Spesso abbiamo ascoltato al TG o letto sulla stampa che il nostro Paese è “preda” della speculazione sui mercati finanziari. Qualcuno ha addirittura detto che l’Italia è stato il caprio espiatorio offerto al mondo finanziario per affossare l’euro, dimostratosi essere un gigante dai piedi d’argilla, nato male e cresciuto peggio.
Non mi associo a questi ragionamenti, non credo che la colpa sia della “speculazione”. Essa è connaturale al sistema: il mercato fa profitto dove può. Così è il mercato. Forse si potrebbe cambiare, ma questo è un altro discorso.
Già da tempo erano nell’occhio del ciclone la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo ma i problemi – per tutti nel mondo – sono nati quando il celebre spread tra i titoli di Stato decennali italiani e i Bund tedeschi, giorno dopo giorno, macinava record: 400, poi 450, 500, poi 550… una spirale che ha portato il Presidente Napolitano a “spodestare” di fatto Silvio Berlusconi e sostituirlo con il volto più rassicurante ai mercati di Mario Monti.
Quindi siamo vittime o carnefici (di noi stessi)?
Lo sappiamo: il nostro Paese è un crogiuolo di problemi sistemici che lo rendono tristemente unico.
L’eterna questione meridionale, l’evasione fiscale, l’elevato tasso di inoccupati, la disoccupazione giovanile, una politica inefficace e poco responsabilizzata, le corporazioni in vasti settori del mercato, la burocrazia, un mercato del lavoro immobile, la giustizia lenta, la scarsa innovazione delle imprese, le infrastrutture inadeguate, un modello industriale in parte da riconvertire e da adattare al terzo millennio, ecc…
Tutte queste caratteristiche sono conseguenza delle nostre scelte e sono queste che ci rendono deboli e poco credibili. Non c’è speculazione che le possa causare. Gli investitori stranieri non “se la sono presa” con il Belpaese, forse si sono solo svegliati!
L’abbaglio dell’euro come panacea di tutti i mali per i Paesi meno virtuosi e l’idea – taciuta ma da tutti perpetrata – che, sotto l’ala tedesca, tutto sommato, si poteva continuare a “fare la cicala” ad oltranza sono venuti meno. Il vaso di Pandora è stato aperto.
Nostra grandissima culpa. Ok, ma gli altri Paesi? Mettiamo da parte la Germania, analizziamo chi più ci somiglia. Possibile che siamo proprio noi gli ultimi della classe?
Partiamo dai voti in pagella dalle agenzie di rating e focalizziamoci sui nostri cugini spagnoli e francesi.
I Transalpini non sono “secchioni” come i Tedeschi, ma fanno quasi sempre i compiti e riescono a convincere i “professori” delle loro capacità. Vantano infatti un invidiabile rating AAA da parte di tutte le agenzie di rating (addirittura più bravi degli Stati Uniti!) e uno spread sui titoli decennali tra i 100 e 150 punti base.
Gli Spagnoli sono stati per anni in fondo a tutte le classifiche macroeconomiche poi, come sappiamo, hanno conosciuto una crescita veloce nell’ultimo decennio, poco armoniosa – certo – e basata su una bolla immobiliare (questo l’abbiamo scoperto dopo). Ad ogni modo vengono giudicati AA- per Standard & Poor’s, AA- per Fitch e A1 per Moody’s. Sono studenti non dotatissimi, ma si applicano e i voti sono positivi.
Il nostro Paese, terza economia dell’Euro, settima “potenza” industriale, membro del G8 è solo Au per S&P, A2 per Moody’s, A+ per Fitch. Come dire: intelligente, ma non si impegna. Chiacchiera troppo e i compiti a casa li copia, oppure non li fa.
Adesso analizziamo un po’ di dati, nudi e crudi. Non vi diciamo a quale Paese appartengono. Vogliamo che prima vengano analizzati e digeriti dai nostri lettori:
Avete visto? A chi dareste il voto più alto?
Prima di darvi la soluzione vi sottoponiamo un grafico: lo Spread Italia – Spagna da maggio 2010 a oggi (clicca per ingrandire).
Come potrete notare fino ad agosto i titoli decennali spagnoli dovevano pagare di più degli omologhi italiani per essere piazzati sul mercato. Poi il sorpasso (a nostro svantaggio). Nell’ultimo periodo inoltre c’è un’accelerazione dell’andamento in direzioni inverse: miglioramento netto per gli iberici, peggioramento per noi.
Possibili elementi a favore della Spagna:
- Recentemente l’Italia ha cambiato il BTP decennale usato come benchmark (quello spagnolo ha un anno in meno in termini di scadenza, quindi risente di un migliore spread),
- ha un rating migliore come abbiamo visto sopra,
- ha rapporto debito/PIL migliore (61% contro 118%),
- ha un’inflazione più bassa (2,90% contro 3,30%).
Bastano questi dati a giustificare la sfiducia verso il nostro Paese o siamo solo antipatici ai professori? Per essere promossi in ogni caso c’è un solo modo: fare i compiti.
PS: nella tabella A è la Francia, B la Spagna e C l’Italia.