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HomeECONOMIA E MERCATIECONOMIA, POLITICA E SOCIETA'8 marzo 2012. Ancora troppe differenze di genere, ma non sarà colpa delle donne?

8 marzo 2012. Ancora troppe differenze di genere, ma non sarà colpa delle donne?

Che senso ha la festa della donna nel 2012? La festa della donna è una specie di quota rosa fortemente voluta dai venditori di mimose? E perché non esiste una festa dell’uomo (magari da stabilirsi il 29 febbraio)?

Quello della festa della donna non è un tema importante ma una riflessione sulle donne oggi in Italia ci sta tutta. Di donne e lavoro in Italia si parla molto, anche perché uno dei dati incontrovertibili è che il nostro Paese è una delle Nazioni europee dove la partecipazione femminile al mercato del lavoro è più bassa: il 46%, circa dieci punti meno della media europea; solo Malta è messa peggio di noi.

Siamo condannati a viivere “nel Paese più maschilista d’Europa”,  come scrive in un gran bel libro la nostra amica Caterina Soffici?

Servono le quote rosa?

I dati si trovano e, a seconda dell’inclinazione politica, si possono leggere in diverso modo. Alcuni fatti sono però evidenti a tutti:

  • in Italia esistono scarsi incentivi pubblici alle madri di famiglia che lavorano (in Francia una donna può detrarre dalle tasse il costo della tata, del latte in polvere e dei pannolini e ha ampia scelta di asili pubblici)
  • il mercato del lavoro ha mostrato una scarsa apertura verso soluzioni come il part- time, che consentirebbero alle donne di gestire in modo flessibile lavoro e famiglia
  • culturalmente i maschi italiani (specie quelli della vecchia generazione) tendono a lasciare alla moglie le incombenze famigliari e domestiche, che esse lavorino o no.

D’altro canto, se si leggono bene le informazioni disponibili sul web, si scopre una realtà un po’ diversa, che evidenzia ancora una volta l’arretratezza culturale del nostro paese e che, forse, la situazione in cui oggi le donne si trovano è colpa un po’ delle donne stesse. Leggete questo articolo.

Grazie al supporto di slide e numeri, è dimostrabile una cosa sconvolgente: delle donne che non lavorano la stragrande maggioranza, il 73% , si dichiara “non disponibile a lavorare”!

I dati ISTAT raccolti da Roberto Cicciomessere di Italia Lavoro fanno sobbalzare, perchè se alle donne non disposte a lavorare viene chiesto se la loro condizione dipende dal fatto che i servizi pubblici di supporto alle donne lavoratici (asili,  etc) sono inadeguati, l’82% risponde no! Inoltre, ben 766.000 donne rispondono “non voglio lavorare perché mi sono sposata”. Aaargh!

Facciamo il punto della situazione normativa: abbiamo una legge sulla maternità piuttosto generosa: 5 mesi di maternità obbligatoria remunerata all’80%, più 6 mesi di maternità facoltativa remunerata al 30%, più la possibilità di astenersi dal lavoro per altri mesi a titolo gratuito finché i figli hanno 10 anni… mica male.

Purtroppo molte donne ne hanno abusato, trascorrendo a casa il periodo più lungo possibile e poi, una volta tornate, prendendo ferie di due mesi in luglio e agosto, grazie alla parte di congedo di maternità residuo, alla faccia dei colleghi maschi.

E le quote rosa? Penso che non sia il modo giusto per risolvere il problema perché, imponendo le donne dall’alto, in aziende o in politica, sulla base di un ditkat rigido, aumenterebbe soltanto la quota fìdi “amiche”, “favorite” e “figlie di” che già occupano i pochi posti di vertice.

Credo sia meglio incentivare la crescita delle donne in azienda, e per fortuna sembra che lo si cominci a capire.

Non è una sorpresa che uno dei moderni indicatori di progresso sia la partecipazione delle donne alla vita pubblica e lavorativa. In Italia abbiamo una valanga di donne giovani e non che hanno molto da dare in termini di professionalità ed energia: aiutiamole dando loro non solo più strutture per gestire la famiglia, ma anche una spinta al superamento di modelli culturali vecchi e perdenti.

Io ho lavorato molti anni in istituzioni anglosassoni dove molto pragmaticamente uomini e donne erano considerati “risorse” in un sistema meritocratico, e si era capito che il costo di perdere donne di talento e con esperienza era sicuramente superiore a quello di essere un po’ più “rosa”.

Che ne pensate? Scriveteci le vostre opinioni.

Scritto da

È uno dei partner fondatori e Presidente di Advise Only. Laureata in Economia Politica presso l'Università Bocconi, è stata responsabile dell'area commerciale dell'asset management del gruppo Banca Leonardo, occupandosi della ristrutturazione dell'offerta dei prodotti di risparmio gestito. In precedenza ha accumulato significative esperienze dapprima presso l'area Fixed Income Sales & Trading di JP Morgan e poi come Managing Director in Goldman Sachs, area Structured Fixed Income, occupandosi di clientela istituzionale italiana. Ama lo sport (corsa e sci di fondo), i buoni libri e l'opera lirica.

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