La pensione è il pensiero fisso di tutti: quando ci arriverò, come ci arriverò, quale tenore di vita mi toccherà, a quanta parte di entrate mensili dovrò rinunciare. Lo è ancora di più da quando, nel nostro Paese, le ultime riforme sono intervenute per aprire la strada al progressivo abbandono del sistema retributivo e al graduale innalzamento dell’età pensionabile. E lo è più che mai da quando è tornato in auge il refrain dell’abolizione/cancellazione/superamento (comunque lo si voglia chiamare) della riforma Fornero del 2011.
In questo contesto, è da poco uscito il decimo Report Melbourne Mercer Global Pension Index1, che ha analizzato i sistemi pensionistici di 34 Paesi e assegnato a ciascuno un punteggio.
Una premessa sul metodo
Il confronto diretto tra sistemi previdenziali di Paesi anche molto diversi fra loro non è un lavoro agevolissimo, dal momento che ogni sistema si è evoluto partendo da particolari circostanze economiche, sociali, culturali, politiche e storiche. Per “sistema pensionistico”, il report intende “la somma complessiva di previdenza pubblica, complementare e del risparmio previdenziale, anche attraverso strumenti assicurativi e di risparmio gestito”.
Di ogni sistema, infatti, l’indice prende in considerazione:
- il “pilastro 0”, la previdenza minima garantita dallo Stato;
- il “pilastro 1”, la previdenza pubblica obbligatoria;
- il “pilastro 2”, la previdenza complementare collettiva;
- il “pilastro 3”, la previdenza complementare individuale;
- il “pilastro 4”, i risparmi e le altre entrate delle famiglie.
La comparazione aggrega quindi più di 40 indicatori, con pesi relativi diversi, facenti capo a tre macroaree: adeguatezza, sostenibilità e integrità. Vediamo cosa significa.
[accordion title=”I primi 5 per adeguatezza“]Al top: Germania
Ultimo posto: Messico
Posizione dell’Italia in classifica: 14esima
Media dei punteggi: 61,1 punti indice
Punteggio dell’Italia: 67,7 punti indice
L’indicatore “adeguatezza” – che vede l’Italia abbastanza ben posizionata – prende in considerazione il livello delle prestazioni erogate per la media dei lavoratori, la quota di risparmio individuale, mobiliare e immobiliare, e la possibilità di intaccare il risparmio previdenziale prima che siano maturati i requisiti (come è consentito fare in Italia, mediante l’istituto dell’anticipo, per il trattamento di fine rapporto o i fondi pensione).
Al top: Danimarca
Ultimo posto: Italia
Posizione dell’Italia in classifica: 34esima
Media dei punteggi: 52,0 punti indice
Punteggio dell’Italia: 20,1 punti indice
Alla voce “sostenibilità” sono stati presi in esame, fra le altre cose, la percentuale di adesione a fondi di previdenza complementare e a fondi pensione, aspetti demografici come la discrepanza tra l’età pensionabile e l’aspettativa di vita o la fertilità media, e alcuni indicatori macroeconomici come l’aspettativa di crescita e il debito pubblico. Questa macroarea vede l’Italia in fondo alla classifica.
Al top: Finlandia
Ultimo posto: Messico
Posizione dell’Italia in classifica: 19esima
Media dei punteggi: 71,6 punti indice
Punteggio dell’Italia: 74,5 punti indice
L’integrità tiene conto di diversi elementi di normativa e gestione del rischio pensionistico e del livello di fiducia che i cittadini di ogni Paese nutrono verso il loro sistema.
Classifica totale
Aggregando le tre macroaree si è arrivati alla classifica finale, che vede sul podio tre Paesi del Nord Europa, i quali presentano il sistema pensionistico ideale.
Un sistema dove:
- il tasso di sostituzione (ovvero, quanta parte del reddito da lavoro riesce mediamente a coprire il reddito pensionistico) è di almeno il 65%, al netto delle imposte;
- almeno il 60% del risparmio pensionistico viene erogato sotto forma di rendita;
- almeno il 70% della popolazione in età lavorativa aderisce a piani pensionistici privati;
- il totale degli attivi raccolti dai fondi pensione per finanziare future passività pensionistiche è superiore al 100% del PIL;
- il tasso di partecipazione alla forza lavoro dei 55-64 anni è del 70% almeno tra i cittadini di questa specifica fascia d’età;
- la pensione minima prevista costituisce una percentuale ragionevole rispetto allo stipendio medio della popolazione attiva;
- i fondi pensione sono trasparenti sia verso gli aderenti che nei confronti della comunità finanziaria nel complesso.
Come è messa l’Italia
E veniamo alla nota dolente: il nostro sistema pensionistico risulta particolarmente debole sul fronte della sostenibilità di medio-lungo periodo, essenzialmente per tre motivi:
- adesione ancora bassa a piani pensionistici privati: il 28,9% appena della popolazione in età lavorativa secondo la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (relazione 2017), con disparità tra macroregioni;
- conseguente basso livello di investimenti nelle pensioni private, pari al 7,7% del Prodotto Interno Lordo, dato in costante incremento ma distante da quelli di Australia (120,4%), Paesi Bassi (182,5%), Svizzera (147,8%) e Regno Unito (105,5%);
- contesto demografico caratterizzato dalla partecipazione ancora limitata alla forza lavoro dei lavoratori più senior, dal tasso di anzianità della popolazione e dal tasso di fertilità inferiore a 1,5 figli per donna.
Come tutti i sistemi a ripartizione – in cui i contributi versati dai lavoratori attivi pagano le pensioni di chi si è ritirato e l’assegno pubblico mantiene un peso preponderante sul totale delle entrate pensionistiche – anche quello italiano è esposto alle contrazioni del mercato del lavoro domestico e agli shock demografici. Quindi?
Qualche dritta per il nostro Paese
La ricerca Melbourne Mercer Global Pension Index dà 4 consigli all’Italia.
- Continuare ad aumentare la copertura del sistema pensionistico privato, in termini di partecipazione e di asset investiti, per assicurarsi un più adeguato tasso di sostituzione tra reddito da lavoro e reddito da pensione.
- Limitare l’accesso a benefit di natura previdenziale prima del pensionamento.
- Continuare a far crescere il tasso di partecipazione al mondo del lavoro della popolazione di tutte le età, ampliando la partecipazione anche in età matura.
- Ridurre l’ammontare del debito pubblico, che ha un impatto diretto sul primo pilastro pensionistico (la previdenza pubblica obbligatoria).
Per approfondire:
– TFR, meglio in azienda o in un fondo pensione?
– 4 falsi miti sulle pensioni degli italiani
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1 – Si tratta di un’indagine condotta da Mercer e dall’Australian Centre for Financial Studies (ACFS) e finanziata dal governo dello Stato di Victoria (Australia), con un ulteriore supporto finanziario fornito da The Finnish Centre for Pensions.