Con luglio va in archivio un mese di recupero sui mercati occidentali, anche se non è andata altrettanto bene però per i mercati cinesi. Sembra affacciarsi all’orizzonte una stabilizzazione, dovuta anche a banche centrali che potrebbero varare politiche meno aggressive in un prossimo futuro, vedendo l’economia rallentare.
Luglio è storicamente il periodo delle trimestrali. I dati si sono alternati tra luci e ombre, con le difficoltà di alcuni membri di spicco delle big tech Usa, come Facebook e Snapchat.
Continua a occupare la scena il conflitto russo-ucraino, che ormai conosce un periodo di stallo. Sta di fatto che i blocchi e le forniture a ranghi ridotti su Nord Stream 1, il gasdotto che collega la Russia all’Europa, stanno creando problemi agli stoccaggi. Questo allaccio rifornisce in primo luogo la Germania, ma anche tanti altri Paesi tra cui l’Italia. Questo ha portato il gas a rincarare sempre di più.
Il caro delle materie prime ha finito per alimentare un’inflazione che non ha paragoni, almeno non negli ultimi decenni, andando ad aggravare una situazione di fondo provocata dai colli di bottiglia delle catene di approvvigionamento e dal rimbalzo della domanda post restrizioni anti-Covid. Così le principali banche centrali, Fed e Bce in testa, hanno deciso di intervenire sulla politica monetaria, condizionando ampiamente l’andamento dei corsi azionari e obbligazionari.
I fatti salienti del mese di luglio
Partendo dalla guerra, sono stati due gli eventi principali che hanno segnato il conflitto nell’ultimo mese: l’accordo sul grano e lo stop delle forniture al gasdotto Nord Stream 1. Nel primo caso, la firma è arrivata a Istanbul lo scorso 22 luglio. L’accordo è stato raggiunto con la spinta dell’Onu e con la Turchia come garante e mediatore, ed è stato anche il primo accordo tra Ucraina e Russia dall’inizio della guerra. Questo ha avuto riflessi anche su prezzi di grano duro e tenero, che hanno iniziato a ritracciare intorno a 859 e 791 dollari la tonnellata.
Il secondo evento chiave riguarda il gas, con la Russia che ha chiuso per 14 giorni il gasdotto Nord Stream, ufficialmente per lavori di manutenzione. Il 21 di luglio, data indicata come fine dei lavori, le forniture di gas sono riprese, ma a ritmo ridotto (inizialmente al 40% della capacità, poi al 20%). Le vicissitudini legate a questo gasdotto, utilizzato dalla Russia come leva per ottenere un alleggerimento delle sanzioni, incidono inevitabilmente sul prezzo del gas.
Nel frattempo, l’inflazione ha continuato a galoppare in Europa come negli Stati Uniti. Nell’Eurozona è salita al livello record dell’8,9%, mentre negli States a giugno è arrivata al 9,1% annuale (cifra record dal 1981). A questo è seguita la risposta delle banche centrali.
Da una parte, la Bce ha alzato per la prima volta il costo del denaro da 11 anni, aumentando i tassi di uno 0,50 (contro le attese di un quarto di punto). L’Eurotower ha varato anche un nuovo strumento, chiamato Transmition protection instrument, per intervenire nel caso in cui le differenze di rendimento tra i titoli di Stato dell’Eurozona divergano troppo tra di loro durante il rialzo dei tassi. Ma – attenzione – lo Stato che ha emesso i titoli bersagliati deve avere i conti in ordine e disciplina nell’amministrare il proprio bilancio.
Negli Usa, Jerome Powell ha dato un altro giro di vite da 0,75 punti base, il secondo in due mesi. Le banche centrali aggressive hanno fatto aumentare il timore di recessione, con una revisione delle stime di crescita da parte dei principali istituti nazionali che hanno riguardato tutti i principali Paesi sviluppati del mondo.
Gli Stati Uniti, in particolare, dopo due trimestri consecutivi di crescita negativa hanno già imboccato la strada della recessione tecnica. Tuttavia, i listini a Occidente hanno ripreso slancio sull’onda dell’idea che una recessione possa indurre Powell a rallentare i rialzi, per poi invertire la rotta nuovamente.
Sembra muoversi in controtendenza l’Italia, che secondo i dati Istat ha evidenziato una crescita dell’1% nel secondo trimestre (battendo tutte le stime) e ha un progresso acquisito nel 2022 (quello cioè che otterrebbe in caso di crescita zero nel terzo e quarto trimestre) del 3,4%.
Italia che, tra l’altro, ha vissuto una crisi di governo nel mese di luglio, con i alcuni dei principali partiti che hanno tolto il sostegno al governo Draghi, di fatto costringendo il presidente del Consiglio a rassegnare le dimissioni. Ora rimarrà in carica per gli affari correnti, nuove elezioni indette per il 25 settembre.
Tornando agli Usa: le trimestrali di luglio hanno restituito risultati in chiaroscuro. Se Facebook, Snapchat e Twitter hanno avuto risultati inferiori alle aspettative, Apple, Amazon e Tesla hanno tutte battuto le stime degli analisti.
Va ancora male la Cina, tra lockdown e crescita ben più bassa del solito, “appena” del 4,8% nel primo trimestre ma prevista in ulteriore rallentamento nel secondo a causa della severa politica governativa zero Covid.
Come si sono mossi i mercati
In Europa, i listini hanno vissuto un periodo di risalita. Il Ftse Mib in Italia ha chiuso il mese a 22.405 punti (+5,22% da inizio mese), il Dax tedesco ha guadagnato il 5,48%. Un po’ meglio il Cac 40 francese, risalito dell’8,87%.
Negli Usa l’S&P 500 è cresciuto del 9,11%. Ancor meglio il Nasdaq, l’indice che raccoglie i titoli tecnologici, che ha visto un progresso del 12,55% della sua capitalizzazione.
Pure il Nikkei, in Giappone, ha vissuto un mese positivo, chiudendo in rialzo del 5,38%. A conferma del clima economico del gigante asiatico, il Ftse China A 50 ha dovuto incassare una perdita pari all’8,38%. Più o meno in linea l’Hang Seng a Hong Kong (-7,79%).
Sul fronte obbligazionario, il rendimento del bond decennale Usa è calato nel corso del mese fino a toccare quota 2,59% (dal 2,9%). In Europa, lo spread Btp/Bund è sceso a 221 punti base.
Per quanto riguarda le commodity, l’oro a fine mese appariva stabile a quota 1.771 dollari l’oncia. Il gas naturale europeo, invece, è salito corposamente a luglio, a quasi 200 euro al megawatt/ora. Petrolio in calo a 99 dollari (da 111 al barile) per il Brent, Wti a quota 93,80 (da 108 dollari).
Sul fronte valute, il dollaro si è avvicinato ancora all’euro, dopo averlo superato per la prima volta in vent’anni nel corso del mese di luglio.
Eventi da tenere d’occhio nel mese di agosto
Fed e Bce in pausa fino a settembre, ma fari puntati sulla Bank of England che si riunisce il 4 agosto. In ogni caso, sarà importante tenere d’occhio il termometro dell’inflazione. Se continuerà a crescere, è molto probabile che la Federal Reserve e la Banca centrale europea andranno avanti a varare politiche ancor più restrittive.
Sempre sotto i riflettori l’Ucraina, dove mentre scriviamo è in corso una controffensiva di Kiev che potrebbe rideterminare gli equilibri in campo anche in vista di un eventuale negoziato (che ancora, tuttavia, non si vede all’orizzonte). Oltre all’indicibile dramma umano, le ripercussioni economiche: dalla guerra dipendono i prezzi di molte materie prime e, di riflesso, l’andamento dell’inflazione.
Insomma, sarà un mese di decantazione, ma potrebbe dirci molto sull’autunno che vivremo.