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Quanto rischia un Paese che non investe nella scuola: il futuro (amaro) dell’Italia

Ultimi della classe. Questa è la fotografia scattata qualche settimana fa dall’indagine Piaac (Programme for the International  Assessment of  Adult Competences), pubblicata dall’OCSE nel suo Outlook Skills 2013. Lo studio è stato condotto su un campione rappresentativo della popolazione adulta di età compresa fra i 16 e i 65 anni residente nei paesi Ocse.

L’indagine Piaac ha misurato due competenze chiave per competere nel mondo del lavoro:

  • competenze di lettura e scrittura, che costituiscono la literacy;
  • capacità di far di conto, la numeracy.

I risultati dell’indagine hanno suscitato parecchio scalpore nel Belpaese. Noi di Advise Only li abbiamo ripresi a mente fredda, cercando di individuarne le cause e soprattutto, le conseguenze.

Le competenze che (non) abbiamo

Quanto a literacy, siamo gli ultimi tra i Paesi Ocse.

Punteggio medio literacy (clicca per ingrandire) scuola-italia-literacy-paesi-ocse

Non ce la caviamo meglio nel far di conto: siamo penultimi per numeracy, peggio di noi fa solo la Spagna.

Punteggio medio numeracy

scuola-italia-numeracy-paesi-ocse

Qualcuno penserà che la situazione stia lentamente migliorando e che se l’indagine avesse riguardato solo le nuove generazioni, magari i risultati sarebbero stati migliori. Niente affatto: anche tenendo conto solo dei giovani, finiamo comunque agli ultimi posti della classifica. Un chiaro sintomo che le cause del problema non sono legate a questo particolare momento storico: sono strutturali.

Le cause della nostra ignoranza

Le ragioni dei nostri pessimi risultati sono molteplici.

  • La situazione della scuola italiana. Indubbiamente non brilla per qualità, come avevamo approfondito in un nostro recente post.
  • Lo status dei professori italiani. Siamo in fondo alla classifica del Global Teacher Status Index 2013:  l’Italia è 18° su 21 paesi, a causa dello scarso rispetto degli studenti e del basso livello di retribuzioni e prestigio sociale degli insegnanti.
  • L’alto tasso di abbandono scolastico in Italia. Nel 2012 il 17,6% dei giovani ha abbandonato gli studi (Fonte Eurostat): 5  punti sopra la media dei Paesi europei. Tra l’altro i giovani che abbandonano la scuola hanno una maggiore probabilità di diventare Neet (Not in Employment, Education or Training, acronimo che indica i giovani che non studiano e non lavorano), che in Italia costituiscono quasi il 24% dei giovani tra i 15 e i 29 anni.
  • Bassi indici di lettura. Il “Rapporto sulla promozione della lettura in Italia” certifica che nel 2012 il 54% degli italiani non ha letto neanche un libro e che solo il 52,1% legge un giornale almeno una volta a settimana. La literacy non può che risentirne: sia direttamente (per le basse capacità di lettura),  sia indirettamente, giacché saper leggere è la chiave di volta del saper scrivere.

Le conseguenze economiche dell’ignoranza

Come esistono “Le conseguenze economiche della pace”, di cui scriveva Keynes nella prima metà del Novecento, esistono anche quelle dell’ignoranza. Ecco le più gravi.

A livello macroeconomico un capitale umano di peggiore qualità porta un Paese a perdere competitività rispetto agli altri. Non è un caso che il reddito procapite medio sia più alto in quei Paesi popolati da adulti più istruiti.

A livello microeconomico minori competenze equivalgono a una minore probabilità di trovare lavoro. L’indagine Piaac segnala chiaramente che gli occupati sono relativamente più competenti di chi non ha lavoro. Inoltre, maggiori competenze equivalgono a uno stipendio mediamente più elevato.

Ancora a livello micro,  la literacy e la numeracy sono legate alla prima ricchezza del risparmiatore: l’educazione finanziaria. Non è certo un caso che l’Italia sia fanalino di coda tra i Paesi  ad alto reddito per istruzione finanziaria: meno della metà degli italiani – precisamente il 48% – è in grado di spiegare esaustivamente i concetti di inflazione, interesse composto e diversificazione del rischio.

In particolare, nel Belpaese scarseggia la cultura del risparmio. Certo le istituzioni non aiutano, con gabelle e balzelli come l’imposta di bollo. Ad ogni modo, l’ignoranza sui temi del risparmio è gravissima sul piano previdenziale: molti italiani non investono nella pensione integrativa, o lo fanno male. Quando  vivranno sulla loro pelle le difficoltà economiche da anziani, sarà un problema sia per loro, sia per l’Italia. A questo proposito, si potrebbe dare un’occhiata fin d’ora al portafoglio Pensione che Advise Only offre gratuitamente a tutti i suoi utenti.

Per rimediare, nel suo piccolo, al problema della scarsa educazione finanziaria in Italia, Advise Only si è data l’obiettivo di  formare e informare su finanza, risparmio e investimenti, anche attraverso questo blog.

Il modo migliore per capire questi concetti è l’interattività. Non vi resta che unirvi alla nostra Community: non costa niente e imparerete moltissimo sul risparmio. Provare per credere!

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Con www.adviseonly.com la finanza non è mai stata così semplice. La nostra missione è spiegarvi il mondo degli investimenti in modo chiaro e senza giri di parole, per rendervi investitori più informati e consapevoli.

Ultimi commenti
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    “Beata l’ignoranza che si sta bene de core e de panza”.
    E meno male che gli Italiani non hanno educazione finanziaria altrimenti chi si comprerebbe i BTP e le obbligazioni bancarie subordinate?

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    Questo articolo mi ricorda moltissimo una fra le mie frasi preferite (preferita perché ci ho dovuto sbattere la testa, per capire quanto è importante lo studio):

    “Chi dice che la cultura costa, non sa quanto costa l’ignoranza”

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      Domanda: di chi è la frase?

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        Derek Bok, rettore di Harvard, storico e giursita.

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          Grazie. Ho intenzione di prenderla a prestito (citandola correttamente) per l’intro di una serie di post sul tema “Quanto costa l’ignoranza finanziaria?”

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        Derek Bok, rettore di Harvard, storico e giurista.

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