che hanno soffiato questa estate, causando una minore produzione di energia eolica e, di conseguenza, una maggiore domanda di gas per l’energia elettrica.
Dall’Europa al resto del mondo
Il picco dei prezzi in Europa ha già spinto alcuni produttori di fertilizzanti a ridurre la produzione e ci si aspetta che altri facciano lo stesso, il che rischia di far lievitare i costi per gli agricoltori con potenziali riflessi sull’inflazione alimentare globale, scrive Bloomberg. Nel Regno Unito, i prezzi elevati dell’energia hanno già costretto diversi fornitori a chiudere i battenti. E anche un inverno non particolarmente rigido nell’emisfero settentrionale farà salire ulteriormente i prezzi del gas naturale in gran parte del mondo. Insomma, la crisi non riguarda solo il Vecchio Continente. E, come spesso succede, avrà conseguenze peggiori nei Paesi più poveri. “Le economie che non possono permettersi il carburante, come il Pakistan o il Bangladesh, potrebbero semplicemente fermarsi”, si legge ancora in un articolo di Bloomberg.
Non resta che sperare in temperature il più possibile miti, perché è già troppo tardi per aumentare le forniture. Il cocktail composto da costi energetici in aumento, catene di approvvigionamento ristrette e prezzi alimentari ai massimi dell’ultimo decennio è esplosivo: tanto che, azzarda Bloomberg, potrebbe spingere le banche centrali a ricredersi sulla natura transitoria dell’inflazione sostenuta a gran voce finora.