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Vuoi investire in India? Ecco cosa devi sapere

“Faith is the bird that feels the light and
sings when the dawn is still dark”.

Questo verso di Rabindranath Tagore (1891-1941) può essere la metafora della crescita indiana: la fede nello sviluppo che sarebbe arrivato e che, effettivamente, sta arrivando.


Booming

L’India è il secondo Paese al mondo per popolazione. Nel 2009, erano 1.199 milioni di abitanti, nel 2050 secondo le stime saranno circa 1.614 milioni: il più popoloso del mondo! È un Paese giovane: il 30% della popolazione ha meno di 14 anni e pieno di opportunità: il grado di scolarizzazione e di utilizzo delle tecnologie sono in rapida espansione.
Le stime di crescita del PIL per il 2012 sono del 7%, in diminuzione rispetto all’8,2% del 2011. Valori che in Europa ci sogniamo. Le previsioni degli economisti concordano con le ambizioni indiane nel ritenere molto probabile un testa a testa con la Cina in un futuro ormai sempre più prossimo.


Blooming

È un Paese in fiore. Il periodo coloniale britannico ha lasciato in eredità una profonda conoscenza della lingua inglese che lo rende, agli occhi delle aziende internazionali, una conveniente fonte di risorse umane a costi competitivi e con padronanza della lingua. Ecco perchè è la patria dell’outsourcing. Questo elemento e le sue dimensioni, ne fanno un mercato immenso la cui crescita reale e potenziale è molto attraente per gli investitori esteri.

La Repubblica dell’India (Stato federale) è nata pochi mesi dopo la Repubblica Italiana ma solo dai primi Anni ’90 del Novecento ha scelto di liberalizzare l’economia. Oggi, grazie alle riforme realizzate dall’attuale premier Manmohan Singh (laureato a Oxford, economista presso l’FMI e l’ONU), il Paese ha beneficiato di un decennio di crescita del PIL a tassi medi del 7%.

I lati oscuri

Restano tuttavia ancora molti ostacoli alla liberalizzazione completa dei mercati. Per esempio l’economia indiana conserva molti dazi, gravosi sulle importazioni e che arrivano a superare il 30%, oppure il divieto di partecipazione di investitori stranieri in settori giudicati strategici. Inoltre, in anni recenti, a livello politico (federale e statale), si sono registrate tentazioni di stampo socialista e protezionista.

Lo Stato è ancora troppo presente nell’economia: molte sono le grandi aziende riconducibili allo Stato, i servizi finanziari sono in gran parte pubblici, le banche indirizzano il credito principalmente in attività pubbliche.
L’inflazione rappresenta una grossa sfida: nel gennaio 2010 ha raggiunto il suo massimo (16%) e, per combatterla, il Governo ha alzato i tassi ben 13 volte da Marzo 2010. Oggi l’inflazione si è attestata sul 9%. La crescita dei prezzi del settore alimentare (dovuta principalmente a fattori metereologici e alla crescita di domanda per i bio-carburanti) ha provocato grossi danni all’economia agricola indiana, colpendo la popolazione indigente. D’altro canto, gli alti tassi di interesse e di conseguenza dei finanziamenti, generano preoccupazioni per il settore industriale.

Per le agenzie di rating il Paese è al limite dell’investimento speculativo: BBB-. Il rapporto debito/PIL è oltre il 60% e il contenimento del deficit di bilancio è ancora difficile da raggiungere: il saldo delle partite correnti è, infatti, strutturalmente negativo.
L’aumento del prezzo del petrolio ha pesato sul valore della rupia che, in un anno, ha perso il 16% rispetto al dollaro. Nel 2011 due dei principali indici azionari, il Sensex e il Nifty, sono calati del 25%.
Gli scenari futuri

Dall’analisi sembrerebbe emergere un quadro poco interessante per l’investimento finanziario. Eppure le novità che arrivano dal Parlamento indiano potrebbero modificare significativamente lo scenario. Ecco alcuni segnali positivi:

  • Il Parlamento ha approvato una norma che permette agli stranieri di investire nei collocamenti e negli aumenti di capitale delle aziende quotate: un segnale interessante per l’investimento in equity.
  • Progetto di liberalizzazione della distribuzione al dettaglio.

Questi passi dimostrano il tentativo del Governo di continuare a utilizzare le armi della liberalizzazione per favorire la crescita. Una nuova stagione di liberalizzazioni economiche sarebbe il punto di svolta di una nuova ed interessante fase di sviluppo.

Argomento a parte riguarda la società indiana. L’inflazione alta e la disoccupazione a due cifre comportano seri rischi di instabilità sociale. Una grande speranza per la popolazione indigente è posta nel progetto di legge anti-corruzione, il cosiddetto Lokpal Bill (ispirato dalla lotta dell’attivista per i diritti civili Anna Hazare). Da diverso tempo in discussione in Parlamento, è un testo che ha suscitato accese discussioni in India e che sicuramente ha in sé una forza di rinnovamento da seguire con attenzione.

In conclusione, per considerare interessante un investimento finanziario nel subcontinente indiano è bene verificare due elementi fondamentali. Il primo riguarda il Parlamento indiano: se avrà o meno la forza necessaria per combattere le tentazioni protezioniste e se vorrà fare la guerra alla corruzione endemica del Paese. Viceversa se si farà trascinare nell’oblio senza prendere decisioni, gli sforzi per attrarre  investitori esteri sui mercati finanziari resteranno sulla carta e l’India avrà un ruolo meno importante nell’economia mondiale.

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