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Salvateci dalle giga banche!

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Sulla stampa non solo italiana e nei talk show si fanno sempre più insistenti le voci secondo le quali dietro l’avvitarsi della crisi ci sia un misterioso complotto di banche e banchieri, che questa crisi non solo l’avrebbero causata, ma che sia stata addirittura scientificamente progettata. Alcune trasmissioni  su importanti canali TV hanno addirittura tirato in ballo i Templari e la Spectre (mancano solo Darth Vader e Macchia Nera!) .

Devo dire che agli Italiani le teorie del complotto piacciono, lo dice anche il nostro Presidente Claudio Costamagna sul  Corriere. Certo che trovare uno o più responsabili ai nostri mali è una scorciatoia mentale che ci semplifica molto la vita. Prima era Berlusconi, ora che i mercati  fanno pena anche con Monti, sono le Banche o forse solo la terribile Goldman Sachs, longa manus del capitalismo più deteriore! (Darth Vader???)


Purtroppo non è possibile trovare un unico colpevole, ma tale teoria non ci aiuta neanche a trovare la soluzione per uscirne. É indubitabile che le banche siano tra i grandi protagonisti/cause di questa crisi e che, beffa per i fanatici del liberismo più spinto, i loro destini siano sempre più strettamente legati a quello degli Stati per alcune semplici ragioni:

  1. le banche hanno raggiunto dimensioni troppo grandi e svolgono troppe attività eterogenee (si era pensato negli Usa a reintrodurre il “Glass Steagall” un atto che separava l’attività di banca d’investimento da quella delle banche commerciali, ma è rimasta parola morta)
  2. la crescita della dimensione delle banche è avvenuta in buona parte anche attraverso veicoli “extra bilancio”, poco trasparenti che hanno di fatto enormemente aumentato la leva dei bilanci bancari in modo occulto (vedi  quanto emerso durante la crisi dei “subprime”)
  3. andrebbe regolamentato, almeno per le banche quotate, il sistema di incentivi ai manager e dipendenti, magari con comitati composti da azionisti ed esterni in modo da salvaguardare la meritocrazia e l’efficienza, senza però mettere a rischio i bilanci
  4. È esploso l’altrettanto “opaco” mercato dei derivati “OTC” (cioè quelli non trattati in una borsa come ad esempio i CDS e i CDOs). Questo mercato difficile da monitorare ha dimensioni che hanno dell’incredibile, basti pensare che un articolo riportato da Bloomberg in questi giorni diceva che tra le banche USA le sole JP Morgan e Goldman Sachs hanno esposizione al debito sovrano (ma non dicono quanto di questo è Europa!) per 5 trilioni di USD!!!
  5. Il punto fondamentale che forse riassume i precedenti è che le banche si sono sempre più allontanate da quella che dovrebbe essere la loro attività principale: il sostegno all’economia produttiva.

Le banche in teoria dovrebbero essere regolate, dovrebbero  muoversi  all’ interno di norme chiare e comuni. Ma chi le decide? I regolatori nazionali e le banche centrali, pochi enti sovranazionali come lo ISB. Qui sta uno dei problemi: le banche e il denaro si muovono rapidamente a livello globale, grazie anche a tecnologie sempre più avanzate mentre le regole, stabilite a livello nazionale, fanno fatica a seguire le evoluzioni e sono deboli perchè valgono nei confini del singolo Paese e non hanno un coordinamento a livello mondiale.

Facendo un passo indietro e a livello nazionale, chi avrebbe dovuto mettere regole più chiare e stringenti già da tempo, non lo ha fatto se non in modo approssimativo e inefficace. Obama ha grandemente deluso gli Americani e il mondo quando nel 2010 dopo la crisi Lehman e il salvataggio pubblico di diverse banche aveva promesso che avrebbe ridimensionato e ricondotto ad una sorta di “controllabilità” il sistema bancario USA per ridurre l’azzardo morale del sistema. Le buone parole però sono rimaste parole, appunto.

Anche sull’altra sponda dell’Atlantico, nella travagliata Europa dove non ci si riesce a mettersi d’accordo sulle cose più urgenti come il “Fondo salva-Stati” o l’estensione del mandato della BCE, da uno Stato all’altro si parla di una tassa sulle transazioni finanziarie o di una Tobin Tax senza prendere decisioni comuni su nulla. La decisione di misure comuni è resa ardua dall’assenza  di una legittimazione politica a livello centrale.

Nei Paesi europei, al di là delle banconote dell’euro, ben poco è armonizzato (avete mai provato a cercare lavoro in un altro Paese comunitario?).

Una  felice eccezione è  rappresentata dall’Inghilterra che, forse, non essendo così grande e avendo scelto di restare fuori dall’euro con un ruolo di buona amica degli USA, ne approfitta per imparare dal peggio dei due mondi e prendere decisioni con maggiore snellezza e indipendenza.

In Inghilterra dopo la crisi Lehman si è istituito l’ICB ( Independent Commission on Banking, composta da accademici e indipendenti) che ha elaborato un set di proposte credibili per  rendere meno probabili nuove crisi bancarie e limitarne l’impatto sui contribuenti. Tali proposte verranno accolte e in buona parte implementate entro il 2019.

É di qualche giorno fa la notizia che la VirginMoney del visionario Sir Richard Branson ha comprato la Northern Rock, banca fallita e salvata dallo Stato nei confronti della  quale la Virgin si è impegnata a non licenziare nessuno dei dipendenti e a farne una banca “alternativa” a quelle tradizionali (vorrà dire migliore?).

Prima del 2019, quando in UK verranno implementate le nuove misure, l’euro dovrà dimostrare che la sua esistenza non è una chimera e i Paesi come il nostro devono riformarsi in modo da evitare un futuro di maggiore povertà e marginalità.

I governanti europei (e quelli USA) devono agire in maniera concertata e credibile ORA. Cosa possiamo fare  noi nel nostro piccolo? Partecipiamo, attiviamoci, scriviamo.

Nel  frattempo “God Save the Queen”!

Scritto da

È uno dei partner fondatori e Presidente di Advise Only. Laureata in Economia Politica presso l'Università Bocconi, è stata responsabile dell'area commerciale dell'asset management del gruppo Banca Leonardo, occupandosi della ristrutturazione dell'offerta dei prodotti di risparmio gestito. In precedenza ha accumulato significative esperienze dapprima presso l'area Fixed Income Sales & Trading di JP Morgan e poi come Managing Director in Goldman Sachs, area Structured Fixed Income, occupandosi di clientela istituzionale italiana. Ama lo sport (corsa e sci di fondo), i buoni libri e l'opera lirica.

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