È guerra di trincea quella che vede le grandi reti bancarie e di promotori da una parte e dall’altro il nuovo che avanza.
È una lotta nel nome dell’asimmetria informativa: è all’opera una potente lobby, che si batte per fare in modo che i risparmiatori continuino a pagare tanto per i prodotti di risparmio, ignorando la verità.
E la verità è che una bella fetta delle performance degli investimenti dei risparmiatori se ne va in costi destinati a remunerare chi colloca prodotti di risparmio gestito. “Collocare” è un termine da scuole alte che significa meramente “vendere”. Quando parlo di remunerare, ribadisco, non s’intende la remunerazione della qualità intrinseca della gestione, che costa (in media) relativamente poco. Si parla del collocamento. È un costo mostruoso – circa 1,5% del PIL italiano all’anno – ed è una sottostima. Sono, sempre in media, circa 2/3 delle commissioni pagate annualmente dai risparmiatori sui prodotti di risparmio (cioè fondi comuni, unit-linked, certificati, gestioni patrimoniali) venduti da reti bancarie o di promotori. Loro non ve lo dicono, non vi passano questa informazione, perché altrimenti comprereste un po’ meno volentieri: ecco perché si chiama asimmetria informativa. Un sistema omertoso e pieno di fuffa.
Il nuovo, però, avanza. E fa paura al vecchio sistema.
Il nuovo si chiama MIFID II. E mica si tratta di un nuovo centro sociale… è una seria e corposa normativa europea, che regola il comportamento degli intermediari finanziari e i loro rapporti con la clientela. La MIFID II porta trasparenza, e obbliga a dire la verità ai risparmiatori: gli intermediari devono dichiarare esplicitamente ai loro clienti quale porzione dei costi pagati ogni anno remunera la gestione vera e propria, distinguendola dal resto, che remunera vendita e consulenza.
Se i risparmiatori fossero consci di quanto pagano per il collocamento e di che impatto questo ha sul loro investimento, probabilmente opterebbero per investimenti meno onerosi: fondi comuni collocati direttamente dalle società di gestione (“execution only”), oppure quotati in Borsa, o ETF, la scelta è ampia. Valutando poi serenamente la consulenza finanziaria a parte, in base a qualità del servizio e prezzo. Sarebbe la fine dell’attuale sistema basato sull’asimmetria informativa: addio grasse commissioni.
E allora, guarda un po’ che coincidenza, arriva una bella proroga: anziché entrare in vigore nel 2017, MIFID 2, la normativa che porterà maggiore trasparenza a vantaggio dei risparmiatori, entrerà in vigore solo nel 2018. “Per dare più tempo agli intermediari per prepararsi”, si motiva. Maddai.
Prepararsi significa, tra le altre cose, convincere i clienti che la mostruosità che spesso pagano in commissioni è per un servizio di consulenza finanziaria. Il problema è che generalmente tale consulenza è in pieno conflitto d’interesse con il cliente: se chi vi vende il prodotto guadagna di più consigliando un prodotto più caro in termini commissionali, secondo voi, che cosa vi consiglierà?
Quindi può dare un po’ fastidio il fatto che stia per terminare l’iter (lunghissimo: la saga del Trono di Spade in confronto è un attimo fuggente) d’approvazione del Progetto di Legge che istituisce l’Albo dei consulenti finanziari. Una legge che, nel progetto originario, dovrebbe distinguere chiaramente chi fa consulenza finanziaria indipendente da chi no. Uhm… Ma se c’è una chiara distinzione tra consulenti indipendenti e consulenti che operano in conflitto d’interesse con i loro clienti, il risparmiatore potrebbe optare per l’indipendenza, no? E in tal caso, fine delle grasse commissioni, no?
E allora l’ANASF, l’Associazione Nazionale Promotori Finanziari (associazione nella quale francamente dubito si riconoscano i promotori finanziari più smart), ha pensato bene di proporre un emendamento volto – sembra quasi una barzelletta, ma non lo è purtroppo – a rimuovere il termine “indipendente”. Ovviamente il mondo dei consulenti indipendenti è insorto, osservando che rimuovere il termine “indipendente” va contro lo spirito stesso della MIFID II, incentrata sulla trasparenza. Vedremo.
Queste vi sembreranno cose tecniche, noiose, per addetti ai lavori. E in parte lo sono. Ma hanno un enorme impatto sui vostri risparmi. Infatti, se venisse detto chiaramente quanto e per che cosa pagate le commissioni, sareste più attenti nella scelta degli investimenti. Si andrebbe quindi verso un mondo di maggiore simmetria informativa, con più concorrenza: il risparmiatore sarebbe nelle condizioni di scegliere consapevolmente. Più concorrenza significa un’industria del risparmio più efficiente, con maggior uso di tecnologia Fintech, con costi più bassi e servizi finanziari accessibili a un’ampia fetta di cittadini. I bravi consulenti finanziari avranno solo da guadagnarne. Quelli che non sanno fornire vera consulenza, perderanno clienti. Ci sarà “democratizzazione della finanza”.
Cosa può fare un risparmiatore?
Per il momento, cari risparmiatori, per evitare scelte d’investimento potenzialmente inefficienti (ad esempio pagare troppe commissioni per servizi di bassa qualità o inesistenti) attenetevi a regole semplici:
- evitate prodotti d’investimento che non capite appieno;
- leggete i prospetti informativi e i documenti relativi agli investimenti, non siate pigri, e andate a vedere quanto pagate in commissioni;
- data un’esigenza d’investimento, confrontate più alternative;
- informatevi, fatevi una cultura finanziaria di base;
- ricordatevi dell’esistenza di ETF, fondi comuni “execution only” e quotati in Borsa, con costi commissionali decisamente più bassi;
- valutate separatamente la consulenza, rapportando il livello di servizio a ciò che pagate.
Non è difficile.
PS -Aggiornamento del 20 novembre 2015: l’emendamento proposto da Anasf, cioè l’eliminazione della dicitura “consulente indipendente”, è stato infine approvato. La lobby dei promotori, Anasf, ha vinto questa scaramuccia contro la trasparenza e la democratizzazione del risparmio. I cittadini italiani in possesso di qualche risparmio restano così all’interno di un’opaca bolla di non-informazione. E i consulenti indipendenti che offrono genuina consulenza finanziaria sono indistinguibili da chi vende prodotti più cari, contro l’interesse del cliente. Questa è la finanza italiana nel 2015. Peccato. Penso che il mondo cambierà comunque.