Per i professionisti che fanno riferimento a una cassa previdenziale di categoria potrebbe non essere così semplice rivedere i contributi versati alla fine della carriera. È lo strano caso dei “contributi fantasma”.
Un problema di comunicazione
Torniamo a ribadire l’importanza di “mettere fieno in cascina” in vista della pensione, portando questa volta l’esempio di una categoria di lavoratori anomala: i professionisti. Avvocati, medici, ingegneri, architetti e non solo, rischiano una brutta sorpresa al momento di raccogliere finalmente i frutti dei loro anni di lavoro. In questo caso la minaccia non deriva solo dallo slittamento in avanti dell’età di pensionamento, dai possibili buchi contributivi tipici delle carriere precarie o dalle casse sempre più vuote dell’ente previdenziale di turno: c’è un problema di mancata comunicazione tra la cassa previdenziale di categoria – Enpam, Inarcassa ecc. – e la gestione separata dell’INPS, a cui pure il professionista è tenuto in determinati casi a versare dei contributi, che però rischiano, per diverse ragioni, di essere inghiottiti per sempre, senza possibilità di riscatto. Ad attirare l’attenzione sul tema è un recente articolo del Corriere della Sera.
Contributi fantasma
Ci sono diverse situazioni in cui i professionisti sono obbligati a versare i contributi alla gestione separata dell’INPS, pur facendo riferimento per tutto il resto della loro vita lavorativa alla cassa previdenziale che li rappresenta. Tipicamente questa anomalia si verifica nel periodo del praticantato (per gli avvocati per esempio) o della formazione post universitaria (per i medici), o ancora nel caso dei liberi professionisti che vengono assunti, anche solo per poco tempo: in tutte queste fasi di transizione, l’INPS richiede il versamento dei contributi nelle casse della sua gestione separata. Fino a qui quasi niente di strano, per quanto il meccanismo sembri contorto.
Il problema è che il professionista potrebbe non rivedere più quei contributi – o rivederli molto tardi – visto che la possibilità di ricongiungerli ai versamenti presso la propria cassa previdenziale ancora non è contemplata. Le strade percorribili, evidenzia il Corriere, sono complicate e poco convenienti: chi ha versato i contributi alla gestione separata per almeno 5 anni potrà ottenere la prestazione al raggiungimento dell’età utile per la pensione di vecchiaia. In alternativa c’è l’ipotesi della totalizzazione, un calcolo piuttosto complesso che comunque prevede l’erogazione almeno un anno e mezzo più tardi rispetto al momento del pensionamento, o ancora la richiesta della pensione supplementare (che però ha senso per chi non ha bisogno di conteggiare i periodi di versamento alla gestione separata ai fini dell’anzianità contributiva).
Sempre meglio avere un “Piano B”
Insomma, la previdenza obbligatoria, pubblica o privata che sia, ha le sue regole e i suoi problemi: è una risorsa fondamentale, niente da dire, ma sarebbe bene non farci affidamento esclusivo. Del resto gli strumenti che consentono di mettere da parte una discreta somma che funga da rete di salvataggio esistono, e alcuni di loro non sono nemmeno così cari. Il fondo Pensaci Oggi di Zenit SGR è uno di questi: non si tratta di un fondo pensione, ma di un fondo comune di investimento che funziona con una logica di piano di investimento libero: si può investire e disinvestire quanto e quando si vuole, senza commissioni di ingresso o di uscita né commissioni di performance (qui tutti i dettagli).
Magari tutto andrà per il meglio e la vostra pensione sarà stellare. Magari. Ma è sempre meglio avere un piano di riserva, no? E ricordate: prima cominciate ad investire, meno sarà faticoso. Senza nemmeno rendervene conto potreste riuscire a mettere da parte un capitale di tutto rispetto per quando ne avrete bisogno.