Torna, con l’edizione di maggio 2023, l’Osservatorio semestrale realizzato da Anima Sgr in collaborazione con le società di ricerche di mercato Eumetra e Dogma Research. Il sondaggio (le cui risposte sono state raccolte via internet) traccia da anni le preferenze, le abitudini e i comportamenti delle famiglie italiane in materia finanziaria, di risparmio e di investimenti.
La ricerca è stata svolta a marzo 2023 su un campione complessivo di 1.005 adulti “bancarizzati”, titolari di un conto corrente bancario o libretto bancario/postale e con accesso al web, rappresentativo di circa 35 milioni di persone. Di questi, il 50% è anche investitore.
Il ritorno della fiducia nell’Italia
In confronto all’edizione dell’autunno 2022, il sentiment sulla situazione del nostro Paese sembra invertire la rotta. Malgrado la maggioranza di bancarizzati e investitori ritenga ancora che la situazione dell’Italia sia peggiorata rispetto a un anno fa, questa percentuale cala dal 71% al 55% fra i primi e dal 66% al 50% fra i secondi, evidenziando un miglioramento che non si registrava dall’autunno del 2021.
Situazione analoga circa le aspettative per il futuro: la percentuale di chi si attende un peggioramento della situazione fra un anno scende di 15 punti fra i bancarizzati e di 12 fra gli investitori. Per contro, nelle due categorie aumenta rispettivamente dal 15% al 24% e dal 21% al 29% la percentuale di chi si attende un miglioramento dello scenario domestico nei prossimi 12 mesi.
Stabile il giudizio della situazione personale
Se fra i bancarizzati si registra un leggero aumento (dal 18% al 20%) di chi giudica migliorata la sua situazione personale rispetto a un anno fa, fra gli investitori questa percentuale è in lieve calo, dal 24% al 22%. Parallelamente, tra i primi decresce dal 40% al 38% il numero di chi rileva un peggioramento, mentre fra i secondi passa dal 31% al 35% il totale di chi giudica deteriorata la propria situazione personale.
Inflazione e guerra in cima alle preoccupazioni
Fra i rischi citati restano ai primi posti l’inflazione, citata da quasi 3 intervistati su 10, e la guerra. Con il superamento della crisi energetica, la preoccupazione per il caro-bollette si ridimensiona, scendendo di ben 15 punti percentuali fra i bancarizzati e di 17 punti fra gli investitori.
Fra gli altri timori più comuni ci sono il rischio disoccupazione/recessione, che impensierisce il 28% dei bancarizzati e il 26% degli investitori, in significativo calo rispetto all’ultima rilevazione, e il cambiamento climatico (24% dei bancarizzati e 23% degli investitori), in leggera diminuzione rispetto a settembre.
In aumento la percentuale di chi cita la siccità fra i rischi di medio termine: la scarsità di precipitazioni spaventa il 16% dei bancarizzati e il 15% degli investitori. Mentre le pandemie sono quasi uscite dall’orizzonte: sono una minaccia solo per il 13% dei bancarizzati e degli investitori.
Se l’inflazione rimane la preoccupazione numero uno, rientrano però le previsioni di un ulteriore incremento dei prezzi: poco meno della metà delle persone si aspetta nel prossimo futuro un livello dei prezzi maggiore di quello odierno, a fronte del 71% dei bancarizzati e del 72% degli investitori dodici mesi fa.
La capacità di risparmio torna a crescere
Da settembre è aumentato da 31 a 32 milioni il numero di italiani che afferma di avere progetti da sviluppare per i prossimi anni: in un contesto di forte inflazione, cresce la percentuale di chi ha progetti di risparmio (dal 62% al 64%), mentre cala leggermente (dal 79% al 78%) quella di chi annuncia progetti di consumo.
Il dato relativo agli italiani che riescono a risparmiare con una certa costanza almeno una parte del proprio reddito, in risalita dal 50% al 56% fra i bancarizzati e dal 68% al 72% fra gli investitori (slide 12): si tratta, per entrambi, della prima crescita dall’autunno del 2021.
Più prodotti finanziari, meno immobili
Se la soluzione più scelta restano i prodotti finanziari, in marginale progresso e prediletti dal 53% dei bancarizzati e dal 71% degli investitori, i rialzi dei tassi e il conseguente rincaro dei mutui si accompagnano a un leggero calo di chi assegna la propria preferenza al mercato immobiliare. A settembre, infatti, avrebbero investito nel mattone il 35% dei bancarizzati e il 34% degli investitori, mentre oggi la percentuale di chi farebbe la stessa scelta cala rispettivamente al 33% e al 32%.
Alla sostenibilità si preferisce il rendimento
La percentuale di chi si dice disposto a privilegiare il rendimento rispetto alla sostenibilità cresce fra i bancarizzati, dal 38% di settembre al 42% attuale. E dal 45% al 50% fra gli investitori. Per contro, la quota di chi assegna più peso alla sostenibilità cala dal 62% al 58% (dal 55% al 50% fra gli investitori).
Questi dati non frenano però l’aumento di chi dichiara di essere “molto o abbastanza” interessato a una consulenza che consenta di realizzare investimenti sostenibili in linea con i propri valori: la percentuale di chi risponde affermativamente passa dal 50% al 55% fra i bancarizzati e dal 61% al 66% fra gli investitori.