Innumerevoli voci richiamano l’ineluttabile fine dell’euro. Sul banco degli imputati finiscono sempre i soliti noti:
- insostenibilità di un sistema che prevede regole fiscali diverse per i singoli paesi;
- assenza di un sistema fiscale uniforme;
- disparità di imposizione e trattamento fiscale fra i singoli paesi;
- diversa dinamica dei cicli economici dei singoli paesi e loro diversa dimensione in termini di PIL;
- inadeguatezza di avere una unica valuta per paesi così diversi e “non compatibili”;
- ampia divergenza fra i livelli di debito pubblico dei singoli paesi, con conseguente costo diverso del debito sostenuto dai singoli paesi.
Per tutte questi motivi, si conclude che l’euro non può durare ed è destinato a saltare (a questo proposito, leggetevi l’intervista di AdviseOnly a Oscar Giannino).
Eppure esiste uno stato con le stesse caratteristiche dell’Europa che nonostante ciò non è (ancora) imploso: gli Stati Uniti d’America. Come mai?
Incominciamo con un’osservazione su complessità, varietà, livelli diversi delle tasse statali e locali negli USA, che si aggiungono alle tasse federali (con un sistema di tassazione uniforme per tutti gli “States” e una aliquota massima del 35%).
Le “medie dei polli” indicano un’aliquota sui redditi delle persone del 22,6% (individual income taxes), con punte di oltre il 60% (Oregon) e minimo a zero (Washington D.C., Texas, Wyoming, Nevada). Per quanto riguarda i redditi delle imprese (corporate income taxes), la media è del 4,7%, con massimi appena sotto il 20% per l’Alaska e minimi a zero in Wyoming, Texas, Nevada, Washington D.C. Un buon punto di partenza per il nostro viaggio.
Il debito degli stati americani
A fronte di diverse aliquote fiscali, dobbiamo attenderci livelli di spesa statale altrettanto diversi e livelli di debito statale anch’essi non omogenei fra i vari stati. E così è. Il debito pro-capite dei cittadini dei singoli stati è altrettanto variabile, come succede al di qua dell’oceano il cittadino del Massachusetts svetta con un debito pro-capite $11.309, più fortunato chi vive nel Tennessee che si deve sobbarcare solo $925 a persona (fonte: Tax Foundation, dati relativi al 2011). Ma nei bilanci statali sono riportati tutti i debiti esistenti, o ve ne sono di non dichiarati (domanda birichina, che ci sovviene memori delle “mediterranee virtù”)?
Anche negli USA pratiche consolidate nella contabilità nazionale riescono a “tenere sotto coperta” debiti che si manifesteranno finanziariamente solo in futuro: le unfunded liabilities.
Qualche stato, come la California, emerge per la sua importanza economica e, quindi, un rapido esame della sua posizione debitoria merita un accenno. Il suo debito ha sfiorato i 450.000 miliardi di dollari nel 2014. La California pesa, in termini di PIL statunitense, circa il 14%: una piccola-grande Germania rispetto al contesto europeo. L’economia californiana è grande 75 volte quella del Vermont, 25 volte quella del New Mexico, 5 volte il Michigan, una volta e mezza il Texas che la segue nella classifica per prodotto nazionale. Inoltre la California sforna tecnologia, hi-tech, prodotti alimentari, aerei. La sua economia è diversa da quella di stati altrettanto famosi e importanti come il Michigan (automotive), il Texas e l’Alaska (petrolio), Illinois e stati limitrofi (agricoltura).
In America accanto ai grandi stati, in termini di estensione e potenza economica, vi sono stati piccoli e meno rilevanti (Arkansas, Alabama, Nevada, giusto per citarne alcuni). L’America è un puzzle di competenze, cicli economici, settori industriali altrettanto diversificato rispetto a un’Europa spesso criticata proprio per la sua eterogeneità.
E come in un colpo di scena, verso il finale della commedia, ecco apparire la fotografia che non ti aspetti, quella che mostra come i singoli stati pagano a tassi diversi il proprio debito. Diversi, come succede nella vecchia Europa (fonte: Cma, dati riferiti al 2014).
La struttura del sistema fiscale (entrate) suggerisce che ciascuno stato si è adeguato alle proprie specifiche capacità di aggiungere valore, focalizzandosi su aree preferenziali.
Resta da meglio comprendere come, con quali obiettivi e con quali tempi il singolo sistema fiscale si sia adattato, e potrà meglio adattarsi, a ciascuna area e/o comunità.
Il debito pubblico totale degli USA
Per finire, un doveroso accenno al debito pubblico totale americano. Esso si compone di debito emesso dallo stato federale, dai singoli stati e dalle municipalità (locali). Nel grafico vedete la sua evoluzione dal 1900 a oggi. Noterete che:
- l’attuale rapporto debito federale sul PIL è allo stesso livello del debito contratto durante la Seconda Guerra Mondiale;
- dopo una progressiva discesa sino agli anni Ottanta, esso è cresciuto progressivamente, e ha avuto un’impennata nell’ultimo decennio.
Possiamo aggiungere che lo schema fiscale federale è proiettato da un lato verso il sostegno agli interessi “fuori dei confini federali” (difesa, diplomazia, contro-spionaggio internazionale…) e dall’altro al sostegno di quei pochi beni che sono stati messi in comune dai cittadini, e non sempre in modo ottimale, come è per la sanità. Ma questo è un altro tema, che merita un approfondimento a parte.
PS: se volete approfondire ulteriormente la situazione fiscale degli Usa, vi consiglio di visitare i siti www.taxfoundation.org e www.usgovernmentspending.com.