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#Numeriacaso: continua il circo delle previsioni di mercato per il 2016

Una tradizione ineludibile…

Sospetto che per le grandi banche e gli asset manager fare le previsioni a fine anno sia un po’ come partecipare al classico pranzo di Natale: lo si vorrebbe evitare, ma è una tradizione ineludibile. E quindi via a manetta ricerche con titoli come “The Year Ahead 2016”, “2016 Economic and Investment Outlook”, “2016 Market Outlook”e via dicendo.

Intendiamoci: tutti facciamo previsioni. Ma tirare fuori un numero puntuale che indica dove sarà l’S&P500 o il cambio EUR/USD al 31/12 dell’anno successivo è un po’ come guardare per 3 secondi il gatto del vicino di casa e poi cercare d’indovinare esattamente quanti peli ha: uno degli esercizi previsivi più assurdi che si possano fare. Praticamente impossibile. Pochi operatori ragionano in termini probabilistici (notevole eccezione: Vanguard, con un’analisi lucida e rigorosa).

E così ogni anno spendo qualche ora su questa esercitazione collettiva di statistica circense dell’industria finanziaria. Raccolgo, aggrego e sintetizzo le previsioni degli analisti di tutto il mondo per verificarne l’esattezza l’anno successivo, mostrandone con i fatti la futilità.

Peraltro, che questo esercizio sia futile è noto a priori, perché (come la volatilità di Borsa di questi giorni dimostra) su archi di tempo brevi come 12 mesi i mercati finanziari sono quanto di più aleatorio e incerto si possa concepire. Seguono leggi probabilistiche in continuo cambiamento. E anche se queste leggi fossero note, non saremmo messi granché meglio.

Per chiarire questo fatto, facciamo un gioco. Immaginiamo di essere l’onnipotente e onnisciente Dio dei mercati finanziari. In virtù dei nostri poteri, conosciamo con esattezza la legge probabilistica sottostante i movimenti della Borsa USA. Anzi, la decidiamo noi: per nostro volere coincide con la distribuzione di probabilità empirica dell’indice Dow Jones, basata sulla storia dal 1900 al 2015.

Eccone il grafico (per vedere le singole distribuzioni di probabilità, selezionatele e de-selezionatele cliccando sui “quadratini” nella legenda sotto il grafico):

Ebbene, anche in questo caso irreale, se come Dio dei mercati finanziari dovessimo dire qual è un intervallo che in 2 casi su 3 conterrà il valore di fine anno del Dow Jones, esso sarebbe compreso tra -11% e +26%. Ampissimo. E se volessimo fare un’affermazione ancora più solida, pronunciandoci sull’intervallo nel quale in 9 casi su 10 cadrà il valore di fine anno del Dow Jones, l’intervallo sarebbe compreso tra -29% e 41%, un range di risultati del 70%. Vasto come un oceano e di scarsa utilità pratica. Sottolineo il concetto: in questo esempietto siamo il Dio dei mercati finanziari a conoscenza delle leggi probabilistiche che lo muovono… e siamo comunque “giocati dal caso”, parafrasando Nassim Taleb.

Ma la realtà è ben diversa: siamo messi assai peggio di così. Nessuno conosce realmente le leggi probabilistiche dei mercati – al più, è possibile tentare di stimarle. Dunque, tornando con i piedi per terra, spero sia evidente come le previsioni puntuali proposte dai più grandi player finanziari mondiali abbiano il valore previsivo dell’oroscopo di Cioè. Lo vediamo anche dai risultati alla fine dell’anno successivo. Le previsioni del 2013 per il 2014 ebbero uno spettacolare errore medio del 75%. Quelle del 2014 per il 2015 sono andate invece così:

previsioni2016

L’errore medio è meno grave di quello dell’anno precedente, ma è comunque superiore al 35% e, per esempio, l’errore collettivo sulla direzione del cambio USD/EUR è vistoso (la media delle previsioni era 1.18). Ribadisco che gli errori non sono dovuti all’incompetenza degli analisti; tutt’altro (sospetto che la maggioranza di essi la pensi come me): è proprio nella natura dei mercati finanziari, un sistema complesso praticamente impossibile da prevedere su intervalli brevi come giorni, settimane, mesi. Tutto questo discorso spiega anche perché, di fronte ad un investimento, domandare “Quanto mi rende?” sia una domanda davvero ingenua e senza risposte precise – a meno che non abbiate davanti a voi un cialtrone, o che si tratti di obbligazioni e depositi esenti dal rischio di default. Merce rara di questi tempi.

Comunque, anche quest’anno ho raccolto le previsioni dei più importanti intermediari finanziari (Goldman Sachs, Citi, JPMorgan, Barclays, Deutsche Bank, Morgan Stanley, Nomura, Merrill Lynch, Credit Suisse, e via dicendo). Mi sono limitato ad osservare le variabili per le quali ho trovato almeno 10 stime degli analisti, e così ho considerato solo l’azionario USA (indice S&P 500) e il cambio USD/EUR.

Quindi, sia per l’S&P500 che per l’ USD/EUR, trovate i possibili valori futuri sull’asse orizzontale del grafico, mentre sull’asse verticale, sulla base delle opinioni degli operatori, c’è una misura della probabilità di accadimento (per i nerd pignoli, è la densità di probabilità stimata con una funzione “Kernel”, in sostanza una mistura di distribuzioni di probabilità). Ciò che conta è che, in pratica, avete la visione probabilistica della gamma di possibili valori futuri secondo gli analisti.


Il quadro complessivo disegnato dai maggiori player dell’industria finanziaria è quindi di un dollaro USA che tende ad apprezzarsi e naviga verso la parità, mentre l’azionario USA (e con ogni probabilità anche mondiale, visto che la Borsa statunitense tende a trainare le altre Borse) a fine 2016 si dovrebbe assestare a quota 2200, che rispetto ai livelli odierni corrisponde a un rendimento del 13,5% circa.

Tutto ragionevole. Ora. Vedremo tra un anno. Una cosa è sicura: sconsiglio di usare queste gracili previsioni puntuali degli analisti come motore di costruzione di portafoglio. E nemmeno le imbarazzanti previsioni economiche dei governi. Avreste un’elevata probabilità di finire male. Meglio seguire il consiglio di Robert Rubin, già Segretario del Tesoro USA negli anni ‘90, che dichiarò:

 

“Prendo decisioni in base a quattro principi. Primo, l’unica certezza è che non c’è certezza. Secondo, ogni decisione deriva dal soppesare differenti probabilità. Terzo, a dispetto dell’incertezza, bisogna decidere e bisogna agire. E infine, dobbiamo giudicare le decisioni prese non solo dai risultati conseguiti, ma anche e soprattutto in base al processo seguito per assumerle.”

Scritto da

Uno dei fondatori di AdviseOnly, responsabile del Financial & Data Analysis Group. Esperto di finanza e gestione dei rischi, statistico Bayesiano, lunga esperienza in Allianz Asset Management, è laureato in scienze economiche con indirizzo quantitativo-statistico all'Università di Torino. Docente di Quantitative Portfolio Management al Master in Finance dell'Università di Torino, ha pubblicato vari articoli su riviste finanziarie (fra le altre: Journal of Asset Management, Economic Notes, Risk), contribuendo a libri su investimenti e gestione dei rischi. Ex-triathleta, s'ostina a praticare apnea, immersioni e skyrunning.

Ultimo commento
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    Bellissimo articolo, ho apprezzato molto il mix di ironia e scienza!

    p.s.: Rileggendo la citazione, mi viene in mente che il buon Robert successivamente seguì il suo stesso consiglio e decise di “agire” contro l’incertezza (del suo stipendio) con una bella deregulation dei derivati creditizi 😀

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