Vi ricordate la Sustainable finance disclosure regulation, il regolamento volto a disciplinare il mondo degli investimenti sostenibili? È entrato in vigore quasi due anni fa, il 10 marzo 2021. Con l’inizio del 2023, ha fatto un ulteriore passo in avanti. Ma ci sono ancora aspetti che attendono di essere chiariti. Al solito, facciamo un rapido recap prima di arrivare al punto.
Cos’è la Sustainable finance disclosure regulation?
Il regolamento sulla divulgazione della finanza sostenibile riguarda i “partecipanti ai mercati finanziari”, tra cui sgr e consulenti finanziari, e si colloca nell’ambito di un progetto normativo più ampio a livello di Unione europea, che punta a creare un ecosistema integrato di norme vincolanti in ambito Esg.
Il punto di partenza è stato il Green Deal, varato dall’Ue nel 2019 con l’ambizioso obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. In questo quadro si inseriscono anche la tassonomia Ue e il nuovo questionario Mifid 2, chiamato a rilevare anche le preferenze Esg degli investitori.
Più nel dettaglio, la Sfdr è stata messa a punto per fissare un set di regole armonizzato a livello europeo circa la rendicontazione dei cosiddetti “rischi di sostenibilità” nei portafogli dei gestori. Interviene quindi sulla comunicazione agli investitori, dal momento che introduce specifici requisiti di “disclosure” da pubblicare su documenti di offerta, comunicazioni commerciali, relazioni periodiche e siti web dei soggetti interessati.
Gli obblighi previsti dal regolamento Sfdr riguardano:
- da un lato, le informazioni (informativa sul sito web, informativa precontrattuale o informativa periodica) che i soggetti interessati sono tenuti a pubblicare in merito alle loro pratiche Esg;
- dall’altro, i prodotti finanziari, che in base alle loro caratteristiche vengono classificati e disciplinati in modo diverso all’interno dell’universo Esg.
La lunga strada della Sfdr
In un’ottica di gradualità, nel marzo del 2021 è entrato in vigore il primo livello della normativa, che ha introdotto i principi generali. Stabilendo, tra le altre cose, una classificazione dei prodotti finanziari basata sul loro impegno in termini di sostenibilità. La riassumiamo qui di seguito.
- Articolo 6: non integrano i criteri di sostenibilità.
- Articolo 8: promuovono, tra le altre loro caratteristiche, quelle ambientali o sociali.
- Articolo 9: il loro obiettivo è l’investimento sostenibile.
La cornice è stata completata con l’approvazione dei cosiddetti “standard tecnici”: gli Rts, acronimo di Regulatory technical standards, divenuti vigenti il primo gennaio 2023. Ed è così che siamo passati al secondo livello.
Dal livello 1 al livello 2: cosa cambia?
Gli Rts danno ulteriori indicazioni su contenuti, metodologie e presentazione delle informazioni. E forniscono altri chiarimenti sui prodotti Articolo 8 e 9. Tutto a posto? Mica tanto. Vediamo perché.
Gli Rts hanno introdotto indicazioni molto stringenti, secondo le quali i prodotti Articolo 9 devono avere in pancia solo investimenti sostenibili, o quasi. Una linea più dura di quella prevista dal livello 1 della Sfdr, in un contesto nel quale ad oggi non c’è ancora una metodologia comune, standardizzata, che permetta di definire i criteri in base ai quali si può definire “sostenibile” o “non sostenibile” un investimento.
A settembre, le tre autorità europee di vigilanza – l’Autorità bancaria europea, l’Autorità europea di vigilanza delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali e l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati – hanno chiesto un chiarimento alla Commissione europea.
Cosa deve sapere un investitore?
In attesa di risposte, tra i fornitori di prodotti c’è chi ha scelto di mettere a punto una metodologia proprietaria e chi invece, optando per una maggior prudenza, ha precauzionalmente deciso di riclassificare gli Articolo 9 come Articolo 8, ferme restando le caratteristiche dei prodotti in questione, anche in termini di profilo di rischio.
Se per caso vi imbattete in una riclassificazione di questo tipo, non allarmatevi e sappiate che essa dipende dalle questioni tecnico-normative che abbiamo provato a riassumervi in breve. Torneremo certamente sul tema non appena ci saranno novità.
Al di là degli aspetti burocratici, però, tenete a mente quanto vi diciamo già da un pezzo: e cioè che la sostenibilità non è una moda, ma un Megatrend che sta coinvolgendo l’intera economia. Ciò farà sì che un numero sempre maggiore di aziende di grande qualità e di tutti i tipi e settori possa col tempo rientrare nei portafogli Esg, a tutto beneficio delle performance e del rischio sopportato.