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Terre rare: cosa sono e perché sono importanti per l’economia globale?

Cosa sono le Terre Rare e che ruolo hanno nell'economia mondiale?

Mentre in Europa gli occhi sono puntati sulla nuova composizione del Parlamento Europeo1, nel mondo il tema principale rimane la guerra dei dazi tra USA e Cina, la quale non solo non accenna a scemare, ma è più viva che mai2.

Dopo gli svariati attacchi da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump a suon di tweet, dazi e dichiarazioni più o meno minacciose, durante queste ultime settimane abbiamo assistito al “velato” contrattacco cinese: la guerra commerciale sta spingendo Pechino e il presidente Xi Jinping a riconsiderare la sua strategia sulle terre rare.

Ma cosa sono queste fantomatiche “terre rare”?

 

Cosa sono le terre rare e a cosa servono?

Le terre rare, un nome che porta alla mente paesaggi brulli e lontani, con un non so che di mistico. In realtà, sono più vicine che mai, potremmo dire a “portata di mano”. Da quelle terre esotiche, infatti, proviene la maggior parte dei materiali che compongono i nostri smartphone, pc e tablet, ma anche turbine eoliche, auricolari, microfoni, schermi LCD e al plasma, magneti, veicoli ibridi, videocamere, batterie ricaricabili e via dicendo.

Insomma, compongono quasi l’intera tecnologia del terzo millennio. Già questo basta per farci capire la loro notevole importanza. Ma andiamo un po’ più nel dettaglio.

Le REEs (Rare Earth Elements) sono elementi chimici presenti in abbondanza nella crosta terrestre, con proprietà fisiche e chimiche uniche, diventati vitali per lo sviluppo delle più moderne e sofisticate tecnologie. Come si è arrivati allo sfruttamento di questi particolari materiali?

 

Una breve storia delle terre rare

Dobbiamo tornare indietro di un bel po’, precisamente al 1789, quando Carl Axel Arrhenius, tenente dell’esercito svedese, scoprì un minerale nero in una piccola cava a Ytterby, una cittadina vicino a Stoccolma: da quel minerale, che era in realtà una miscela di terre rare, fu isolato per la prima volta il cerio nel 1803.

Fu grazie al chimico e mineralista svedese Carl Gustav Mosander che vennero scoperti e isolati molti altri materiali a partire dal 1843, fino ad arrivare nel 1947 all’isolamento di tutte le singole terre rare in forma elementare.

Perché si definiscono “rare”? Non perché non si trovino in abbondanza (per esempio, lantanio, cerio, neodimio e ittrio sono più abbondanti di piombo o argento e perfino 200 volte più comuni dell’oro), ma perché, seppur presenti in diversi tipi di minerali, sono sparsi in giro per il mondo.

Per farvi capire, una manciata di terriccio raccolta nel nostro cortile di casa probabilmente ne contiene un po’, magari poche parti per milione. La rarità è data dalla scarsità di giacimenti abbastanza grandi e concentrati da rendere conveniente l’attività estrattiva.

E indovinate chi ha la disponibilità del più grande giacimento al mondo? Esatto: la Cina. Precisamente a Bayan Obo, nella Mongolia interna, si trova il giacimento di terre rare più grande del pianeta. Costituito da tre corpi minerari principali, si estende in lunghezza per 18 chilometri e costituisce il 50% della produzione di terre rare cinesi.

Prima della metà degli anni Sessanta i principali produttori erano gli Stati Uniti, grazie alle riserve della miniera di Mountain Pass, nel sud-est della California. Ma, a partire dagli anni 2000, il primato passò a Pechino, che ha gradualmente monopolizzato la produzione globale di questi elementi (circa il 95%).

Come documentato nel report stilato nell’aprile scorso dallo U.S. Geological Survey, tra il 2011 e il 2017 la Cina ha prodotto circa l’84% delle terre rare del mondo, seguita dall’Australia con circa l’8% della produzione.

 

 

Le terre rare nella disputa con gli Stati Uniti

Alla luce di quanto detto sopra, va da sé che questi elementi costituiscono una rivelante arma di contrattacco per la Cina. E infatti il presidente cinese Xi Jinping non ci ha messo molto a tirar fuori l’asso dalla manica.

Lunedì 22 maggio, Xi è volato a Ganzhou, nella provincia orientale dello Jiangxi, per osservare da vicino le operazioni della JL Mag Rare-Earth, azienda leader a livello internazionale nei processi di produzione e sviluppo delle terre rare, facendo intendere che sul piatto potrebbe esserci il blocco dell’esportazione dei beneamati Rare Earth Materials.

Né sarebbe la prima volta: Pechino aveva interrotto temporaneamente l’esportazione di terre rare già nel 2010 nell’ambito di una disputa marittima con il Giappone. Ciò mise in difficoltà la filiera produttiva globale e diversi Paesi – Stati Uniti inclusi – tentarono di usare fonti di approvvigionamento alternative a quelle cinesi, senza successo.

Per questo, dopo la velata minaccia cinese, gli Stati Uniti hanno fatto un passo indietro rinviando al 19 agosto l’entrata in vigore del veto su Huawei.

Ma come si comportano gli indici in Borsa collegati alle terre rare? È possibile investire in questo particolare mercato?

 

Come investire nelle terre rare

Non fatevi accecare dal recente rally azionario delle principali aziende legate alla produzione ed estrazione dei Rare Rarth Materials. Gli indici sono molto volatili e forse troppo specifici per assicurarsi un investimento senza sorprese.

Se però voleste darci un’occhiata, esiste un ETF che replica l’andamento dell’indice globale dedicato alle terre rare (attualmente però non ci sono fondi quotati su Borsa Italiana).

L’ETF in questione porta la firma di Vaneck (codice ISIN US92189F7428), è quotato sul NYSE e replica appunto l’andamento dell’indice MVIS Global Rare Earth/Strategic Metals, il quale comprende le aziende impegnate in una varietà di attività legate alla produzione, raffinazione e riciclaggio di terre rare e di metalli e minerali strategici.

L’ETF ha un’allocazione tattica su 20 società prevalentemente cinesi, ma sono presenti anche titoli azionari australiani, canadesi, giapponesi ed europei. La società con il peso maggiore è la cinese China Northern Rare Earth (9,606% al 24 maggio 2019).

 

rare earth | amCharts

 

Confrontando l’andamento dei prezzi delle azioni collegate alle terre rare, notiamo come l’ETF in questione sia alquanto volatile e il suo andamento più simile a quello dell’indice azionario globale piuttosto che a quello dell’indice legato alle commodities.

Tenete a mente, infatti, che puntando sull’ETF Rare Earth si investe in azioni legate alle terre rare, non sulle terre rare stesse. Quindi l’indice potrebbe risentire dell’andamento dei mercati.

Inoltre, come diciamo sempre qui ad AdviseOnly, ricordatevi che gli investimenti richiedono buon senso, consapevolezza di chi si è e di quanto rischio si è disposti a sopportare, un minimo di informazioni e conoscenze tecniche e, soprattutto, un’adeguata diversificazione.

 



1 – Elezioni europee e mercati: iceberg schivato (per ora)
2 – Grafico della settimana: la Trade “cold” War mette in ginocchio la tecnologia

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Ultimi commenti
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    La svolta dovrebbe arrivare dalla Groenlandia, dove il Parlamento ha deciso di aprire allo sfruttamento delle sue miniere.

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    La vera svolta passa per il ciclo di scomposizione e riciclo dei veicoli o altri prodotti a fine vita

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