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Gli otto peccati capitali del Welfare State italiano: ecco come difendersi

“C’era una volta… lo Stato sociale in Italia”.

Il Consiglio d’Europa a fine gennaio ha rimproverato al Welfare State italiano di lasciare a se stessi poveri, disoccupati, malati e anziani. Vediamo quali sono gli “otto peccati capitali” del nostro Stato sociale.   

1. Reddito minimo garantito

L’Europa ha consigliato agli Stati membri di introdurlo fin dal 1992, con la Raccomandazione 92/441. L’hanno ascoltata tutti i ventotto Paesi membri, tranne Italia e Grecia. Attenzione: il reddito minimo non va confuso col reddito minimo di cittadinanza. Il reddito minimo di cittadinanza è erogato a tutti i cittadini di un certo Paese, a prescindere dal fatto che lavorino e non è subordinato all’accertamento delle condizioni economiche e patrimoniali della persona; il reddito minimo garantito si eroga solo dopo accertamenti sul reddito e sul patrimonio del richiedente.

Consegna delle firme per il reddito minimo

2. Pensioni minime

L’Europa ritiene quelle italiane “inadeguate” perché troppo basse. Del resto, il loro importo è pari a 495,43 euro mensili. Questa somma è tuttavia corrisposta solo ai lavoratori che presentano dei redditi inferiori ai limiti di legge. In caso di persona sola, il limite è di 12.881,18 euro l’anno; se la persona è sposata, si sale a 25.762,36 euro. Secondo i dati Istat 2011, l’11,2% dei pensionati italiani percepisce meno di 500 euro al mese.

Il grafico sotto rende l’idea della sproporzione  tra le pensioni minime italiane e quelle d’Europa.

importo_pensioni_minime_Europa_e_Italia

3. Assistenza sociale e sanitaria

Il Consiglio d’Europa ci definisce “carenti” in questi ambiti. Secondo il rapporto “Noi Italia 2014”, pubblicato dall’Istat l’11 febbraio scorso, la sanità italiana è sotto la media UE per posti letto ospedalieri, insieme a Portogallo, Spagna, Regno Unito, Irlanda, Svezia. Inoltre, la spesa sanitaria pubblica corrente dell’Italia nel 2012 (dato provvisorio) è stata di circa 111 miliardi di euro, pari al 7% del Pil e a 1.867 euro annui per abitante: un valore di molto inferiore rispetto a quello di altri importanti Paesi europei.

4. Sicurezza sul lavoro

L’Europa ci bacchetta anche per la sicurezza sul lavoro, giudicando le nostre politiche inappropriate, dato che “manca un sistema adeguato di prevenzione dei rischi. Alla luce di queste osservazioni si afferma che l’Italia, tra il 2008 e il 2011, non ha rispettato il diritto dei lavoratori alla sicurezza e l’igiene.

5. Discriminazioni

Le discriminazioni nel Belpaese sono basate sull’età o sull’appartenenza ad alcune minoranze etniche. Le prime sono molto diffuse a livello professionale. Un esempio su tutti: quanti annunci di lavoro avete letto contenenti l’età del candidato ideale? Bene, sappiate che sono illegali secondo la direttiva 2000/78 CE. A questo proposito, nel marzo scorso quindici quarantenni, insieme all’associazione Atdal over-40, ha fatto ricorso alla Corte di Giustizia, accusando l’Italia di aver provocato con la riforma Fornero “una gravissima situazione di discriminazione a danno di cittadini in età matura disoccupati e privi di qualsiasi sostegno al reddito” e di non aver represso le offerte di lavoro pubbliche e private con limiti di età.

6. Sussidi di disoccupazione

Il Consiglio d’Europa rimprovera all’Italia di erogare sussidi troppo bassi a coloro che hanno perso il lavoro. Accusa confermata dai dati del 2011 Ocse sul tasso di rimpiazzo netto dei sussidi di disoccupazione, calcolato come rapporto tra il sussidio e il reddito al netto delle tasse e di altri contributi sociali.

tasso_di_rimpiazzo_netto_sussidi_disoccupazione_Europa

7. Precariato

Sono oltre 3,3 milioni (3.315.580 per la precisione) i precari italiani. La categoria comprende dipendenti temporanei e collaboratori che lavorano a tempo determinato perché non hanno trovato un impiego a tempo indeterminato e occupati stabili che svolgono un lavoro a tempo parziale perché non ne hanno trovato uno a tempo pieno. Guadagnano in media 836 euro netti al mese (Fonte: “Rapporto sui diritti globali 2013”). La più alta concentrazione di lavoratori precari si ha nel pubblico impiego e tra i giovani. Secondo l’Ocse, quasi il 53% degli under 25 ha un lavoro precario.

8. Povertà ed esclusione sociale

Secondo l’Ue, l’Italia non fa abbastanza per lottare contro questi due spettri. Oltre a non avere un reddito minimo garantito, le misure esistenti non prevedono iniziative di responsabilizzazione e attivazione dei poveri, che quindi restano tali. Risultato? L’Italia ha sempre avuto nell’ultima decade una percentuale di persone a rischio povertà o esclusione sociale superiore al resto dell’Eurozona. Nel 2012, in Italia era in questa condizione quasi il 30% della popolazione, mentre la media della zona euro era pari al 23,2%.

Cosa possono fare i risparmiatori?

Dato che non potete fare pieno affidamento  sullo Stato sociale italiano, la mossa più saggia che potete fare è investire i vostri risparmi in strumenti molto liquidi. Questo vi permette di riprendere possesso dell’investimento in caso di imprevisti o variazioni del vostro reddito (disoccupazione, malattia, pensionamento).

Per aiutarvi a farlo, noi di Advise Only abbiamo pubblicato sul nostro sito due idee di investimento (gratuitamente a vostra disposizione) che potete consultare e copiare:

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