Le stime del Fondo Monetario
Stando all’ultimo rapporto del Fondo Monetario Internazionale, nel prossimo biennio (2018-2019) l’Italia è destinata a crescere circa un punto percentuale in meno rispetto alla zona euro.
Non c’è nulla di particolarmente nuovo nel vedere il Belpaese fanalino di coda del Vecchio Continente (e non solo), ma – come ha fatto notare il giornalista Federico Fubini in un articolo1 uscito sul Corriere.it qualche giorno fa – l’Italia cresce meno degli altri anche quando la politica fiscale è generosa.
Contrariamente a quanto si pensi, la stagione di austerity è stata archiviata nel 2013, e da allora il sostegno della politica fiscale è stato più che positivo.
Senza un governo politico in carica, l’onere di presentare alla Commissione Europea il nuovo Documento di Economia e Finanza (DEF) rientra nelle mansioni di ordinaria amministrazione del governo Gentiloni, il quale si è limitato a consegnare un documento “senz’anima” e senza prospettiva politica.
A proposito di politica. Provando a proiettarci all’anno prossimo e prendendo per buoni i punti programmatici pubblicizzati dai principali partiti durante la campagna elettorale, ci sono buone probabilità che il leit motiv della prossima legislatura sarà finanziare le riforme in deficit, nella speranza che il contributo alla crescita di tali riforme sia positivo.
Ci auguriamo che questa volta sia diverso, ma storicamente l’aumento del debito pubblico non ha portato i benefici sperati (pensiamo per esempio al bonus da 80 euro in busta paga introdotto dal governo Renzi nel 2014). Tra l’altro le previsioni sulla crescita economica tendono a essere costantemente superiori alla realtà.
Un contesto molto complesso
Chiunque si troverà a governare l’Italia dovrà fare i conti con un contesto politico/economico abbastanza complesso:
- Sul piano politico, l’Europa sta discutendo del nuovo assetto istituzionale. L’Italia è isolata e senza alleati, perciò sembra destinata ad accettare passivamente qualsiasi decisione su immigrazione, integrazione economica e budget europeo.
- Sul piano economico la situazione potrebbe peggiorare. In attesa di capire se i dazi statunitensi risparmieranno le aziende europee, le sanzioni USA appena approvate nei confronti del più grande produttore di alluminio mondiale (Cina esclusa), il colosso Rusal, rischiano di mettere in difficoltà l’insieme della manifattura europea, in particolar modo l’industria aerospaziale e il settore automobilistico.
- Sul piano finanziario, la fine del quantitative easing si avvicina anche per la zona euro: e se da una parte il costo del denaro è destinato a salire, dall’altra l’offerta di debito pubblico dovrà fare a meno di un pezzo importante di domanda, quello cioè garantito dalla Banca Centrale Europea.
Fino ad ora, il contesto globale favorevole e l’effetto PIR hanno contribuito a mantenere lo spread sotto controllo, ma il vento potrebbe cambiare prima del previsto.
Perciò non dimentichiamoci del rischio di credito.
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1. “Più deficit non spinge la crescita” – Federico Fubini