Negli ultimi giorni, come abbiamo visto tutti, il clima in ambito geopolitico si è surriscaldato. Cosa sta succedendo in Medio Oriente e quale impatto potrebbe avere sui mercati? In una recente nota, Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte, condivide qualche riflessione, che riassumiamo qui di seguito.
Cosa succede in Medio Oriente?
Protagonisti delle cronache degli ultimi giorni sono gli Houthi, miliziani di religione sciita ostili a Israele e alla presenza statunitense nell’area (può essere utile sapere che l’Islam si divide in due correnti: la maggioritaria, sunnita, e la minoritaria, sciita, prevalente nel solo Iran).
Ebbene, nel 2014 gli Houthi hanno conquistato la capitale dello Yemen. Ne è scaturita una sanguinosa guerra civile, con l’opposizione agli Houthi supportata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi. Dopo circa sette anni di conflitto e quasi mezzo milione di caduti, nel 2022 si è arrivati a un “cessate il fuoco” e lo scorso settembre, grazie alla mediazione cinese, c’è stato lo storico incontro degli esponenti Houthi con esponenti arabi nella capitale saudita, senza però l’approdo a una vera e propria pace.
Gli Houthi – appoggiati anche finanziariamente dall’Iran – sono rimasti nell’area dello Yemen, che si affaccia sul Mar Rosso e in particolare sul golfo di Bab el-Mandeb. In questo modo, come sottolinea Cesarano, pur non affacciandosi direttamente sul Mar Rosso, l’Iran può esercitare un’influenza indiretta su quest’area del Medio Oriente.
Cosa sta succedendo in questi giorni?
A una serie di attacchi alle navi in transito nel Mar Rosso, che hanno costretto oltre l’80% delle navi di grossa dimensione a circumnavigare l’Africa, con un conseguente aumento dei tempi di percorrenza e, soprattutto, dei costi dei noli, Stati Uniti e Regno Unito hanno risposto bombardando le postazioni degli Houthi nello Yemen. Così prosegue Cesarano.
Il presidente Biden ha tenuto a sottolineare che, in concomitanza con i bombardamenti, è stato inviato un messaggio all’Iran, una sorta di segnalazione del fatto che gli intenti USA non siano quelli di scontro, soprattutto in un anno delicato come il 2024, in vista delle elezioni presidenziali del prossimo novembre.
Perché è tanto importante l’area mediorientale?
Oltre allo stretto di Bab el-Mandeb e all’istmo di Suez, c’è il golfo persico, che ha un altro stretto importante, quello di Hormuz.
Traducendo questi due luoghi geografici in flussi commerciali: il Mar Rosso copre circa il 12% del commercio globale (merci più materie prime), di cui il 30% del traffico globale di container merci; mentre il Golfo Persico copre circa il 20% del petrolio globale (pari a circa 21 milioni di barili al giorno, che ai prezzi correnti corrispondono a oltre 1,6 miliardi di dollari USA), diretto principalmente verso Cina e India, e il 25% del gas liquido globale.
Quali saranno i possibili impatti sui mercati?
Venerdì 12 gennaio, mentre il Brent provava a forare al rialzo quota 80 dollari, gli operatori – commenta sempre Cesarano – hanno contestualmente rafforzato l’attesa di quasi 7 tagli da parte della Fed nel 2024, attribuendo una probabilità intorno al 75% all’ipotesi di partenza a marzo.
Nell’ipotesi di uno scontro che non vede opporsi le prime linee (USA vs Iran e/o USA vs Cina per la questione Taiwan), ma è limitato alle “seconde linee” (USA vs Houthi), allora possono esserci tensioni sui prezzi delle rotte commerciali tali da aumentare il rischio di un rallentamento/recessione delle economie occidentali (Europa in primis).
Per scongiurare questo rischio, le banche centrali, in primis la Fed, potrebbero essere chiamate a un allentamento corposo e tempestivo della politica monetaria.