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Finanza e sviluppo sostenibile: la “quieta rivoluzione”

Durante l’ultimo G20 i grandi della Terra hanno finalmente affrontato il tema dello sviluppo sostenibile, con un occhio all’ambiente. Una rivoluzione che passa anche dal sistema finanziario.

Verso un sistema finanziario sostenibile

Qualcosa si sta (finalmente) muovendo nel mondo della green economy: per usare la definizione di Nick Robins, co-director del programma  per l’ambiente delle Nazioni Unite, stiamo assistendo a una “quieta rivoluzione”. E il Fintech potrebbe giocare un ruolo importante nella transizione verso un modello sostenibile di sviluppo economico.

Tanto per cominciare, quest’anno per la prima volta i leader del G20 hanno menzionato l’importanza della green economy nel comunicato ufficiale diffuso al termine del loro meeting in Cina: si tratta di un cambiamento significativo, sintomo che il mondo sta iniziando a rendersi conto che lo sviluppo economico non può prescindere dalla protezione dell’ambiente e che il cambiamento deve necessariamente passare per il sistema finanziario.

“Riconosciamo che, al fine di supportare una crescita globale sostenibile dal punto di vista ambientale, è necessario sviluppare una finanza verde”, si legge nel comunicato. Le sfide non mancano, ricordano i ministri del G20, citando tra le altre l’assenza di definizioni precise di cosa sia o non sia effettivamente ‘green’, l’elevata asimmetria informativa e le capacità di analisi ancora inadeguate. Ma molti di questi ostacoli “potranno essere superati con la collaborazione del settore privato”, evidenzia ancora la nota, accogliendo con favore il contributo del G20 Green Finance Study Group, chiamato proprio a incentivare  la mobilitazione di capitali e investimenti privati verso uno sviluppo sostenibile con il supporto dell’UNEP (United Nations Environment Programme). È questo il tema di cui si è parlato nei giorni scorsi all’Università Bocconi in occasione di un evento intitolato proprio “Verso un sistema finanziario sostenibile”.

Qualcosa si sta muovendo

La quieta rivoluzione di cui parla Robins si sta concretizzando simultaneamente su diversi fronti: a livello di politiche nazionali la Cina fa da apripista, con una nuova normativa già allo studio volta a rendere obbligatoria la pubblicazione delle procedure ambientali da parte delle aziende (ma diversi Paesi hanno messo in campo riflessioni sul tema). Sui mercati finanziari iniziano a prendere piede i cosiddetti “green bond” – è di pochi giorni fa l’annuncio francese dell’imminente lancio, nel 2017, di obbligazioni statali per gli investimenti sostenibili – e diversi asset manager hanno già iniziato a inserire nella propria offerta strumenti finanziari che consentono di ottenere un rendimento del tutto simile ai prodotti “tradizionali” ma con un occhio di riguardo all’ambiente (per esempio gli ETF green di Amundi). Ma a remare nella direzione di uno sviluppo finanziario più sostenibile sono anche iniziative collettive e istituzioni pubbliche – il governo britannico ha istituito la Green Investment Bank e l’Unione Europea sta lavorando allo sviluppo di una strategia di finanza “green”.

Per allineare il sistema finanziario a uno sviluppo sostenibile, UNEP agisce su cinque livelli:

 

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Qual è il ruolo del fintech?

In questa cornice, sostiene Robins, il FinTech può offrire un contributo importante: le innovazioni tecnologiche applicate al mondo della finanza – pensiamo al crowdfounding, che combina la tradizionale attività di raccolta di fondi presso amici, familiari e conoscenti con le potenzialità del web e dei social network – sono in grado di dare una notevole spinta a uno sviluppo finanziario sostenibile dal punto di vista ambientale. Ma ci sono dei rischi, avverte ancora Robins: per consentire alla tecnologia di collegare imprenditori e investitori proteggendo questi ultimi dallo sfruttamento e dall’imprudenza, è dunque necessario stabilire regole chiare e incentivare l’educazione finanziaria dei cittadini.

C’è ancora molta strada da fare

Pur riconoscendo che un cambiamento è in atto, è evidente che la strada  verso un approccio sostenibile allo sviluppo economico globale è ancora lunga. Dal punto di vista finanziario, lo spazio per crescere non manca. Come ha ricordato Frédéric Samana, deputy global head of institutional & sovereign clients di Amundi, gli investitori interessati agli investimenti sostenibili rappresentano a livello globale 92 trilioni di dollari di asset (dato tratto da www.CDP.net e aggiornato al 2014): significa che il passaggio anche solo dello 0,1% di questi risparmiatori a investimenti green equivarrebbe a una mobilitazione di quasi 100 miliardi di dollari.


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Scritto da

La scrittura è sempre stata la sua passione. Laureata in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione all’Università Bocconi di Milano, è entrata nel mondo del giornalismo nel 2008 con uno stage in Reuters Italia e successivamente ha lavorato per l’agenzia di stampa Adnkronos e per il sito di Milano Finanza, dove ha iniziato a conoscere i meccanismi del web. All’inizio del 2011 è entrata in Blue Financial Communication, dove si è occupata dei contenuti del sito web Bluerating.com e ha scritto per il mensile Bluerating.

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