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#IlGraffio: sapete quanti occupati servono per pagare le pensioni?

Dopo aver delineato la situazione attuale del sistema pensionistico pubblico e della previdenza complementare, ci accingiamo a cercare una risposta a due domande essenziali:

    1. Come saranno le pensioni future?
    2. Qual è il debito pensionistico dell’INPS nei confronti dei pensionati attuali e di quanti andranno in pensione nei prossimi anni?

    Come saranno le pensioni INPS del futuro?

    Non sono disponibili al pubblico le (eventuali) elaborazioni attuariali, finanziarie e statistiche sulle previsioni assunte dall’INPS per calcolare le pensioni future; elenchiamo in rapida sintesi gli elementi essenziali per valutare (non osiamo dire: calcolare) la dinamica pensionistica futura:

    1. composizione demografica dei pensionati attuali;
    2. previsione attuariale della vita pensionistica (per quanti anni il pensionato vivrà, godendo della pensione);
    1. stima sulla previsione statistica della eventuale conversione delle pensioni al coniuge superstite (pensioni di reversibilità):
    2. time to pension right”: per la popolazione dei lavoratori contribuenti, significa determinare su base puntuale (e non solo attuariale) quanti anni di contributi, per ogni singolo lavoratore/lavoratrice, sono ancora necessari per raggiungere il numero di anni contributivi richiesti per l’accesso alla pensione;
    3. stima del numero dei nuovi pensionati anno per anno, per il futuro, sulla base delle considerazioni precedenti;
    4. stima del numero di nuovi contribuenti anno per anno, per il futuro, per determinare i flussi di contributi futuri che verranno versati all’INPS.

    Ricordiamo che al 31.12.2013 i pensionati erano 15.757.626 e i lavoratori (dipendenti privati e pubblici iscritti e che versano contributi all’INPS) erano 21.788.740 (fonte: “Rapporto annuale INPS 2013”).

    A questo punto, abbiamo cercato di determinare, su un arco temporale di 10 anni:

    • il debito pensionistico futuro e il totale delle pensioni pagate annualmente ai pensionati attuali;
    • la stima dei nuovi pensionati che anno per anno si aggiungeranno a quelli in essere;
    • la stima del totale delle nuove pensioni pagate anno per anno;
    • la stima dei nuovi lavoratori che anno per anno si aggiungeranno alla popolazione attiva, e che quindi inizieranno a versare i contributi pensionistici.

    Elemento cruciale e critico per la sostenibilità finanziaria futura del sistema pensionistico pubblico obbligatorio (INPS) è la creazione di nuovi posti di lavoro: se crescono i contribuenti (pensionistici), crescono le entrate contributive e l’INPS è nelle condizioni finanziarie di sostenere, seppure solo parzialmente, il debito pensionistico, pagando le pensioni (cfr. p. 111 del “Rapporto annuale 2013 INPS”).

    Una simulazione sulle pensioni future

    Per semplicità, i calcoli sono stati fatti ad euro costanti, avendo come moltiplicando il valore del contributo medio della popolazione lavorativa dell’anno 2013, pari a 9.638 euro (dato desunto su una popolazione attiva di lavoratori di 21.788.740 lavoratori al 31.12.2013); e per le pensioni pagate il valore medio della pensione pagata nel 2013, pari a 16.858 euro (lorde); i dati sono desunti dal rapporto INPS già citato. Si tratta di medie, quindi misure imperfette, ma non disponendo delle informazioni sopra descritte il loro utilizzo era “obbligato” per l’esercizio affrontato nel presente lavoro.

    L’ipotesi-tipo (la “meno peggio”) prevede che il numero di nuovi pensionati ogni anno, stimati in 500.000, sia uguale a quello dei nuovi lavoratori immessi nel mondo del lavoro. Si rileva come la dinamica finanziaria sia negativa.

    Immaginando lo stesso numero di nuovi pensionati e nuovi lavoratori per i prossimi 10 anni, i nuovi contributi annui (4.818,9 milioni) sono pari al 57,2% delle nuove pensioni annue pagate (8.429 milioni); il rapporto fra contribuenti e pensionati, al decimo anno, è pari a 129 contribuenti per 100 pensionati. Il deficit finanziario cumulato, su 10 anni, sarebbe di 755 miliardi (vedi grafico).

    deficit_inps

    La fragilità del sistema pensionistico pubblico italiano

    Pur nella semplicità, e quindi incompletezza, dell’analisi, emergono tre elementi di riflessione:

    • la dinamica strutturale negativa della gestione finanziaria delle pensioni pubbliche;
    • l’importanza di poter creare nuova occupazione, che nel caso ottimistico adottato (equivalenza fra nuovi pensionati e nuovi lavoratori, indicati in 500.000 unità annuali), non è in grado di “invertire la rotta” del crescente deterioramento dei conti pubblici pensionistici;
    • il crescente deficit finanziario, sia nella sua dinamica annuale che complessiva, deve essere adeguatamente affrontato e risolto con misure non episodiche, ma strutturali;
    • l’aumento della contribuzione individuale non è “la” soluzione.

    Il sistema pensionistico, sulla base dell’analisi, appare in tutta la sua fragilità prospettica, destinata a peggiorare nel caso l’economia nazionale non sia in grado di migliorare.

    Ma quale livello di nuovi occupati, anno per anno, sarebbe necessario per riportare ad equilibrio il sistema, o almeno re-indirizzarlo verso un percorso virtuoso? Il numero magico è 1.800.000 nuovi occupati, ogni anno e per i prossimi 10 anni.

    Good luck, guys!

    Scritto da

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    Ultimi commenti
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      Buongiorno a tutti, sono un vostro frequente lettore, nonchè studente di economia, vorrei farvi due domande:
      Data l’evidente insostenibilità di questa condizione, cosa si potrebbe fare per invertire la rotta?
      La riforma Fornero non doveva intervenire proprio nell’ottica della sostenibilità di lungo periodo del sistema pensionistico nazionale?

      Grazie in anticipo 🙂

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        Ti dico la mia.
        Guardando “all’elefante”, la direttrici sono:
        – aumentare la consapevolezza del problema;
        – promuovere il risparmio e la previdenza complementare (es. farla conoscere, abbatterne i costi e i limiti d’accesso – il discorso della portabilità, storia recente, va in questa direzione – offrire benefici fiscali – il contrario di quanto ha fatto il Governo Renzi);
        – tentare attivamente di migliorare la dinamica demografica (es. favorire le famiglie, l’immigrazione intelligente).
        Cose così.

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