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Accordo Italia-Svizzera: cosa cambia per i risparmiatori italiani?

segreto bancario svizzero

La Svizzera cambia il suo modus operandi: non più segreto bancario, ma collaborazione. Non solo con l’Italia, ma in futuro con tutti i Paesi dell’OCSE. Come è successo? E cosa cambia per il risparmiatore italiano?

L’accordo sul segreto bancario

In poche parole le due nazioni, l’Italia e la Svizzera, hanno aggiornato un vecchio protocollo di intesa per evitare la doppia tassazione tributaria tra redditi percepiti in un paese diverso da quello di residenza fiscale. Ad esempio, i redditi da lavoro in Svizzera percepiti da cittadino Italiano, o redditi da capitale Italiano in capo a cittadino Svizzero e così via. Il protocollo, risalente al 1976, evitava che i redditi fossero tassati sia in Italia che in Svizzera.

Con il nuovo aggiornamento al protocollo tra Padoan e Schlumpf del 23 febbraio 2015, gli Stati si impegnano a fornire informazioni “verosimilmente rilevanti”, senza potersi trincerare dietro alla privacy o al fatto che il fisco non abbia degli interessi diretti.

Il nocciolo della questione insomma è la possibilità, per l’Italia, ma ovviamente vale anche il contrario, di richiedere moltissime informazioni su qualsiasi soggetto o gruppi di soggetti, al fine di effettuare verifiche fiscali.

L’unico limite è afferente al concetto di “pesca a strascico” (fishing expedition), ovvero non è possibile fare richieste generiche sull’identità delle persone da accertare, ad esempio tutti gli italiani con un conto in una certa banca, o tutti residenti di Milano che hanno conto in Svizzera e via discorrendo.

La potenzialità di tali accordi, che hanno portato il primo Ministro a sbandierare euforicamente miliardi di euro in entrata, è l’accostarsi di queste misure alla Voluntary Disclosure (VD).

Normalmente, nei paesi inclusi nella cosiddetta black list, le indagini fiscali possono arrivare fino a un decennio prima della effettiva contestazione dell’illecito. Con la VD, si offre la possibilità per i detentori di capitali in Svizzera, di denunciarsi spontaneamente, pagando sanzioni ridotte, e abbonando gli anni che vanno dal 2005 al 2009, a meno di reati penali, quindi pagando sanzioni e imposte solo per i restanti anni dal 2009 ad oggi.

Non una manna come i precedenti scudi fiscali di tremontiana memoria, ma un buon modo di sanare delle attività sommerse.

In pratica i contribuenti hanno la possibilità di sanare la propria posizione con ampi vantaggi, ben sapendo che ormai la Svizzera collabora per fornire informazioni, a partire dal momento in cui gli accordi saranno ratificati (teoricamente, a partire dal 23 febbraio 2015).

Ciliegina sulla torta: dal 2018, con riferimento ai redditi del 2017, la Svizzera aderirà al sistema OCSE di scambio automatico delle informazioni fiscalmente rilevanti (l’Italia vi aderisce con un anno di anticipo) e, tra pochi giorni, anche il Lichtenstein, Monaco e Stato Vaticano seguiranno la stessa strada. Tempi duri per gli evasori, almeno per i piccoli.

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Ultimi commenti
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    Buongiorno Massimo,
    Il segreto é sempre stato motore del core-business svizzero. Perché la svizzera si sta aprendo e in un certo senso uniformando (vedi OCSE) al resto della Europa?

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      A mio avviso credo si stia rendendo conto che o avrebbe cominciato a collaborare oppure casi come la lista “Falciani” sarebbero stati sempre più frequenti. Era impensabile avere nel centro dell’europa un simile “buco” fiscale

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