Nella notte tra il 9 e il 10 maggio 2012 è uscita una notizia che fa davvero male ai mercati: JP Morgan, una delle più grandi e solide banche d’affari americane, forse quella con la miglior reputazione, rivela ai media una perdita intorno ai 2 miliardi di dollari sui derivati per un’operazione di hedging “sbagliata”.
La reazione dei mercati già tartassati dall’agonia dell’euro è davvero negativa, la perdita di capitalizzazione del titolo J.P. Morgan si assesta tra i 10 e 15 miliardi di dollari.
Detto fra noi 2 miliardi di dollari, che forse arriveranno a 3 quando l’operazione verrà definitivamente chiusa, “fanno il solletico” ad una banca come J.P. che, nel solo 2011, ha riportato un utile netto di 18 miliardi di euro. La notizia fa comunque effetto di questi tempi, soprattutto in Europa. Conseguentemente alla vicenda, è partito il solito gossip finanziario, condito dalla “caccia alle streghe”. Il colpevole, beccato con la pistola fumante in mano, c’è e si chiama Bruno Iksil. È un trader e nell’ambiente è famoso come “Balena” o “Voldemort”, soprannomi fumettistici e inquietanti: un personaggio insomma; pare si paragonasse nientepopodimeno che a Gesù. Quest’uomo ha fatto guadagnare a J.P. Morgan negli anni svariate centinaia di milioni di dollari, facendo trade e scommesse sempre più rischiose e, probabilmente, ha messo via qualche decina di milioni per sè attraverso i ricchi bonus.
Il colpevole alla fine è punito perché “Balena” viene licenziato, così come il suo potente capo. Agli occhi del mondo la disastrosa operazione è chiusa e tutto dovrebbe essere risolto. Perché allora JP Morgan perde più di 10 miliardi in valore?
Perché i mercati non sono stupidi e hanno capito che per un Bruno Iksil oggi, ci saranno altre 10 come lui o come Jerome Kerviel domani, se le regole non cambiano.
Il Presidente Obama ha dichiarato che è necessaria un’immediata e incisiva riforma dei mercati finanziari ma, francamente, mi sembra un commento un po’ demagogico in vista delle elezioni. Dov’era Mr “Yes, we can” quando, all’indomani del default di Lehman Brothers, ha deluso il mondo non portando a termine gli auspicati cambiamenti?
Quando ho iniziato a lavorare nel 1992, proprio in J.P. Morgan e come trader, era ancora in vigore il Glass-Steagall Act, una legge entrata in vigore dopo la crisi del 1929 con lo scopo di porre fine alla speculazione e ai fallimenti bancari e, di fatto, in questo modo si separava l’attività bancaria tradizionale da quella di banca d’investimento.
Oggi si parla molto della Volcker Rule, una norma che dovrebbe impedire alle banche di esercitare l’attività di “proprietory trading”, cioè operazioni di trading in conto proprio, svincolate dall’interesse dei clienti. A tutt’oggi, però, la legge non è realtà.
Inoltre credo che l’implementazione della Volcker Rule o di una versione moderna del più incisivo Glass-Steagall Act sia altamente auspicabile, ma non sufficiente. Una regola di questo tipo ha senso se e solo se:
- È introdotta a livello globale, onde evitare spostamenti di attività e capitali dove le norme sono più favorevoli
- È accompagnata da una seria riforma degli incentivi economici attraverso cui il personale delle banche d’investimento viene compensato, altrimenti, come ho già scritto su questo blog, le banche continueranno ad assumere rischi eccessivi e molti CEO di Wall Street continueranno a “fingere di non vedere”.
Inoltre penso che sia davvero il momento di agire! Soprattutto perché, questa volta, i contribuenti non accetterebbero di accollarsi il costo del fallimento di una banca a seguito di errori commessi dall’ennesimo manager senza scrupoli, mosso da cieca avidità.
Se non siete troppo disgustati e volete un tuffo nelle realtà delle grandi banche d’investimento, andatevi a vedere Margin Call in uscita nelle sale italiane questo weekend.