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Giappone: ecco le frecce al suo arco e un’idea di investimento per chi crede nel Premier Abe

In un precedente post dal titoloGiappone: Debito/PIL al 230% e svalutazione dello yen. Politica sostenibile?avevamo analizzato i rischi a cui potrebbe andare incontro l’economia del Giappone per aver adottato la strategia di crescita battezzata come Abenomics. In quella occasione avevo pensato di proporre all’interno del sito Advise Only un portafoglio di investimento basato sullo scenario proposto da M. Feldstein, relativo al caso di un concretizzarsi di un fallimento della strategia di crescita adottata dal Giappone: “Abenomics Wrong”.

Oggi vi propongo una visione completamente diversa, direi opposta, con associata una strategia d’investimento che si concretizza in un portafoglio di investimento, anch’esso presente all’interno della Community di Advise Only: “Winning Abenomics“. Procediamo per gradi.

abenomics

Nello strano mondo della trappola della liquidità, “più inflazione è meglio!” Questa era la visione di molti economisti nella seconda metà degli anni ’90: la Banca Centrale del Giappone (BOJ) doveva cercare di aumentare le aspettative d’inflazione.

Anche oggi economisti illustri come J. E. Stiglitz e P. Krugman suggeriscono questa ricetta di politica monetaria al fine di aiutare il Giappone ad uscire dalla trappola e dalla situazione di deflazione che attanaglia il Paese da 15 anni.

Naturalmente, la sola politica monetaria non può bastare, ma sono necessarie politiche fiscali e strutturali in grado di rilanciare la crescita attraverso l’innovazione e gli investimenti, la domanda interna e le esportazioni.

Shinzō Abe, il Premier nipponico, paragona questo approccio a tre frecce:

  • politica monetaria (aumento delle aspettative di inflazione);
  • politica fiscale;
  • politiche strutturali volte alla crescita.

Come egli stesso dice, con saggezza tipicamente asiatica: “queste frecce possono essere piegate se prese una alla volta, tenute insieme è impossibile farlo!”.

Analizziamole insieme una per volta.

Inflazione

In una situazione di trappola della liquidità la Banca Centrale non può ridurre il tasso di interesse monetario, questo semplicemente perché è già pari a zero. Un’ arma in suo possesso è quella di diminuire il tasso d’interesse reale attraverso l’aumento delle aspettative d’inflazione*.

La riduzione del tasso d’interesse reale stimolerebbe la spesa e quindi la domanda interna rimettendo (si spera) in moto il circolo virtuoso (fatto di riduzione dei costi di produzione, maggiore competitività delle merci giapponesi, aumento delle esportazioni) che rese imbattibili le imprese giapponesi** sui mercati internazionali prima del 1990.

Un modo per aumentare le aspettative d’inflazione da parte della BoJ è stato quello di annunciare un obiettivo inflazionistico del 2% in “circa 2 anni”. La motivazione è semplice: se le persone crederanno a questo annuncio, l’inflazione attesa e quindi quella effettiva aumenteranno*** aiutando così l’economia ad uscire dalla recessione. Inoltre, l’aumento del tasso d’inflazione avrebbe un altro beneficio per il Giappone, ovvero alleggerire l’enorme peso del debito pubblico in termini reali (corretto per l’inflazione). Se volete saperne di più leggete: “Italia, crescita economica o default: l’equazione maledetta del debito pubblico“.

Politica fiscale

L’approccio di Abe non si esaurisce ovviamente qui. Il suo arco consta di altre due frecce come detto sopra: le politiche fiscali e quelle strutturali, integrando la politica monetaria con un aumento della spesa pubblica. Contrariamente a quanto sostengono economisti come M. Feldstein (ne abbiamo parlato qui), lo stimolo fiscale è necessario soprattutto alla luce dei suoi effetti sull’economia a seguito della crisi finanziaria della fine degli anni ’90, come ci fa notare J. E. Stiglitz.

Nel mezzo della crisi finanziaria globale, infatti, senza la spesa pubblica, il contesto economico in Giappone sarebbe peggiorato e la disoccupazione aumentata. Infine è lo stesso premio Nobel che fa notare come gli investimenti in infrastrutture hanno arrecato molto beneficio all’economia nipponica.

Crescita

La vera sfida di Abe sarà la terza freccia: la “crescita”. Le politiche strutturali di Abe dovrebbero riguardare:

  • la ristrutturazione dell’economia;
  • il miglioramento della produttività;
  • l’aumento della partecipazione della forza lavoro.

In particolare, saranno importanti gli sforzi del governo per aumentare la produttività nel settore dei servizi dato l’ottimo vantaggio di cui gode il Giappone in termini di sinergie tra il processo di miglioramento sanitario e le capacità manifatturiere di prima classe nella produzione di apparecchiature mediche.

Inoltre, una migliore regolamentazione in riferimento alle politiche di assunzione e della famiglia  possono generare una maggiore partecipazione della forza-lavoro femminile. Nuovi investimenti nella ricerca , nell’istruzione e nell’ambiente potrebbero restituire grandi vantaggi al Paese del Sol levante. Si spera inoltre che la politica di Abe si focalizzi anche su interventi mirati per lo sblocco dei crediti (il rifinanziamento di molti proprietari immobiliari o l’accesso al credito delle piccole e medie imprese).

Il Giappone tornerà a primeggiare?

Il Giappone possiede delle istituzioni solide, una forza lavoro skilled, capacità di progettazione, meno disuguaglianza nella distribuzione del reddito rispetto a molte economie industrializzate nonché l’appartenenza ad una delle regioni più dinamiche al mondo.

Per tutte queste  ragioni economisti come J. E. Stiglitz  ritengono che se l’agenda di Abe sarà implementata nel modo adeguato, essa potrà risultare vincente.

Riuscirà Abe a risuscitare la tanto temibile economia giapponese degli anni ‘70-‘80? A mio personale parere è troppo presto per emettere un giudizio a riguardo, dati  i recenti segnali (positivi e negativi) generati dall’Abenomics.


Ho pensato di proporre all’interno del sito Advise Only un portafoglio basato sullo scenario proposto da J. E. Stiglitz, relativo al caso che si concretizzarsi lo scenario ottimistico sopra descritto: il portafoglio si chiama “Winning Abenomics” (in opposizione a Abenomics Wrong). Divertitevi a seguirli, vediamo chi avrà ragione.

Se siete interessati ad approfondire la “questione giapponese”, vi aspetto in Community: Pasquale Rossi.

Clicca per aprire il portafoglio

investire giappone

* Ricordiamo che il tasso d’interesse reale è approssimativamente uguale al tasso d’interesse monetario al netto del tasso d’inflazione attesa, r ≈ i – πᵉ. Se il tasso d’inflazione attesa (πᵉ) aumenta, con un tasso d’interesse monetario (i) prossimo allo zero, il tasso d’interesse reale (r) si riduce.

** P. Krugman ha avuto il merito merito (infatti gli fu attribuito il premio Nobel per l’economia) di aver costruito un modello che mostrava bene queste abitudini delle imprese giapponesi.

*** Pensate alla curva di Phillips aumentata delle aspettative di inflazione  π = πᵉ – α(u-µn). Data la disoccupazione, u, un aumento di  πᵉ  porta un uguale aumento di π.

 

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Ultimi commenti
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    La questione sul abbassamento del tasso d’interesse reale non mi convince perché un aspettativa di maggior inflazione farà prevedere agli imprenditori un maggior guadagno dalla rivendita della produzione, spingendoli quindi ad accettare prestiti per un tasso d’interesse nominale maggiore.

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      In prossimità della trappola della liquidità i tassi d’interesse nominali non possono essere più tagliati. La trappola della liquidità genera problemi quando l’economia è in deflazione. Un tasso di deflazione crescente, dato il tasso d’interesse nominale provoca (come detto nel post) un aumento del tasso d’interesse reale ed una caduta della produzione. Se la crescita dell’economia è attesa essere negativa in quanto è entrata in un circolo vizioso, gli imprenditori che nel prendere decisioni d’investimeto guardano sia al presente che al futuro, non saranno disposti ad investire. Il motivo è legato alle aspettative degli imprendidori circa la domanda futura attesa dei prodotti che l’investimento in macchiari contribuirà a produrre. Se prevedono che la domanda in futuro non ci sarà, agli investitori non converrà investire in un progetto d’investimento per produrre beni che non verranno venduti e quindi cadiamo in una trappola (Keynes diceva appunto che nel prendere le decisioni d’investimento gli imprenditori confrontano il tasso d’interesse con l’efficienza marginale del capitale (EMC)). E allora ha senso persuadere gli agenti che la banca centrale manterrà i tassi d’interesse a zero per molto tempo, creando inflazione. Una volta usciti dalla trappola è vero ciò che dici, gli imprenditori porteranno così avanti progetti d’investimento in corrispondenza di tassi d’interesse nominali più alti.

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        Grazie!

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          cheers :)!

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