L’anno è partito col turbo per i listini azionari, che pressoché ovunque hanno recuperato molto terreno a gennaio. A rianimare le Borse ci ha pensato la ritirata del prezzo del gas, agevolata da un inverno finora mite che ha consentito di mantenere a livelli alti gli stoccaggi.
Ma ha giocato un ruolo anche la fine delle restrizioni anti-Covid in Cina, con l’aspettativa che la riapertura della seconda economia mondiale possa rilanciare i consumi e quindi mitigare il rallentamento economico messo in conto da tutti i più grandi istituti internazionali.
Il primo accenno di ripiegamento dell’inflazione, seppur con i segnali di persistenza provenienti da Spagna e Francia, ha inoltre portato i mercati a prezzare un possibile rallentamento del rialzo dei tassi finora operato dalle banche centrali. La speranza è concentrata in particolare sulla Fed, che è più avanti rispetto alla Bce sul sentiero dei rialzi e deve fare i conti con un’inflazione che sembra maggiormente sotto controllo rispetto a quella europea.
I fatti salienti del mese di gennaio
L’inverno sorprendentemente mite ha fatto sì che in Europa i consumi di gas rimanessero molto al di sotto della media e che il prezzo di questa materia prima ripiegasse su livelli ben più gestibili rispetto ai picchi estivi.
Nel Vecchio Continente, poi, continua a divampare il dibattito tra colombe e falchi in seno alla politica monetaria della Banca centrale europea. Le prime, tra cui spicca il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, sostengono che la comunicazione e una politica di rialzo dei tassi troppo aggressive rischiano di fare danni all’economia, causando una recessione più profonda del necessario. I falchi, che fanno capo principalmente ai membri tedeschi e olandesi del board, ritengono che il rialzo dei tassi debba essere ancora sostenuto, perché il rischio di “fare troppo poco” sarebbe di gran lunga peggiore a quello di “fare troppo”.
Intanto, a fine mese sono arrivati piccoli rimbalzi dell’inflazione che invece aveva mostrato un deciso rallentamento a dicembre: in Spagna il dato è salito da 5,7% a 5,8%, in Francia al 6% dal 5,9% di dicembre. In controtendenza l’inflazione italiana, scesa a gennaio al 10,1% dopo il dato di dicembre (+11,6%). Cala di uno 0,2% il Pil tedesco nel quarto trimestre, quello italiano rallenta invece di uno 0,1% ma la crescita per il 2022 è stata del 3,9%, superiore rispetto al 3,7% previsto dal governo.
Non ci sono buone nuove dal fronte ucraino, dove la Russia sta conducendo una controffensiva e sta riguadagnando terreno sull’esercito di Kiev. Dall’Occidente, in ogni caso, si sono sbloccati nuovi aiuti militari, con la Germania che ha dato il suo ok alla fornitura di carri armati Leopard e gli Usa che hanno promesso una fornitura di Abrams. L’Italia manderà una batteria di missili SampT.
In Cina, invece, sono proseguite le riaperture e arrivano buoni segnali dal fronte economico: l’attività delle fabbriche a gennaio è aumentata per la prima volta da quattro mesi e, in vista di quest’anno, il governo si attende una crescita del 5% dopo un 2022 che l’ha vista rallentare sotto la soglia del 3%.
È iniziata la stagione delle trimestrali negli Stati Uniti: è andata molto bene quella di Tesla, ha sorpreso in negativo invece quella di Intel, colpita dalla caduta del mercato dei pc.
Come si sono mossi i mercati
In Europa, i principali listini hanno iniziato benissimo il nuovo anno: Il Ftse Mib in Italia ha guadagnato il 12,2% sfondando i 26.000 punti. Cresce anche il Dax tedesco, che ha è salito dell’8,6%. In linea il Cac40, +9,4%.
Negli Usa l’S&P 500 è salito del 6,1%. Cifra doppia per il Nasdaq, l’indice che raccoglie i titoli tecnologici, che ha visto un’impennata del 10,6% della sua capitalizzazione.
In Asia, il Ftse China A 50 ha guadagnato il 10,1%. Anche meglio l’Hang Seng a Hong Kong (+10,4%). In Giappone, il Nikkei ha registrato un +4,7%.
Sul fronte obbligazionario, il rendimento del bond decennale Usa è sceso nel mese fino a quota 3,48% (dal 3,8% di dicembre). In Europa, lo spread Btp/Bund era a fine mese a 184 punti base. In discesa tutti i rendimenti dell’Eurozona.
Per quanto riguarda le commodity, l’oro a fine gennaio era scambiato a 1.928 dollari l’oncia (in netta crescita sul mese precedente). Il gas naturale europeo, invece, è sceso ancora, arrivando a fine mese a 57 euro al megawattora (dagli 80 di dicembre), sotto al livello pre-guerra e ben lontano dal picco di 345 euro raggiunto il 26 di agosto. Il petrolio è leggermente salito: 85 dollari al barile per il Brent (a dicembre era a 82), Wti a quota 79 (da 78 dollari).
Sul fronte valute, l’euro si è rafforzato ancora sul biglietto verde ed era scambiato a 1,08 dollari.
Cosa monitorare nel mese di febbraio
Continua la stagione delle trimestrali. In Italia sono andati molto bene i conti di Unicredit (utile record di 5,2 miliardi) e sono attesi i numeri di big Usa del calibro di Meta, Alphabet e Apple. In particolare, quest’ultimi potrebbero essere una buona proxy dell’andamento dell’economia statunitense, dopo che molte aziende tecnologiche nei mesi scorsi si sono rese protagoniste di importanti tagli al personale.
Il mercato continuerà a rimanere sensibile alle notizie dal conflitto tra Russia e Ucraina, dove segnali di escalation potrebbero ripercuotersi sui costi dell’energia e indirettamente sull’andamento dell’economia europea e mondiale.
Focus sugli indicatori economici, in primis l’inflazione e il mercato del lavoro. Questi, sia negli States sia in Europa, continueranno a fare da bussola per le banche centrali.
ANNA FRANCESCA gutris / Febbraio 2, 2023
SEGUO SEMPRE CON INTERESSE I VOSTRI ARTICOLI, CHIARI E PUNTUALI
/