“Da maggio, i rendimenti dei titoli di Stato italiani hanno subito un marcato e persistente rialzo e il valore medio di mercato dei titoli in circolazione si è ridotto di circa il 9%”. Questo è quanto la Banca d’Italia ha messo nero su bianco nell’ultimo Rapporto sulla stabilità finanziaria del 2018 (prossima uscita, aprile 2019). Tra le ragioni di questo rialzo, ci sono le “incertezze sull’orientamento delle politiche economiche e di bilancio”.
Ora, con l’ausilio del Rapporto di Bankitalia, cerchiamo di mettere a fuoco le implicazioni per l’economia italiana dell’aumento dei rendimenti sui titoli di Stato.
1) Forte aumento della volatilità
Fate attenzione, perché qui siamo di fronte al più classico dei cani che si mordono la coda. Il rialzo dei rendimenti si è accompagnato a un forte aumento della loro volatilità. L’alta volatilità indebolisce la domanda, perché scoraggia la partecipazione al mercato sia degli investitori più avversi al rischio sia di quelli che per mandato devono rispettare determinati vincoli. E la minore domanda esercita un’ulteriore pressione al rialzo sui rendimenti stessi.
2) Impatto sui conti pubblici
L’aumento dei tassi aggrava il costo del debito e rende più difficile abbassare il nostro già mastodontico rapporto debito/PIL (siamo oltre il 130%). “L’incremento dei tassi all’emissione dei titoli di Stato”, fa notare Bankitalia, “ha determinato negli ultimi sei mesi un’espansione della spesa per interessi di quasi 1,5 miliardi rispetto a quella che si sarebbe avuta con i tassi che i mercati si aspettavano in aprile”.
E se si dovessero confermare le attese di oggi dei mercati? Ci costerebbero oltre 5 miliardi nel 2019 e circa 9 nel 2020. Morale: un rialzo pronunciato e persistente dei rendimenti, a parità di tassi di crescita nominale dell’economia, farebbe lievitare il rischio di un incremento del debito.
3) Flessione del valore degli investimenti
L’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato ha implicazioni anche per le famiglie e per le imprese, dal momento che provoca un deprezzamento dei titoli in portafoglio riducendo così il valore degli investimenti in attività finanziarie, compresi quelli effettuati tramite fondi comuni, compagnie assicurative e fondi pensione.
4) Aumento dei costi di raccolta per le banche
Poi c’è tutto il tema banche, per le quali un primo effetto delle tensioni sul mercato dei titoli di Stato sta nell’incremento dei costi della raccolta.
“Analisi condotte sul periodo 2010-2011”, scrive Bankitalia, “indicano che un innalzamento di 100 punti base dello spread sui titoli decennali può causare un aumento di circa 40 punti base dei tassi di interesse sui depositi a termine e sui repo (pronti contro termine, n.d.a.) e di circa 100 punti base sulle nuove emissioni obbligazionarie”.
5) Diminuzione del valore delle garanzie
Le garanzie stanziabili presso l’Eurosistema a fronte delle operazioni di rifinanziamento vedono poi scendere il loro valore, cosa che si traduce di fatto in un calo della liquidità.
6) Impatto sul patrimonio delle banche
Le variazioni di prezzo dei titoli di Stato – che a fine giugno ammontavano in media al 5,7% dell’attivo, con un’incidenza maggiore tra le banche meno significative (11,3% contro il 4,7% delle banche significative) – possono avere un impatto sul patrimonio degli istituti.
Secondo le simulazioni della Banca d’Italia, basate sulla situazione patrimoniale delle banche e sulla durata finanziaria dei singoli titoli in portafoglio al 30 giugno 2018, un aumento parallelo della curva dei rendimenti dei titoli di Stato di 100 punti base ridurrebbe mediamente il rapporto tra capitale di migliore qualità e attività ponderate per il rischio (CET1 ratio) di 50 punti base: 40 per le banche significative e 90 per quelle meno significative.
7) Restringimento dell’offerta di credito
Ed è proprio questa situazione che si riflette sull’offerta di credito alle famiglie e alle aziende. Basti pensare che l’incremento dei rendimenti dei titoli pubblici in passato è andato di pari passo con una significativa riduzione del tasso di crescita dei prestiti concessi alle imprese.
Meno prestiti, e anche più costosi. Nella fase di alta tensione dei mercati del 2010-2011, ricorda Bankitalia, un aumento dello spread di 100 punti base determinò nell’arco di un trimestre rialzi dei tassi di interesse di circa 70 punti base per i prestiti alle imprese non finanziarie e di 30 punti base per i mutui alle famiglie.
Ora, il costo medio dei nuovi prestiti al settore privato è rimasto stabile nel terzo trimestre di quest’anno. Tuttavia, i segnali di irrigidimento delle condizioni di accesso al credito rilevati dalle indagini sulle imprese indicano che questo meccanismo di trasmissione potrebbe riattivarsi, se i rendimenti rimanessero su livelli sostenuti.
8) Incremento dei rendimenti anche per le obbligazioni private
Il maggiore rischio per il Paese percepito dagli investitori si riflette sull’andamento del mercato delle obbligazioni private, dove i rendimenti sono aumentati anche per le imprese con maggiore merito di credito.
9) Effetto sulle compagnie di assicurazione
Né è da trascurare l’impatto sulle compagnie di assicurazione, che investono in titoli di Stato il 34% degli attivi: le regole prudenziali richiedono loro di calcolare la posizione patrimoniale sulla base di un bilancio le cui poste sono valutate ai prezzi di mercato.
Simulazioni Bankitalia indicano che un incremento parallelo della curva dei rendimenti di 100 punti base ridurrebbe mediamente il valore dei fondi propri delle compagnie del 28%, effetto comunque verosimilmente ridotto dall’attivazione dell’aggiustamento per la volatilità (volatility adjustment).
walter vergani / Febbraio 13, 2019
Mi scusi ma ho bisogno un chiarimento,
Avendo io comprato dei BTP, pensando solamente alla cedola e al prezzo di acquisto, ho pensato che i miei calcoli si dovessero fare principalmente su queste due cose.
Ora leggo del rischio di deprezzamento nel caso di aumento del rendimento.
Ma se porto a scadenza un BTP comprato a 100 con cedola semestrale dell’1% (anche se nella la sua durata dovesse fluttuare) perchè dovrei rischiare un deprezzamento del buono?
Cioè alla fine dovrei incassare il valore nominale dell’acquisto del buono e le cedole semestrali.
Sbaglio qualcosa?
/
Raffaele Zenti / Febbraio 25, 2019
Buongiorno Walter,
Il rischio deprezzamento è solo durante la vita del titolo (e quindi si manifesta in caso di vendita prima della scadenza): se lo detiene fino alla scadenza, da “cassettista”, l’unico rischio che corre è che l’emittente fallisca e non ripaghi.
Grazie
/