Lo spread che l’Italia paga rispetto alla Germania sul debito pubblico a 10 anni è stabile da diversi mesi, su livelli quasi doppi rispetto ai minimi del 2021. Eppure, c’è un’anomalia che riguarda i titoli di Stato italiani e che Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer UBS WM Italy, evidenzia in una sua recente nota di analisi.
I Btp sono i titoli di Stato con i rendimenti più elevati nella zona euro, più alti addirittura di circa mezzo punto percentuale rispetto a quelli dei titoli greci (4,2% contro 3,7%).
Questo nonostante:
- il debito pubblico greco alla fine dell’anno passato fosse al 170% del Pil e quello dell’Italia al 144%;
- l’Italia presenti rating migliori di due/tre livelli rispetto alla Grecia (Italia BBB/Baa3, Grecia BB+/Ba3).
E allora, cosa succede?
I punti a favore dell’Italia
Ma Ramenghi propone anche un’altra misura per valutare un sistema economico “escludendo il rumore di fondo dei mercati”: la posizione netta sull’estero, ossia la differenza tra le attività e le passività finanziarie esterne di un Paese, includendo tutto il sistema economico, pubblico e privato.
L’Italia risulta creditrice verso il resto del mondo per il 7% del proprio Prodotto interno lordo, mentre Regno Unito e Francia risultano debitori per oltre un quarto del proprio Pil. Addirittura, la Spagna è debitrice per oltre l’80% del suo Pil e la Grecia per oltre il 180%. “Insomma, la posizione italiana e quella greca sembrano davvero molto lontane”.
Il differenziale di rendimento non si spiega quindi sulla base dei fondamentali economici. Secondo Ramenghi ha molto a che fare con le tendenze attese, la particolare struttura e la mancanza di liquidità del debito greco e un certo entusiasmo dopo la pesante crisi dello scorso decennio.
I punti a favore della Grecia
Per quanto riguarda le tendenze attese, di recente la Grecia ha beneficiato di diversi miglioramenti del rating e proprio quest’anno potrebbe tornare nella fascia Investment Grade. “Se due o tre agenzie di rating si muovessero in questa direzione, molti fondi sarebbero costretti a comprare il debito greco e si avrebbe un effetto positivo una tantum, che forse è stato in parte già anticipato”.
Secondo il governo greco, nel 2026 il debito pubblico sarà il 135% del Pil, inferiore al 140% stimato dal governo italiano nel Documento di economia e finanza. “A ben vedere, questo sorpasso è dovuto anche alle stime greche più rosee riguardo alla crescita economica, di oltre un punto percentuale all’anno, e a una previsione di avanzo primario più aggressiva”.
Considerando il deficit e il rifinanziamento dei titoli in scadenza, sottolinea poi Ramenghi, l’Italia ogni anno deve emettere debito per circa il 20% del proprio Pil. Oltre 240 miliardi del debito sono legati all’inflazione e di recente rappresentano un costo più alto. La Grecia, al contrario, emette poco debito perché è quasi interamente finanziata dall’Europa a basso costo tramite il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) con scadenze fino al 2070.
Inoltre, la riduzione della liquidità da parte della Banca centrale europea riguarda i titoli italiani ma non quelli greci, che erano esclusi da alcuni programmi della Bce in quanto oggetto di finanziamento diretto da parte dell’Unione.
Grecia vs. Italia: in conclusione
Il rischio politico in Grecia sembra essere diminuito. Anche in Italia la situazione politica è stabile e i messaggi forniti dal governo riguardo alla politica fiscale sono stati apprezzati dagli investitori. Tuttavia, conclude Ramenghi, “c’è molta apprensione circa i ritardi nell’utilizzare il Pnrr”. Oltre a tutto il tema delle liberalizzazioni necessarie ad aumentare la crescita potenziale italiana.