Doveva essere l’Ipo record del 2020, una quotazione che avrebbe fatto impallidire perfino quella di Saudi Aramco. Ma Pechino ha calato il cartellino rosso su “Ant”, colosso cinese dei pagamenti online che fa capo alla più nota Alibaba, l’e-commerce fondato da Jack Ma. Lo Shanghai Stock Exchange ha infatti deciso di sospendere l’Ipo attesa per lo scorso 5 novembre, spiegando che il gruppo Ant aveva segnalato importanti problemi, che avrebbero potuto provocare il mancato rispetto dei requisiti di quotazione o dei criteri relativi alla corretta divulgazione delle informazioni. Ma secondo fonti citate da Bloomberg, i regolatori avrebbero detto ai vertici di Ant Group che non ci sarà Ipo senza nuovi requisiti di capitale (e in particolare aumenti alle unità di microprestiti) e senza nuove licenze per operare su scala nazionale.
Vediamo cosa è successo.
Cosa fa esattamente Ant Group?
Partiamo dalle basi: di cosa si occupa Ant? Ant è una creazione del Jeff Bezos cinese Jack Ma, ossia il creatore di Alibaba ”equivalente” di Amazon in Cina. Nata come ramo fintech del colosso dell’e-commerce Alibaba, Ant Group si è imposta nel contesto dei pagamenti digitali in Cina con volumi da fare invidia ai principali servizi omologhi occidentali. Ant conta infatti oltre 1 miliardo e 80 milioni di persone che la utilizzano per svariate esigenze di denaro e una base di clienti circa quattro volte maggiore rispetto a PayPal, la società statunitense leder nel settore dei pagamenti digitali.
Il ramo dedicato ai pagamenti – Alipay – costituisce la parte più corposa della società (contribuisce a circa il 54% dei ricavi, scrive il Sole 24 Ore). E non è difficile capire perché se si pensa che, nel 2019, i consumatori che hanno utilizzato Alipay per i loro acquisti hanno generato pagamenti per 8.700 miliardi di dollari, secondo Barclays.
Ma oltre i pagamenti peer-to-peer, il gruppo Ant offre anche altri servizi: emette polizze assicurative, presta denaro per il credito al consumo o per le piccole e medie imprese cinesi attraverso la internet bank MyBank e fornisce – tramite Sesame Credit – valutazioni sulla solvibilità dei clienti che comprano e vendono sulla piattaforma di e-commerce Alibaba. Non solo. Ant controlla Y’ue Bao, il money market fund lanciato nel 2013 con asset gestiti per 233 miliardi di dollari. E, a settembre, ha lanciato Trusple, una una piattaforma commerciale transfrontaliera per sostenere le Pmi che si basa su AntChain, la soluzione blockchain di Ant Group.
Doveva essere l’Ipo più grande di sempre
Ant è così diffusa che gestisce circa 2.400 miliardi di dollari di pagamenti via smartphone. Per farvi capire, più di Paypal e Amazon messe insieme. Tutt’altro che la “formica” evocata dal nome, insomma. Ebbene, l’Ipo di Ant avrebbe dovuto portare a una raccolta di 34,5 miliardi di dollari nelle due quotazioni simultanee a Hong Kong e Shanghai, sottraendo lo scettro della più grande offerta iniziale di pubblico acquisto al gigante del petrolio saudita Saudi Aramco, che lo scorso dicembre aveva raccolto 29,4 miliardi.
L’ipo da 34,5 milioni di dollari avrebbe portato il valore di mercato del gruppo a quasi 315 miliardi di dollari, più di J.P. Morgan Chase, di Walt Disney o di PayPal.
Invece lo stop di Pechino è costato alla controllante Alibaba 68,4 miliardi di dollari di capitalizzazione di Borsa lo scorso 4 novembre, per il tonfo dell’8,13% registrato a Wall Street: il valore è sceso da poco più di 840 a 772,64 miliardi di dollari, prima di recuperare parte delle perdite nei giorni seguenti.
Perché è stata sospesa?
Innanzitutto, perché è in Cina. Un Paese, che, secondo le parole dell’amministrazione di Xi Jinping, non ha alcuna intenzione di condividere coi mercati il timone del Paese. Non siamo ancora in possesso dei dettagli della vicenda, ma secondo una dichiarazione rilasciata dalla borsa di Shanghai, Ant Group è stata squalificata dalla quotazione “a causa delle modifiche del contesto normativo in materia di tecnofinanza, poiché non soddisfa i requisiti in merito alla divulgazione di informazioni”.
È stata l’authority cinese a mettere sotto indagine le operazioni di Ant Group, basandosi su rapporti interni che accusano Ma di “incoraggiare l’indebitamento di poveri e giovani”. Parallelamente, l’authority bancaria ha fatto emergere una bozza di legge che imporrebbe alle fintech l’obbligo di coprire con capitale proprio il 30% di ogni prestito erogato– e al momento Ant Group copre solo il 2%. Sono proprio questi cambiamenti normativi a premere sulla sospensione dell‘Ipo. La China’s Securities Regulator Commission ha quindi fatto sapere che le nuove norme potrebbero avere “un forte impatto” sul modello di business di Ant Group e che dunque la sospensione del collocamento delle azioni su Shanghai e Hong Kong è stata una “mossa di responsabilità nei confronti dei mercati e degli investitori”. Insomma, nuove regole più stringenti a cui Ant dovrà allinearsi prima di lanciarsi sul mercato, con buona pace di Jack Ma.
Investitori sul piede di guerra
La decisione ha avuto non poche conseguenze per gli investitori di Shangai e Hong Kong, molti dei quali si erano perfino indebitati per ottenere la somma da versare. Secondo Bloomberg, infatti, almeno 3mila miliardi dollari in ordini erano stati già inoltrati prima della notizia del blocco. Praticamente, il 20% dei cittadini di Hong Kong si era attivato per acquistare le azioni Ant. Una corsa all’acquisto ben incoraggiata dai dati sui suoi proventi e sulle proiezioni degli analisti che vedevano le azioni Ant proiettate in rialzo del 50% rispetto al prezzo dell’offerta iniziale. Insomma, gli investitori dovranno comunque pagare le quote ai propri brokers tanto che Bright Smart, una società di servizi finanziari cinese, ha auspicato che il regolatore finanziario di Hong Kong possa spingere Ant a ripagare gli investitori che si sono indebitati per acquistare le sue azioni. Insomma, un bel casino per la società, che potrebbe comunque riuscire a rimettersi in regola per la Borsa. Anche se non in breve tempo: secondo il Financial Times, la quotazione di Ant potrebbe richiedere un’attesa di altri sei mesi.
Cina sempre più protagonista nel mondo tech
Al netto della mossa inattesa da parte delle autorità cinesi, i numeri di Ant Group testimoniano quanto i pagamenti digitali stiano prendendo piede in tutto il mondo, “complice” anche la pandemia che – costringendo le persone in casa – ha spinto l’e-commerce e ridotto l’uso del contante. Vero è che, anche una volta quotato, il gruppo Ant potrebbe avere qualche difficoltà a crescere fuori dai propri confini nazionali, viste le tensioni con gli Stati Uniti e l’India che potrebbero ostacolarne l’ingresso su due mercati enormi – stando all’agenzia di stampa Reuters, il Dipartimento di Stato Usa starebbe già pensando di inserire la società nella “lista nera” del commercio. Tuttavia, rileva Bloomberg, la sua posizione dominante all’interno del mercato domestico e l’interesse mostrato anche da investitori stranieri sono un assist per l’affermazione della Cina alla guida dell’industria tecnologica globale.