Il dibattito tra i sostenitori dell’austerità espansiva e coloro che invece sono contrari ai sacrifici richiesti come un “male necessario” per uscire dalla crisi è sempre più acceso, soprattutto alla luce del malessere sociale e dei dati economici deludenti.
Le politiche di austerità trovano fondamento in una visione piuttosto liberista dell’economia che vede un maggior peso attribuito al mercato anziché allo Stato. L’argomentazione a favore delle politiche di austerità ha questo fondamento:
Incidere sulle entrate attraverso un aumento della tassazione e sulle uscite riducendo la spesa pubblica in modo da ridurre lo stock di debito pubblico in rapporto al PIL.
Questo ragionamento, per chi scrive, trova uno scarso riscontro sul piano empirico come è facilmente comprensibile dal grafico che vi proponiamo.
Vi riportiamo l’andamento del PIL di alcuni dei Paesi più importanti dell’Eurozona (Italia, Germania e Francia) e l’andamento del PIL dell’intera area.
Crescita economica nell’Eurozona: variazioni annuali del PIL reale
Quello che appare dai dati è che la riduzione della spesa pubblica e/o l’aumento della tassazione riduce la domanda di beni e servizi quindi, a sua volta, riduce il PIL e l’occupazione (per effetto del moltiplicatore maggiore di uno). In definitiva si determina un aumento del rapporto debito/PIL.
Come si può facilmente notare dall’andamento negativo del PIL, il rischio è quello di passare da una fase di recessione ad una di depressione.
Speriamo si intervenga in fretta.
Pasquale Rossi / Marzo 12, 2013
Mi chiedo a che serve diminuire ad esempio di un punto il debito pubblico se andiamo a diminuire in misura molto maggiore il capitale umano, il capitale sociale e il capitale ambientale? Stiamo perdendo un sacco di capitale e la sostenibilità del sistema è in gioco!
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