Nel nostro glossario ve lo spieghiamo per filo e per segno. “Lo spread obbligazionario (o semplicemente – e ormai popolarmente – spread) è la differenza di rendimento tra un’obbligazione di riferimento a basso rischio e un’obbligazione più rischiosa. Tale differenziale è espresso in punti base: uno spread di 500 punti base corrisponde al 5%”.
In pratica, lo spread obbligazionario ci dà la misura del valore che i mercati attribuiscono alla differenza di rischio di credito tra due strumenti, uno per l’appunto più rischioso – per esempio, un’obbligazione societaria o emessa da un Paese emergente o da un periferico dell’area dell’euro, com’è l’Italia – e uno meno rischioso, come i titoli di Stato di alcuni Paesi occidentali del calibro di Stati Uniti e Germania.
Tipicamente, lo si interpreta così: maggiore è lo spread, più elevato è il rischio di credito che il mercato attribuisce all’obbligazione dell’emittente percepito come più fragile (magari perché, come il nostro, ha un debito pubblico molto alto).
Spread: perché ne stiamo riparlando?
Perché da stamattina lo spread tra titolo di Stato italiano a dieci anni e suo omologo di pari durata tedesco – per il nostro Paese di periferia, il punto di riferimento è la storicamente solidissima e rigorosissima locomotiva teutonica – ha ripreso a salire. Come mai? Ma è ovvio: perché lo spread reagisce istantaneamente agli scenari di instabilità e incertezza politica.
Comunque la pensiate a riguardo – e vi possiamo garantire che per noi non fa la minima differenza – non c’è bisogno che vi raccontiamo noi cos’è successo nella giornata di ieri e che cosa sta per succedere oggi. Breve sintesi per contestualizzare: stamane (14 luglio 2022) in aula al Senato è in programma il voto di fiducia sul decreto Aiuti. Ora, il capo del Movimento 5 Stelle ed ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato che il suo partito non prenderà parte alla votazione. Ma questa scelta non sarà priva di conseguenze: il Movimento 5 Stelle è infatti tra i partiti che hanno sostenuto finora il governo Draghi e, sfilandosi, darà ufficialmente il via alla crisi di governo.
E a quel punto, cosa accadrebbe? Elezioni anticipate (da noi, in ogni caso, si vota l’anno prossimo) o un nuovo presidente del Consiglio “non eletto dal popolo” (come sempre, del resto, dal momento che noi eleggiamo i parlamentari che poi sono chiamati a votare la fiduca o la sfiducia al governo sancendone così l’inizio o la fine, non a caso siamo una democrazia rappresentativa, ma vabbè, voi questo lo sapete già)? Non si sa: dal che, l’incertezza che sta rinfocolando lo spread.
In cosa sperano i mercati?
Allora, chiariamolo una volta per tutte: i “mercati” – che poi in realtà sono gli investitori, piccoli e medi ma soprattutto grandi – non hanno un colore politico. Semplicemente, le crisi le amano molto poco – o meglio, per niente – appunto perché sono fonte di incertezza e instabilità, e quindi sono associate a un maggiore rischio di perdite di denaro.
La sensazione di insicurezza si riverbera quindi sullo spread, che sale in scia all’assunto secondo il quale l’instabilità rafforza il rischio credito di un Paese.
In questo senso, poi, purtroppo l’Italia è un’osservata speciale: basta il minimo soffio di vento contrario – la pandemia di Covid-19, la guerra russa in Ucraina con conseguente crisi energetica e degli approvvigionamenti in generale, la Banca centrale europea che rivede al ribasso i tassi di interesse e i suoi piani di acquisto titoli – a sospingere verso l’alto questo indicatore che abbiamo tutti imparato a conoscere anni fa, con la crisi del debito sovrano. E la ragione è, anch’essa, semplice: i nostri conti pubblici non proprio in ordine, con un rapporto debito pubblico/Pil del 150% e spiccioli.
Cosa comporta uno spread più alto o più basso?
Molto tempo fa – correva l’anno 2012 – una nostra amica e follower su Twitter ci rivolse una domanda.
“Visto che la febbre dello spread comincia a scendere, perché non ci spiegate meglio che prospettive offre questa discesa?”
La redazione di AdviseOnly recepì l’input e con i suoi “potenti mezzi” elaborò un grafico (quelli bravi direbbero “infographic”) nel quale, con la maggiore semplicità possibile, illustrò le reazioni che si innestano a partire da un abbassamento dello spread tra il Btp decennale e l’omologo tedesco, cioè il Bund. La discesa dello spread è sempre auspicabile, ma attenzione: avviene solo se ne esistono i presupposti.
Quindi prende il via da dati o fatti recepiti come positivi dagli investitori, così come la risalita alla quale stiamo assistendo ha preso l’avvio da una prospettiva – quella dell’ennesima crisi di governo – percepita come negativa.
All’epoca ci cimentammo in un esercizio teorico del tipo: se scende lo spread Btp-Bund, quale circolo virtuoso può innescarsi per l’economia italiana e per i cittadini?
L’ipotesi di partenza fu che scendesse il rendimento del Btp decennale, fermo restando quindi il rendimento del Bund. A partire da questa ipotesi, il grafico – che vi riproponiamo oggi – mostrava, in modo volutamente semplificato, il meccanismo che potrebbe attivarsi, concentrandosi solo sulla sua parte virtuosa.
Un lettore ci fece poi notare che mancava il seguente passaggio:
- lo spread scende;
- si riducono i tassi richiesti su nuovi mutui e prestiti;
- aumenta la domanda di finanziamenti per nuovi consumi e investimenti;
- si agevola la crescita.
Così come l’altro effetto immediato, legato all’apprezzamento dei titoli di Stato detenuti nei portafogli delle famiglie (e delle banche) italiane. Noi rispondemmo che in effetti tutte queste ripercussioni sono importanti, ma che per semplificare al meglio delle nostre possibilità avevamo scelto di concentrarci sugli aspetti più macroeconomici, in particolare quelli legati ai conti pubblici.
In ogni caso, sul tema siamo poi tornati con tutta una serie di post successivi, per esempio quello a cura del nostro Jacopo Caretta Mussa. E, come sempre, le riflessioni non si esauriscono qui. Perciò continuate pure a farci avere – con le dovute maniere, s’intende – i vostri commenti e i vostri spunti. Ne riparleremo, presto o tardi.
Raffaele Zenti / Dicembre 5, 2012
Certo, certo. Gli effetti che evidenzi tu sono importanti. Beh, non poteva essere esaustiva quest’infografica (anche solo per motivi di spazio), così ci siamo concentrati sugli aspetti più macroeconomici, in particolare quelli legati ai conti pubblici.
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ENZO / Luglio 15, 2022
Salve,
a mio avviso, matematicamente parlando, non esiste una correlazione diretta tra spread e mutui. Lo spread obbligazionario, può incidere solo in maniera indiretta sui costi del mutuo e con una velocità di propagazione difficile da definire con lo scopo da parte della banca di (tentare di) riequilibrare la relazione tra ricavi e costi, atteso che l’aumento dello spread generi maggior costi per perdita di valore delle obbligazioni in bilancio.
Se, però, accettiamo questi ragionamenti dovremmo anche affermare che una riduzione dei tassi d’interesse BCE comporti un aumento dei costi dei conti correnti. Fenomeno che sicuramente negli ultimi anni si è verificato, ma non per questo possiamo sostenere che esista una relazione diretta e indissolubile.
Inoltre, si tratta di un fenomeno certamente secondario rispetto.
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Marco O. / Luglio 16, 2022
Ricordiamo che lo spread, nel competentissimo governo Monti e con le riforme “che ci chiede l’Europa” già fatte, rimase altissimo fino a luglio 2012, e si abbassò solo quando un certo governatore della BCE disse “Whatever It Takes”, cioè che la BCE sarebbe stata compratrice di ultima istanza…
Ma stavolta magari è la volta buona che salta l’Euro… X-D
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Maria Paulucci / Luglio 18, 2022
Dal mio modesto punto di vista, non sarebbe una bella notizia… Anzi, sarebbe abbastanza una catastrofe.
Ma il mondo è bello perché è vario! 😉
Cordialità,
Maria
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