Nuova impennata dei titoli di Stato americani: cosa sta succedendo? Sono ormai settimane che i rendimenti governativi statunitensi viaggiano intorno all’1,5 per cento, perchè? Gli investitori che operano sul mercato dei Treasury statunitensi tendono a chiedere rendimenti superiori quando sono preoccupati per un possibile aumento dell’inflazione. Ecco perché ha senso interrogarsi sulla fiammata vissuta nell’ultima settimana di febbraio dai rendimenti dei titoli di Stato USA decennali: come si vede dal grafico, tali rendimenti sono tornati momentaneamente sopra quota 1,6% – livelli che non si vedevano dal febbraio del 2020, prima dello scoppio della pandemia – per poi ritracciare nei giorni seguenti.
Nel loro movimento, i tassi reali statunitensi hanno trascinato con sé anche i tassi europei: per effetto sostituzione tra Bund e Treasury, infatti, i rendimenti reali in dollari più alti hanno portato gli investitori ad abbandonare il titolo di Stato tedesco e, di conseguenza, i tassi reali in euro a registrare un movimento al rialzo, anche se inferiore.
Non si tratta di livelli di per sé particolarmente elevati – parlando del decennale USA, siamo comunque sotto la media storica – ma il movimento brusco della scorsa settimana ha provocato un certo nervosismo sui mercati. Perché?
Cosa deciderà di fare la Federal Reserve?
Il “flash move” dei rendimenti dei bond decennali statunitensi indica un chiaro timore: che una ripresa repentina dell’inflazione possa spingere la Federal Reserve – che come sa chi ci segue è la banca centrale statunitense – a stringere le maglie della sua politica monetaria e ad alzare i tassi di interesse prima del previsto.
Del resto, diversi analisti prevedono una forte ripresa dell’economia a stelle e strisce nella seconda metà del 2021, complici l’accelerazione della campagna vaccinale e il nuovo pacchetto di stimoli da 1.900 miliardi di dollari che ha già incassato il via libera della Camera (mentre scriviamo, si attende l’esame del Senato).
Si tratta di una manovra imponente, che ha l’obiettivo di stimolare in modo importante la crescita della domanda non appena le restrizioni legate all’emergenza sanitaria verranno rimosse. Ma se da un lato così si va a sostenere la crescita, dall’altro si registrerà un impatto significativo anche a livello di inflazione, quantomeno localmente, ovvero negli Stati Uniti.
Investire in vista del ritorno dell’inflazione
A livello di investimenti, la risalita delle aspettative di inflazione e dei tassi reali dovrebbe favorire i titoli ciclici value, rimasti indietro rispetto alle loro controparti growth nel corso del 2020.
Va detto che la Federal Reserve ha ribadito più volte, anche di recente, che manterrà un approccio accomodante e che un aumento dei tassi appare improbabile prima del 2024. E la Banca centrale australiana è intervenuta dopo il balzo in alto dei rendimenti incrementando a sorpresa gli acquisti di debito per cercare di arrestare il selloff.
Insomma, per il momento l’inflazione sembra aver battuto un colpo d’avvertimento, provocando uno scossone sui mercati finanziari, ma l’allarme sembra essere rientrato rapidamente.
Ma nei prossimi 12-18 mesi l’inflazione e le eventuali mosse che le banche centrali potrebbero decidere di mettere in campo per contenerla saranno temi cruciali da tenere sotto controllo. Stando agli esperti di Equita Sim, per esempio, con le riaperture post lockdown e l’impatto del nuovo piano di stimoli negli USA l’indice dei prezzi al consumo potrebbe avvicinarsi temporaneamente alla soglia del 2,5%-3% già nel secondo trimestre.