La brutta notizia, ormai nota, è che la sostenibilità del sistema pensionistico italiano è a rischio. Ma se è vero che “mal comune, mezzo gaudio”, possiamo rallegrarci del fatto che l’Italia non sia la sola ad avere di questi problemi. Anzi, il tema riguarda la maggior parte dei sistemi previdenziali di tutto il mondo, sotto pressione a causa di fenomeni di portata globale – pensiamo al progressivo invecchiamento della popolazione (specialmente nei Paesi Sviluppati), frutto di un rallentamento delle nascite e di un allungamento delle aspettative di vita. Ma ci sono altri fattori che pesano sulle spalle dei sistemi pensionistici. Ecco i principali:
- La crescita economica debole e i tassi di interesse bassi, che riducono gli effetti della capitalizzazione degli interessi.
- Il passaggio di molti schemi previdenziali al meccanismo contributivo, che sposta la responsabilità della pensione sui singoli individui.
- La difficoltà di accesso ai piani pensionistici per alcune tipologie di lavoratori, sia in Paesi sviluppati sia in Paesi in via di sviluppo, tipicamente a causa della diffusione di rapporti di lavoro “fluidi” e informali (senza contratto o con contratti di brevissima durata).
- Il debito pubblico elevato di alcuni Paesi, che mette a rischio il pagamento delle pensioni.
È questo il contesto in cui si inserisce l’undicesima edizione del Melbourne Mercer Global Pension Index, un ampio studio che mette a confronto 37 sistemi pensionistici (rappresentativi di oltre il 63% della popolazione mondiale), con l’obiettivo di evidenziare alcune best practice da cui prendere spunto e di indicare, caso per caso, i principali punti di forza e di debolezza. Il tutto avendo bene in mente che ciascun sistema pensionistico è figlio del Paese a cui appartiene, con la sua storia, la sua cultura e le sue specificità: sarebbe dunque impossibile prenderlo così com’è e trasferirlo altrove.
Com’è costruito l’indice globale delle pensioni?
Il Melbourne Mercer Global Pension Index risulta dalla media ponderata di tre sotto indici – di adeguatezza (che pesa per il 40%), sostenibilità (35%) e integrità (25%) – e si avvale complessivamente di oltre 40 indicatori.
Promossi e bocciati
Quello che emerge scorrendo i risultati dell’analisi è una grandissima varietà di situazioni, che spaziano dal caso virtuoso dell’Olanda fino al sistema thailandese, quello più bisognoso di miglioramenti. Ecco la situazione fotografata da Mercer.
In base ai risultati ottenuti, i Paesi sono stati suddivisi in gruppi dalla A alla E (ma nessuno è ricaduto nella categoria E, rappresentata da punteggi sotto i 35 punti e sintomo di un sistema inesistente o in stato embrionale). L’ultimo gruppo, quello identificato dalla lettera D, racchiude sistemi pensionistici che, pur avendo alcuni punti di forza, sono carenti su diversi fronti e necessitano di riforme.
Il caso virtuoso dell’Olanda
Il Sistema previdenziale olandese, primo in classifica nel 2019, ha ottenuto voti positivi in tutte e tre le sotto-categorie che compongono l’indice: adeguatezza (78,5/100), sostenibilità (78,3/100) e integrità (88,9 su 100). La sua struttura è caratterizzata da una pensione pubblica forfettaria e da una pensione aziendale quasi obbligatoria in base al guadagno, legata agli accordi di settore, che coinvolge la maggior parte dei lavoratori del Paese.
Com’è messa l’Italia?
Non benissimo, come appare chiaro dal grafico. Con 52 punti su 100, il Belpaese si posiziona (per un soffio) nella categoria C, che identifica i Paesi con sistemi pensionistici la cui efficacia sul lungo periodo dipende dalla messa in atto di necessari aggiustamenti. Analizzando più da vicino i dati, salta all’occhio come il sistema previdenziale italiano ottenga punteggi più che buoni sia sul fronte dell’adeguatezza (67,4/100) sia su quello dell’integrità (74,5/100). Il problema, tristemente noto, è la sua bassissima sostenibilità (19/100): in altre parole, i lavoratori delle nuove generazioni rischiano di non poter ricevere l’assegno previdenziale. Per migliorare la situazione, suggerisce lo studio di Mercer, il sistema pensionistico italiano dovrebbe aumentare le coperture, incrementando i contributi versati dai lavoratori, continuare ad aumentare l’età di pensionamento e diminuire la possibilità di pensionamento anticipato. Naturalmente senza dimenticare una auspicabile riduzione del rapporto debito/PIL.
Raccomandazioni per tutti
Come abbiamo detto, ogni Sistema pensionistico è unico e racconta una storia a sé, ma ci sono alcuni punti di contatto, dal momento che diversi Paesi si troveranno, nei prossimi decenni, a dover fronteggiare problematiche simili – aumento dell’aspettativa di vita e trasformazione del mercato del lavoro, per esempio.
Ecco dunque qualche suggerimento utile per migliorare la sostenibilità dei propri sistemi pensionistici in futuro (alcuni si sovrappongono con quelli già citati per l’Italia):
- aumentare l’età di pensionamento per riflettere l’aumento dell’aspettativa di vita;
- promuovere la partecipazione al mercato del lavoro anche in età avanzata, per limitare l’allungarsi del periodo di pensionamento;
- incoraggiare il risparmio individuale e la previdenza integrativa, per ridurre la dipendenza dalla pensione pubblica;
- limitare la possibilità di intaccare i risparmi accantonati a fini previdenziali prima della pensione;
- migliorare la governance dei piani pensionistici privati e aumentarne la trasparenza;
Per concludere, anche il World Econimic Forum, nel 2017 ha indicato tre interventi che potrebbero avere un grosso impatto sul livello complessivo di sicurezza finanziaria negli anni della pensione:
- prevedere una pensione minima per tutti;
- facilitare l’accesso a piani pensionistici ben gestiti e relativamente economici;
- supportare iniziative a favore di un aumento dei contributi individuali.