Nella crisi del debito pubblico (americano e dei paesi dell’euro) la parola d’ordine è stabilità.
I mercati manifestano forti crisi di fiducia nei confronti dei paesi deboli e litigiosi. In Italia a causa dei forti attacchi speculativi lo spread btp-bund a 10 anni ha toccato i 376 b.p., il barometro del rischio Advise Only punta su 0,41, segnalando elevati stati di tensione sui mercati globali, le ondate di vendite continuano nonostante l’accordo sul tetto del debito da parte USA e l’intervento del fondo salva stati in Europa.
I mercati sono confusi, gli investitori sui mercati finanziari per certi aspetti non hanno una propria opinione ma formulano le loro aspettative in base alle aspettative degli altri operatori finanziari, in questo modo le quotazioni del mercato sono soggette a “credenze” che possono essere sconnesse dai fondamentali dell’economia. Le quotazioni, quindi, registrano valori critici e i mercati finanziari sembrano funzionare come un concorso di bellezza non vince chi sceglie i volti che ritiene più graziosi, ma chi si avvicina di più all’opinione prevalente sui mercati, (Keynes, 1936). Per questi motivi, i mercati hanno bisogno di riacquistare la fiducia perduta. Inoltre, Stati Uniti e Unione Europea soffrono ostacoli di tipo politico nella conduzione della propria politica economica mentre in Italia si parla d’instabilità politica.
La mia opinione è che le preoccupazioni per il debito pubblico italiano ed americano siano giustificate ma eccessive. Iniziamo ad analizzare la situazione negli Stati Uniti cercando di capire perché la preoccupazione è eccessiva. La preoccupazione relativa alle conseguenze economiche di un innalzamento del tetto del debito pubblico degli Stati Uniti di cui si è parlato ampiamente in questi giorni è esagerata. Come affermato dall’economista Nicola Persico, il mercato obbligazionario degli Stati Uniti non è illiquido e quindi il Tesoro USA è in grado di reperire risorse sul mercato tramite emissioni obbligazionarie.
Un’ulteriore emissione di titoli del debito (reso possibile dall’innalzamento del tetto) troverebbe una domanda disposta ad assorbirli. Inoltre, come sostiene l’economista, i mercati non sembrano (direi eccessivamente) preoccupati delle conseguenze per l’economia americana di un accordo sullo sforamento del tetto del debito pubblico. Infatti, il tasso d’interesse interbancario, cioè il tasso richiesto dalle banche in surplus di riserve per prestare risorse alla banche in deficit, non ha registrato forti variazioni in prossimità dell’accordo, il che riflette l’assenza di timori da parte del mercato di prestare soldi alle banche (vedere grafico sotto).