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Nuovo boom dell’oro: ma quanto può durare?

L’oro è storicamente un bene rifugio durante i momenti di turbolenza. La pandemia, la guerra in Ucraina, le tensioni geopolitiche, i timori per l’inflazione, l’aumento del debito globale, gli alti tassi di interesse e la crisi bancaria hanno spinto gli investitori a rivalutare i propri asset e l’oro ne ha beneficiato.

Secondo gli esperti, ora c’è un ambiente positivo per il metallo giallo e le altre materie prime. Al tema dedica un’analisi molto interessante, tra gli altri, il Financial Times.

 

Quotazione dell’oro: qual è il prossimo obiettivo?

Le nuove fortune dell’oro hanno spinto funzionari delle banche centrali, gestori di fondi e investitori al dettaglio a chiedersi se il mondo stia andando verso un nuovo splendore aurifero. Alcuni analisti ritengono che l’oro potrebbe salire verso il record di quasi 3.300 dollari l’oncia, stabilito nel 1980 quando l’inflazione e le turbolenze in Medio Oriente avevano messo fine a una corsa al rialzo durata nove anni.

Alla corsa all’oro stanno partecipando anche le banche centrali dei mercati emergenti. L’anno scorso le banche centrali mondiali hanno acquistato 1.079 tonnellate di oro, il quantitativo maggiore da quando sono iniziate le registrazioni nel 1950. Di conseguenza, dalla fine di marzo il metallo giallo si è mantenuto su livelli record. Molti speculatori, o gold bugs, stanno trattenendo il fiato in attesa di nuovi massimi.

I Paesi in via di sviluppo sono sempre più diffidenti nei confronti del dollaro americano. Da quando il blocco occidentale ha imposto sanzioni alla Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno congelato decine di miliardi di dollari. Ciò ha allarmato molti Paesi che detengono il biglietto verde, le cui banche centrali si sono affrettate a diversificare le proprie disponibilità e ad acquistare più oro.

D’altra parte, i prezzi dell’oro sono notoriamente volatili. Con la paura e il panico, l’impennata potrebbe rivelarsi temporanea. Inoltre, le preoccupazioni sull’impatto ambientale dell’oro – e il fatto che non abbia un ruolo nella transizione energetica, a differenza di altri metalli – potrebbero smorzare le sue prospettive a lungo termine.

 

Una crescita a livello globale

Con l’aumento della volatilità dei mercati negli ultimi mesi, in molti si sono rivolti nuovamente all’oro. Al di là degli investitori individuali, l’incremento è stato in parte guidato da un allontanamento globale dal dollaro. Dopo la crisi del 2008, si è assistito a una spinta alla diversificazione delle valute di riserva: la quota del dollaro nelle riserve valutarie globali è scesa da oltre il 70% nel 2000 a meno del 60% oggi.

Questo cambiamento è stato guidato da Russia, Cina, Turchia e India. Per la Russia, le sanzioni dell’Occidente hanno solo aumentato la sua dipendenza dall’oro, che estrae anche a livello nazionale. Oggi l’oro rappresenta circa il 25% dei 600 miliardi di dollari di riserve russe, con un aumento di quasi sei volte in termini di tonnellaggio dal 2007.

 

 

Mentre i Paesi cercano alternative al dollaro, una domanda chiave è quale ruolo giocherà l’oro nei piani cinesi a sostegno del renminbi. A dicembre, il presidente Xi Jinping ha proposto di effettuare i pagamenti per il petrolio e il gas sauditi in renminbi, che secondo gli analisti guadagnerà terreno solo se potrà essere convertito in oro.

La People’s Bank of China ha le maggiori riserve valutarie al mondo, pari a circa 3,2 miliardi di dollari, e ha dichiarato di aver aggiunto oro per sei mesi consecutivi, anche se molti operatori del settore sospettano che il livello di acquisto sia stato superiore alle cifre ufficialmente riportate.

Anche le economie in difficoltà, solitamente fortemente indebitate in dollari, si stanno rivolgendo al metallo giallo. Prima del suo default a dicembre, il Ghana, sesto produttore mondiale di oro, ha proposto di pagare le importazioni di petrolio in lingotti.

 

Le incognite sul futuro

L’oro si gode il suo momento di gloria, ma è difficile prevedere quanto durerà questo rally. Per esempio, tra il 2011 e il 2013 i prezzi sono crollati da un massimo di 1.920 dollari l’oncia a quasi 1.200 dollari.

A breve termine, il fattore chiave sarà il percorso intrapreso dalla Federal Reserve statunitense per bilanciare sostegno all’economia e controllo dell’inflazione. Ciò potrebbe essere determinante per stabilire se i gestori patrimoniali si uniranno agli investitori al dettaglio e alle banche centrali nell’acquisto di oro.

I tassi più alti aumentano l’attrattiva dei titoli obbligazionari e anche un accordo sul tetto del debito statunitense potrebbe esercitare una pressione al ribasso sui prezzi dei lingotti.

A più lungo termine, inoltre, l’industria estrattiva potrebbe essere sottoposta a maggiori pressioni per ridurre le emissioni, migliorare l’impatto ambientale e diventare più trasparente.

Va detto poi che, come accennato, l’oro non ha un ruolo diretto nella transizione energetica, a differenza di molti altri metalli più funzionali.

Ma i suoi giacimenti si trovano spesso accanto al rame, materiale fondamentale per le tecnologie a basse emissioni di carbonio come le turbine eoliche, le auto elettriche e le linee di trasmissione dell’energia.

Solo l’8% dell’oro viene utilizzato in tecnologia, medicina e industria, mentre il resto è destinato principalmente alla gioielleria e agli investimenti.

 


 

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