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Stress test: il verdetto per le banche europee è solo rimandato

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Le banche europee sono messe meglio di due anni fa, quando ci furono i primi stress test. Ma la vera incognita è la redditività.

Come sono andati gli stress test?

A fronte dei risultati dei test condotti dall’EBA (European Banking Authority), il settore bancario europeo è tutto sommato in buona salute: nel caso dello scenario peggiore le banche europee partirebbero con un capital ratio medio del 12,6% per finire con un ratio del 9,2% (la volta scorsa partirono da 11,1%, per finire con 7,6%). Tutte le banche europee, a parte Monte dei Paschi di Siena e l’irlandese Allied Irish, hanno avuto capital ratios che nello scenario avverso restano superiori a quella soglia del 5,5% in precedenza considerata dall’EBA come la discriminante per passare o fallire il test. Esiti negativi anche per Deutsche Bank (i cui profitti sono scesi del 98% nel secondo trimestre 2016) e Barclays.

 

MPS fanalino di coda

Questi risultati piuttosto incoraggianti sono macchiati dalla performance negativa di alcune banche, la peggiore delle quali è Monte dei Paschi di Siena. Infatti, se gli stress test dell’EBA hanno promosso quattro banche italiane su cinque, la banca senese risulta la peggiore d’Europa, perché in uno scenario avverso non avrebbe capitale a sufficienza per sopravvivere: il capital ratio finirebbe in territorio negativo, al -2,4%. Tradotto: bancarotta. Ma, sia chiaro, ad oggi MPS non è in bancarotta.
 
La buona notizia è che MPS si è già mossa, annunciando un piano di salvataggio elaborato da JP Morgan e Mediobanca che prevede un aumento di capitale da 5 miliardi di euro e la vendita di 27,7 miliardi di crediti in sofferenza al 33% del loro valore contabile, che verranno cartolarizzati, cioè trasformati in titoli. La tranche senior dei crediti in sofferenza cartolarizzati gode di garanzia governativa, mentre la mezzanina, un po’ più rischiosa, verrà acquistata dal fondo Atlante e la tranche equity, quella più rischiosa, sarà a carico degli azionisti di MPS.

Solvibilità OK. Ma la redditività?

Dal punto di vista della solvibilità dunque, nel complesso le banche europee sono messe bene, a parte qualche eccezione sulla quale si sta lavorando, e il rischio sistemico in Europa è certo diminuito.

Non bisogna però dimenticare che se questi stress test mettono alla prova la solvibilità nel presente, essi non riguardano invece la redditività delle banche: quella che, alla fin fine, è in grado di determinare la solvibilità nel lungo periodo.

Ebbene, dal punto di vista della redditività le banche europee non sono messe bene, anzi.
I bassissimi tassi d’interesse sono una forza che sta schiacciando a terra gli istituti bancari. Ricordatevi che il business tradizionale delle banche commerciali consiste nel raccogliere denaro dai depositanti, remunerandoli con un tasso d’interesse, per poi prestare quel denaro ad altri soggetti (famiglie ed imprese) ad un tasso d’interesse più elevato, intascandosi la differenza, cioè lo spread. Con i tassi d’interesse ai minimi storici, e spesso negativi, lo spread a favore delle banche è oggi bassissimo e di conseguenza le banche guadagnano poco. In questo modo si cerca di generare profitto altrove (ad esempio con i prodotti di risparmio gestito), ma la redditività resta bassa e per il momento non si vede una soluzione all’orizzonte.
Ragione per cui, nonostante le valutazioni via via più favorevoli, restiamo piuttosto freddi nei confronti del settore bancario, in termini di investimenti.


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