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Deutsche Bank, le banche, l’Europa e i timori di contagio

Ma cosa sta succedendo alle banche? Dopo le crisi della Silicon Valley Bank e del Credit Suisse, alla fine della scorsa settimana è stato il turno di Deutsche Bank, il cui titolo venerdì 24 marzo ha registrato un calo superiore all’8%. Come mai?

Semplice: banca sotto pressione, come segnalato dai suoi Credit Default Swap a cinque anni, vale a dire i derivati utilizzati dagli investitori per coprirsi da un’eventuale insolvenza sul debito obbligazionario. Una forma di assicurazione per gli obbligazionisti contro il fallimento dell’emittente: ebbene, quelli della Deutsche Bank giovedì sera sono balzati a 173 punti base dai 142 del giorno precedente, fino a toccare i 200 venerdì 24 marzo.

Va detto comunque che Deutsche Bank ci ha messo del suo, decidendo di riacquistare un consistente ammontare di debito subordinato prima della scadenza. Considerato quanto avvenuto nei giorni precedenti al di qua e al di là dell’Atlantico, questo ha provocato un certo nervosismo sui mercati.

 

Come siamo arrivati a questo punto?

Il salvataggio d’emergenza del Credit Suisse da parte di Ubs, sulla scia del fallimento della Silicon Valley Bank negli Stati Uniti d’America, ha dato la miccia ai timori di contagio fra gli investitori, acuiti peraltro dall’ulteriore inasprimento della politica monetaria da parte della Federal Reserve statunitense lo scorso mercoledì.

Le autorità di regolamentazione e le banche centrali svizzere e mondiali speravano che la vendita del Credit Suisse alla sua rivale nazionale contribuisse a calmare i mercati, ma evidentemente persiste qualche dubbio tra gli investitori circa il fatto che le nozze bastino a contenere lo stress del settore bancario.

Eppure, come fa notare Cnbc, i numeri raccontano tutta un’altra storia. Nella fattispecie:

  • Deutsche Bank ha registrato dieci trimestri consecutivi di utili, dopo aver completato una ristrutturazione da svariati miliardi di euro avviata nel 2019 con l’obiettivo di ridurre i costi e migliorare la redditività;
  • nel 2022 l’utile netto annuale è stato pari a 5 miliardi di euro, con un aumento del 159% rispetto all’anno precedente;
  • il CET1 ratio – una misura della solvibilità della banca – si è attestato a fine 2022 al 13,4%;
  • il suo indice di copertura della liquidità è risultato pari al 142%;
  • il suo net stable funding ratio si è attestato al 119%.

Tutte cifre, insomma, che non dovrebbero destare alcun motivo di preoccupazione circa la solvibilità o la liquidità della banca.

 

 
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha dichiarato venerdì in una conferenza stampa a Bruxelles che Deutsche Bank ha “riorganizzato e modernizzato a fondo il suo modello di business ed è una banca molto redditizia”, aggiungendo che non ci sono basi per speculare sul suo futuro.

La presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde, dal canto suo, ha dichiarato ai leader dell’Unione europea che il settore bancario dell’area euro è resistente grazie alle forti posizioni di capitale e liquidità e alle riforme post-2008. Ha inoltre affermato che il kit di strumenti della Bce è attrezzato per fornire liquidità al sistema finanziario in caso di necessità.

 

Tassi più alti e crescita più bassa

Nelle ultime settimane le autorità di regolamentazione finanziaria e i governi hanno intrapreso azioni per contenere il rischio di contagio. In una nota diffusa mercoledì, Moody’s ha dichiarato che dovrebbero riuscire nel complesso a farlo.

“Tuttavia, in un contesto economico incerto e con la fiducia degli investitori che rimane fragile, c’è il rischio che i responsabili politici non riescano a contenere le attuali turbolenze senza ripercussioni più durature e potenzialmente gravi all’interno e all’esterno del settore bancario”, ha dichiarato il team di strategia creditizia dell’agenzia di rating.

 

Anche prima che le tensioni bancarie diventassero evidenti, avevamo previsto che le condizioni del credito globale avrebbero continuato a indebolirsi nel 2023 a causa di tassi di interesse significativamente più alti e di una crescita più bassa, comprese le recessioni in alcuni Paesi.

 

Secondo Moody’s, mentre le banche centrali continuano ad adoperarsi per contenere l’inflazione, più a lungo le condizioni finanziarie rimarranno rigide maggiore sarà il rischio che “le tensioni si diffondano oltre il settore bancario, scatenando danni finanziari ed economici maggiori”. Ma l’inflazione resta un grosso tema, e non si può negare. Servirà un nuovo credit crunch per raffreddarlo?

 


 

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