Al termine, della riunione della Fed, durata due giorni, Ben Bernanke ha dichiarato (e confermato quanto lasciato intendere ai mercati) che se l’economia continuerà ad andare secondo le previsioni (relativamente ottimistiche), la politica monetaria espansiva (ovvero l’acquisizione massiva di titoli di Stato USA da parte della Banca centrale e tassi molto bassi) potrebbe giungere a termine, affermando che sarà quindi:
«appropriato ridurre gli acquisti mensili di titoli già alla fine di quest’anno».
Gli effetti sui mercati si sono fatti subito sentire: vediamoli in breve.
- Forti tensioni sui titoli di Stato. All’aumento dei tassi d’interesse sui T-bond americani hanno fatto seguito forti vendite dei titoli di Stato dei Paesi dell’euro zona.
- Borse giù. Sul fronte borsistico, tutti i principali listini hanno perso oltre un punto percentuale.
- Apprezzamento del dollaro. La valuta USA si è apprezzata nei confronti dell’euro.
Come molti commentatori fanno notare, la Fed è stata sempre ottimista dall’inizio della crisi circa il miglioramento della situazione economica negli Stati Uniti. Ma il troppo ottimismo potrebbe finire per tradursi in un errore storico, almeno secondo il premio Nobel dell’economia P. Krugman. L’economista fa notare come l’economia USA non è ancora uscita dal tunnel della recessione per poter permettere a Bernanke d’indebolire i segnali di tenuta della politica monetaria espansiva nel tempo. Il grafico che vi proponiamo mostra il livello del tasso di occupazione USA dopo il tonfo subito a causa della crisi dei mutui sub-prime. Bene, come si può notare i livelli sono ancora bassi!
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In particolare, P. Krugman fa notare che con tassi d’interesse monetari prossimi allo zero (trappola della liquidità) e livelli d’inflazione ed occupazione al di sotto degli obiettivi fissati dalla Fed è essenziale un segnale forte e persistente di una politica monetaria espansiva che, tentando di aumentare le aspettative d’inflazione, dovrebbe restare tale fintantoché l’economia americana non si sarà realmente ripresa e l’inflazione non sarà aumentata rimanendo in linea con i target della FED. L’idea sottostante l’abbiamo espressa su questo blog parlando della trappola della liquidità giapponese e degli interventi di politica monetaria della BoJ (banca centrale giapponese).
Quello che invece ha appena fatto B. Bernanke dopo la riunione di vertice della FED non è stato inviare un segnale di «irresponsabilità» (come la definisce l’economista), ma di una politica monetaria ancora convenzionale.
Cosa succederà se invece, contrariamente alle previsioni, si registrasse uno stallo dell’economia e una caduta delle aspettative d’inflazione? Sarà in grado la Fed di mandare un messaggio di politica monetaria non convenzionale? Difficile da credere, essendosi già mostrata incline ad iniziare un’uscita dal QE prima ancora di un’effettiva ripresa.
Non ci resta che sperare Krugman si sbagli!
Massimo Vicari / Giugno 21, 2013
Da quello che ho potuto sentire nell’intervista, B. ha detto di voler alleggerire il qe3 se i segnali fossero positivi, ma ha anche detto, forse parafrasando Draghi, che la Fed fara’ di tutto per sostenere l’economia e la ripresa del mercato del lavoro. Questa determinazione e’ bastata in Europa, dove le armi sono spuntate, e non basta negli Usa, dove la banca centrale ha pieni poteri?
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Pasquale Rossi / Giugno 21, 2013
Ciao Massimo, la FED segue le indicazioni fornite dai modelli NEK nella conduzione della sua politica monetaria. Modelli nei quali sono fondamentali la credibilità del comportamento della Banca Centrale nel perseguire gli obiettivi fissati e le aspettative degli operatori economici. Il consiglio dato da Krugman che mi trova d’accordo è di una FED non convezionale ma irresponsabile nella conduzione di politica monetaria al fine di stabilizzare l’economia. Bernanke invece ha fatto capire ai mercati che il QE prima o poi giungerà a termine. La BCE di Draghi è diversa sia per statuto che per comportamento. La strategia di politica monetaria della BCE segue un approccio eclettico che ha un obiettivo primario, l’inflazione. Le dichiarazioni di Draghi sarebbero servite meno se il regime fosse stato quello precedente (anticamera dell’attuale) di cambi fissi ma aggiustabili. Questo per dire che le dichiarazioni hanno una loro valenza ma non sono una panacea. Ogni qualvonta in un regime di cambi fissi un banchiere centrale, per difendere la parità ha dichiarato “di qui non si passa”, il sistema è sistematicamente crollato!
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Massimo Vicari / Giugno 28, 2013
Ma che il qe3 dovesse ad un ecrto punto finire era assolutamente ovvio. Una volta fissati gli obiettivi di inflazione e disoccupazione avrebbe dovuto alleggerire, anche perche’ sta creando moneta dal nulla. Il fatto che delle rosee previsioni sulla economia abbiano portato a prevedere una fine anticipata, vuol dire solo che tutti i prezzi attuali (obbligazioni europee in primis) sono assolutamente drogati e sostenuti dai soldi americani. Hanno approfittato per alleggerire e magari far uscire qualcuno spingendo piu’ in asso i prezzi, ma il succo rimane questo secondo me. In ogni caso, una fed imprevedibile ha molto senso, ma se il suo lavoro consiste nello stampare o meno moneta e non tocca i tassi, allora la sua imprevedibilità si riduce parecchio. C’e’ modo di sapere analiticamente come vengono spesi i denari del qe3(a parte gli mbs)?
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