Che il Prodotto Interno Lordo non sia l’unico indicatore utile per valutare e migliorare il benessere – anche economico – di un Paese è ormai un fatto abbastanza accettato e riconosciuto.
Tradizionale misura del successo e del valore di un’economia, il PIL è stato messo profondamente in discussione con lo scoppio della crisi finanziaria del 2008/2009, che ha portato molte persone a domandarsi se la finanza fosse davvero “dalla parte dei cittadini”.
Negli ultimi anni non sono mancate proposte di indicatori alternativi al PIL come misura del benessere di una nazione, basti pensare allo Human Development Index (HDI) messo a punto dall’ONU e al Better Life Index (BLI) lanciato dall’OCSE.
Ora la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale compiono un passo in più, arrivando a sostenere che la vera ricchezza di una nazione sia suo il capitale umano, variabile fondamentale nella crescita economica di lungo termine e quindi importante da valorizzare con investimenti dedicati.
Ma che cos’è esattamente il capitale umano?
Si tratta essenzialmente dell’insieme di conoscenze, abilità e cura della salute che un individuo riesce ad accumulare nella prima parte della sua vita, tutti fattori che gli permetteranno una volta adulto di realizzare il suo potenziale in qualità di membro produttivo della società.
Ebbene, nell’ambito di un ampio progetto chiamato Human Capital Project, volto a sensibilizzare istituzioni e cittadini circa il ruolo cruciale ricoperto dal capitale umano, FMI e Banca Mondiale hanno elaborato un indice ad hoc, lo Human Capital Index, che valuta le nazioni in base agli investimenti effettuati sui giovani.
Nel dettaglio, si assume che maggiori sono gli investimenti in istruzione e sanità di un determinato Paese, maggiori saranno la produttività e i guadagni della sua forza lavoro.
Vediamo come funziona l’indice
Lo Human Capital Index calcola la quantità di capitale umano che un bambino nato oggi può aspettarsi di accumulare entro i 18 anni con il livello medio di istruzione e sanità del Paese in cui vive e misura lo scostamento di ciascun Paese dalla soglia “ottimale” (cioè istruzione completa e sanità perfettamente funzionante).
Le valutazioni si basano su diversi fattori:
- Probabilità di sopravvivenza: i bambini nati oggi arriveranno all’età della scuola?
- Istruzione: per quanti anni andranno a scuola e quanto potranno imparare?
- Salute: arriveranno alla fine della scuola obbligatoria in buona salute, pronti per proseguire gli studi o iniziare a lavorare?
In sintesi, lo Human Capital Index riflette la futura produttività di un bambino nato oggi paragonandola a quella che potrebbe conseguire se beneficiasse delle migliori opportunità possibili in termini di formazione e sanità. Al miglior scenario possibile è attribuito un punteggio pari a 1, mentre lo scenario peggiore è assimilato a zero, quindi tutti i Paesi hanno un punteggio tra 0 e 1.
Se un Paese ha un indice di 0,5 per esempio, significa che la sua popolazione – e quindi la nazione nel suo insieme – sta perdendo la metà del proprio potenziale valore economico futuro. È facile intuire che, sul lungo termine, questo ha un impatto considerevole su un’economia.
Cosa ci dice oggi lo Human Capital Index?
Stando ai dati dell’indice 2018, i Paesi asiatici dominano la classifica: Singapore conquista la prima posizione con un punteggio di 0,88, seguito da Corea del Sud, Giappone e Hong Kong. Finlandia e Irlanda si piazzano in quinta e sesta posizione, mentre l’Italia è 19esima con un indice di 0,77, dietro Norvegia e Danimarca, ma davanti a Svizzera, Nuova Zelanda e Francia.
La parte bassa della classifica è popolata prevalentemente da Paesi africani: gli ultimi sono Chad (0,29), Sud Sudan (0,30) e Niger (0,32). Qui i punteggi in termini di capitale umano sono pari a un terzo rispetto a quelli registrati dai Paesi più virtuosi.
Fa riflettere il fatto che anche un Paese tutto sommato ben posizionato come l’Italia potrebbe ottenere il 23% di ricchezza in più dalla propria forza lavoro se migliorasse gli investimenti sui giovani in termini di sanità, istruzione e formazione professionale.
Addirittura Paesi come il Kenya e la Tunisia – che hanno un punteggio di 0,5 – potrebbero raddoppiare la loro creazione di ricchezza.
Investire sulle persone
“Per le popolazioni più povere, il capitale umano è l’unico capitale a disposizione”, ha osservato il presidente della Banca Mondiale, Jim Yong Kim. “Siamo convinti che il capitale umano sia un fattore chiave per una crescita economica sostenibile e inclusiva, ma ancora oggi gli investimenti nella salute e nella scuola non ricevono l’attenzione che meritano. Questo indice è nato proprio con l’obiettivo di evidenziare il collegamento diretto esistente tra un miglioramento di sanità e istruzione e un aumento di produttività e crescita economica. Spero che possa spingere le nazioni a intervenire con urgenza e a investire di più – e in modo più efficace – sulle persone”.