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Porto Rico, la Grecia d’America, in default. Ecco cosa sta succedendo

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Porto Rico si trova nel Mar dei Caraibi, zona perfetta per gli uragani. Quello che ha colpito lunedì scorso il piccolo Stato caraibico è però uno ciclone di natura finanziaria: avendo pagato solo 628mila dei 58 milioni di dollari USA in scadenza, il Paese è stato dichiarato da Moody’s in stato di default. Si allunga la lista delle crisi finanziarie dei Paesi dell’America Latina.

Il Governatore di Porto Rico, Alejandro Garcia Padilla, ha dichiarato di non essere in grado di rimborsare il debito e che il Paese è finito “in una spirale mortale”.

Ricorda qualcosa? Un film già visto in Europa? Mmhhh… andiamo avanti.

Porto Rico è un “territorio non incorporato degli Stati Uniti d’America”, in sostanza un Paese Commonwealth degli USA, che ha adottato il dollaro USA come divisa. Ciò potrebbe far pensare che l’amministrazione Obama sia indotta a prestare soccorso finanziario al probabile futuro 51° Stato degli USA (l’iter legislativo per l’annessione agli USA è in corso). Ma non è così: il Presidente Obama ha più d’una volta escluso qualsiasi intervento.

Ora il Governatore Alejandro Garcia Padilla sta cercando disperatamente di gestire la montagna di debito del Paese (72 miliardi di USD, in larga parte legati a bond municipali denominati in dollari) facendo digerire agli obbligazionisti una futura ristrutturazione – “Bisogna che condividano i sacrifici di Porto Rico”, ha dichiarato. E così, Porto Rico proporrà un piano di ristrutturazione ai primi di settembre: in sostanza, mancando i quattrini, occorrerà decidere quanto e chi ripagare, e chi no. Tenendo presente che questa decisione impatterà sulla capacità di Porto Rico di vendere obbligazioni in futuro.

Peraltro, l’ambito legislativo nel quale si muove Porto Rico è incerto: non è né uno Stato degli USA a tutti gli effetti, né uno Stato Sovrano del tutto indipendente, bensì una via di mezzo…

Vi ricorda ancora qualcosa?

Quanto può impattare sui risparmiatori italiani questo default?

Nell’immediato non si prospetta certo un massiccio sell-off obbligazionario.

Mettiamo però le cose in prospettiva: Porto Rico ha più debito di qualunque Stato americano a eccezione della California e dello Stato di New York. La differenza è che, a differenza dei due super stati, ha un’economia microscopica e una disoccupazione superiore al 12%, oltre il doppio degli USA. Inoltre, secondo Morningstar, il 20% circa dei fondi comuni USA specializzati in obbligazioni municipali detengono una percentuale significativa di titoli di Porto Rico (la percentuale varia da 1% fino a uno stupefacente 50%); quindi, in funzione del piano di ristrutturazione che verrà proposto, l’impatto del default sugli investitori USA potrà risultare più o meno forte.

Anche se del default di Porto Rico si parla poco in Italia, le similitudini con la situazione della Grecia ci sono, diciamolo:

  • entrambi i Paesi non sono minimamente in grado di ripagare il loro debito, e finché il problema non sarà affrontato di petto la situazione resterà incerta e potenzialmente pericolosa;
  • tanto Porto Rico quanto la Grecia fanno parte di un’unione monetaria, ma non di un’unione politica, e quindi gli strumenti politico-giuridici per gestire la situazione non sono ben definiti, favorendo una rischiosa inazione politica;
  • entrambi soffrono di enormi problemi sociali (per esempio, a Porto Rico c’è carenza d’acqua e svariate migliaia di medici, ingegneri, architetti e avvocati sono migrati all’estero in tempi recenti, un vero e proprio esodo di professionisti e cervelli).

La crisi della Grecia parte però da un’asset class vasta e diffusa, i titoli di Stato, mentre quella di Porto Rico ha il suo focolaio nelle obbligazioni municipali, o municipal-bond.

Parliamo di una sub-asset class, cioè un investimento di nicchia, tipicamente statunitense, che ricade nelle obbligazioni di tipo High Yield USA. Essendo meno diffusa, è più difficile, quindi, che possa provocare panico su scala mondiale, con effetti sensibili anche al di qua dell’Oceano Atlantico. Ma non si può escludere del tutto: l’imprevedibilità è connaturata ai sistemi complessi come i mercati finanziari – in fondo basta la giusta dose di paura per innescare un crash di Borsa.

Inutile per ora allarmarsi eccessivamente per Porto Rico. Vediamo come evolve la situazione. Semmai, il pericolo per i risparmiatori europei s’annida più in prossimità di casa propria, nella penisola ellenica, dove i problemi reali, cacciati sotto il tappeto come la polvere, restano insoluti e possono mettere a rischio la struttura dell’eurozona, con le conseguenze finanziarie del caso.

Scritto da

Uno dei fondatori di AdviseOnly, responsabile del Financial & Data Analysis Group. Esperto di finanza e gestione dei rischi, statistico Bayesiano, lunga esperienza in Allianz Asset Management, è laureato in scienze economiche con indirizzo quantitativo-statistico all'Università di Torino. Docente di Quantitative Portfolio Management al Master in Finance dell'Università di Torino, ha pubblicato vari articoli su riviste finanziarie (fra le altre: Journal of Asset Management, Economic Notes, Risk), contribuendo a libri su investimenti e gestione dei rischi. Ex-triathleta, s'ostina a praticare apnea, immersioni e skyrunning.

Ultimi commenti
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    E’ interessante anche notare come:
    1)L’unione bancaria del Portorico è completa invece quella greca no. I depositi della banche portoricane sono garantiti dai fondi federali (ad esempio tramite questi fondi sono state salvate tre banche portoricane nel 2010). Invece il fondo europeo è abbastanza irrisorio per assicurare i depositi in Grecia.

    2)Il Portorico riceve trasferimenti unilaterali. Nell’eurozona gli aiuti non
    risolvono le difficoltà dei Paesi in crisi ma soprattutto non esiste un
    meccanismo di mutualizzazione del debito, non essendoci forme d’integrazione fiscale.

    Le maggiori forme d’integrazione non hanno salvato il Portorico dalla crisi. Ma come ho scritto in un post sull’Argentina (qui http://it.adviseonly.com/blog/economia-e-mercati/riflessioni-su-economia/argentina-12-anni-dopo-il-default-un-esempio-da-seguire-o-da-evitare-a-tutti-i-costi/) la non appartenenza ad un regime di cambio fisso non è una panacea contro la crisi. In altri termini, condizioni necessarie per uscire dalla crisi sono corrette ricette di politica economica.

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      “I depositi della banche portoricane sono garantiti dai fondi federali”
      beh anche quelli delle banche Greche sono garantiti: da un bel prelievo forzoso su tutti i conti dei Gerci oltre i 100K€, come a Cipro.

      C’è il grafico del FTSE ATHEX a 10 anni che sembra quello di MPS.

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