Merendine1, bibite zuccherate, cunei fiscali e fate turchine. Non si sa più cosa tassare o sgravare al mondo d’oggi. Ogni settimana i media nazionali – aiutati avidamente dai nostri cari rappresentanti politici – si focalizzano su un tema preciso visto di volta in volta come la causa o la soluzione di tutti i mali, e non mollano il colpo finché la proposta non viene linciata o approvata prima in qualche bel salotto mediatico tra una seduta di cipria e l’altra e poi dal popolo di Twitter.
Il tema di oggi? Dopo il lancio di merendine dal palco delle scorse settimane siamo arrivati all’evergreen di ogni governo: la lotta all’evasione fiscale. Ah, che soddisfazione tornare a parlarne, che bello avere la speranza di trovare i soldi necessari a risollevare le sorti dell’economia italiana.
Il problema però non è da poco: secondo un recente studio del Tax Research LLP2 nel nostro Paese ci sarebbero 190 miliardi di euro di tasse evase che equivalgono a circa il doppio della nostra spesa pubblica in sanità3.
In termini relativi, il tax gap dell’Italia, ovvero il rapporto tra fisco evaso ed entrate fiscali dello Stato, si attesta al 23,28%. Ciò significa che per ogni euro riscosso dal fisco italiano, si perdono circa 23 centesimi in evasione fiscale. Non male.
Cos’è l’evasione fiscale?
Con l’espressione “evasione fiscale” si intendono tutti quei comportamenti illegittimi attuati dai contribuenti tesi a non pagare le tasse. L’esempio più tipico di evasione è la vendita di bevande, alimenti o prestazioni professionali senza l’emissione dello scontrino fiscale. L’evasione si manifesta ad esempio nella semplice domanda del fornitore di servizi che ci chiede “sono 100 euro con lo scontrino oppure 80 senza” “ah ok, sa dov’è il bancomat più vicino?” questa è l’evasione, e purtroppo riguarda più o meno tutti in Italia.
L’evasione può assumere anche altre manifestazioni che, pur al di sotto di una legittimità “formale”, in sostanza tendono ad aggirare la Legge riducendo o evitando del tutto il prelievo fiscale da parte della Pubblica Amministrazione. In questo caso si parla di elusione fiscale. Un comportamento volto ad evitare il pagamento di tasse senza violare la Legge, sfruttando cioè le carenze dell’ordinamento giuridico.
Vabbè, in ogni caso, chi evade le tasse viola la legge ma, attenzione, non necessariamente chi non paga le tasse lo fa sempre intenzionalmente. Un contribuente, per esempio, potrebbe non versare quanto dovuto allo Stato semplicemente per errore, errori ad esempio nella compilazione della dichiarazione dei redditi.
Ma arriviamo alla sostanza, quali sono le tasse più evase?
Iva e Irpef? Troppo alte per essere pagate?
“Le tasse sono troppo alte in Italia” questa affermazione è vera, ma solo se posta in relazione al fatto che ciò che paghiamo non si riflette in un’efficienza dei servizi per cui paghiamo: sanità in primis e via dicendo. Perché se prendiamo Paesi come Svezia e Danimarca la tassazione si attesta in media attorno al 45%, ben più alta del nostro 40,5% attuale4, eppure nei loro casi la popolazione non si ritiene tassata eccessivamente dai propri governi. Perché? Perché i cittadini vedono un ritorno sociale dallo sfruttamento della tassazione, cosa che in Italia – scanso regioni efficienti, ma anche autonome, come il Trentino Alto-Adige – non si vede molto spesso.
C’è poi un dato che mi fa pensare: “il 49,29% degli italiani non paga le tasse perché dichiara di essere troppo povero” quindi circa 30 milioni di cittadini su 60 milioni di abitanti presentano una dichiarazione dei redditi positiva. Significa praticamente che 1 italiano su 2 è povero5. Sarà vero?
Ma analizziamo nel particolare cosa non viene pagato in Italia. La medaglia d’oro spetta all’imposta sul reddito, la cosiddetta IRPEF, pagata da autonomi e imprenditori: il 63 per cento del dovuto, cioè circa 33 miliardi di euro, non arriva al fisco6. E poi c’è la cara IVA7 l’imposta sugli scambi di beni e servizi. Il governo stima che ogni anno circa 35 miliardi di euro di IVA non vengano versati.
Ma chi sarebbero questi “disonesti”?
Il politically correct divide gli italiani in due gruppi: i disonesti seriali (imprenditori, commercianti e in genere tutti i liberi professionisti) e gli onesti per natura (impiegati, dirigenti, operai, salariati, in sostanza tutti quelli che hanno un posto fisso il cui prelievo fiscale viene operato direttamente alla fonte). Verità? Se fosse vero, la soluzione al problema sarebbe molto più semplice. Purtroppo, però, le cose stanno diversamente. L’evasione riguarda tutti: dall’accettare uno sconto al fronte di un pagamento in nero all’accettazione stessa del lavoro in nero. Ed è un problema sociale, è il classico sentirsi più furbi degli altri, mitigato dal fatto che “tanto i politici se ne fregano, anzi ci fregano”.
Ma lasciando perdere le piccole realtà, sono le grandi holding a rappresentare il problema maggiore: gli ultimi dati della CGIA di Mestre8 ci dicono che la potenziale dimensione dell’infedeltà fiscale delle grandi aziende è enormemente superiore a quella delle piccole. Le modalità di evasione delle holding non è ascrivibile alla mancata emissione di scontrini o ricevute, bensì al ricorso alle frodi doganali, alle frodi carosello, alle operazioni estero su estero e alle compensazioni indebite. Reati, quest’ultimi, che non verranno nemmeno sfiorati dalle misure di contrasto all’utilizzo del contante che il Governo vuole mettere a punto nelle prossime settimane.
Gli italiani: grandi menti individualiste
Mi sembra necessario fare una precisazione sulla morale sottostante al pagamento delle tasse. Moltissimi cittadini pagano le tasse non perché hanno paura delle sanzioni ma semplicemente perché lo ritengono giusto socialmente. È sostanzialmente ciò che gli inglesi chiamano “tax morale”, ovvero il vedere una ricompensa intrinseca nel pagamento all’erario dal solo fatto di fare del bene per la società in cui si vive, per tutti, nessuno escluso.
È quello che l’economista Bill Harbaugh chiama in questo caso “reciprocità”: la disponibilità a pagare volontariamente le tasse aumenta o si riduce in relazione alla bontà e all’efficacia di ciò che lo Stato decide di fare con i nostri soldi. E visto che in Italia di reciprocità c’è né ben poca, i cittadini potrebbero sentirsi quasi spinti ad evadere. La conferma ci arriva da un’indagine del 2007 della Banca d’Italia che è andata a ricercare le cause maggiori del mancato pagamento, e sono tre:
- il senso di ingiustizia nei confronti di chi già evade e lo fa con facilità;
- la scarsità dei controlli e delle conseguenti minime sanzioni se si viene scoperti;
- un senso di ingiustizia nei confronti dello Stato accusato di far pagare troppe tasse.
E recentemente secondo uno studio pubblicato sul Journal of Behavioral and Experimental Economics si è aggiunta la percezione del fenomeno immigrazione che, negli ultimi anni, sembra aver avuto un effetto fortemente negativo sulla “tax morale” dei contribuenti italiani. Si teme infatti che il messaggio che viene diffuso, ovvero una presenza eccessiva di immigrati a cui diamo “35 euro al giorno”, abbia incentivato l’evasione fiscale.
Questo discorso sostanzialmente pone come una delle soluzioni primarie all’evasione fiscale la voglia di stimolare ciò che Kant definiva come “appetizione” cioè la volontà cosciente di guarire dalla malattia.
Ma oltre alla filosofia, quali strumenti possiamo adottare?
Dalla fatturazione elettronica alla collaborazione internazionale
In Italia, negli ultimi anni la lotta all’evasione fiscale si è concentrata maggiormente sul recupero dell’IVA, attraverso l’esame di vendite e acquisti effettuati dai cittadini, in modo da poter ricostruire il reddito e l’Irpef non pagata. E in questo senso va l’introduzione della fatturazione elettronica che ha avuto un piccolo successo: solo nel 2019 si stima che produrrà un gettito aggiuntivo di IVA pari a circa 4 miliardi.
Di recente è stata inoltre avanzata una proposta in direzione della riduzione dell’uso del contante a favore dei pagamenti elettronici in modo da aumentare il numero di operazioni tracciate e quindi, potenzialmente, diminuire il numero di evasori. Il modo con cui il governo cercherà di raggiungere questo obiettivo è ancora però tutto da vedere.
E per le grandi aziende? Serve più collaborazione e sforzi congiunti a livello europeo e internazionale, fondamentali per difendere i bilanci nazionali dalle perdite dovute a imposte non pagate, visto che quasi il 40 % degli utili delle imprese multinazionali europee viene trasferito, ogni anno, in paradisi fiscali in tutto il mondo. Il pacchetto “anti-evasione” dell’UE deve essere integrato con nuovi meccanismi o nuove pratiche.
L’aumento della tracciabilità dei pagamenti
È importante, ma dev’essere un’azione accompagnata da nuove risorse e a nuovi strumenti tecnologici in capo all’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza.
Poi c’è tutto un problema di privacy: il fisco onnisciente che verifica ogni nostro pagamento non esiste: nessun fisco al mondo, al momento, dispone delle risorse né del potere legale di esaminare ogni singolo pagamento che viene effettuato in un paese. L’effetto prodotto dai nuovi poteri di indagine del fisco, quindi, è spesso frutto più del timore che della reale capacità di raccogliere nuovi dati: è sostanzialmente un effetto placebo. Modificare la legge sulla privacy, però, è un intervento politicamente molto sensibile; è un’azione che, più è drastica e decisa, più rischia di essere impopolare.
In sostanza, comunque, per quanto il governo possa mettere in atto misure più o meno radicali, finché la lotta all’evasione equivarrà esclusivamente al contrasto agli evasori non racimoleremo che qualche miliardo in più. Se si vuole scoraggiare l’evasione bisogna concentrarsi non solo su chi non paga le tasse ma anche su tutti coloro che le pagano.
L’evasione si combatte non solo scoraggiando gli evasori, ma anche favorendo la fedeltà fiscale – un incentivo sui pagamenti elettronici potrebbe andare in questo senso. Ma finché gli introiti dello stato finiscono a pagare i debiti dello stesso i cittadini non vedranno mai un ritorno sociale e saranno incentivati a evadere.
Ce la faremo un giorno? L’Unione fiscale europea è intanto all’orizzonte.
1 – Il business della merendina (in attesa della tassa)
2 – The European Tax Gap, fonte: Tax Research LLP
3 – 107.522 milioni di euro secondo il MEF
4 – Conto trimestrale delle amministrazioni pubbliche, fonte: ISTAT
5 – Indagine conoscitiva sulla struttura dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, fonte: Fisco Equo
6 – Dichiarazioni dei redditi persone fisiche (Irpef) e dichiarazioni IVA 2017, fonte: MEF
7 – Che cos’è l’IVA (e perché ci tocca pagarla)
8 – Le grandi imprese evadono 16 volte in più delle piccole, fonte: CGIA Mestre
Alberto / Ottobre 10, 2019
Ma perchè non si abolisce semplicemente il denaro contante, obbligando tutti a pagare con carta o da apposito borsellino eletronico? La tecnologia c’è e si eliminerebbe il nero alla radice! Davvero non capisco come nel 2019 si facciano ancora questi discorsi!
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