Sono anni che il mercato azionario USA rende più di quello europeo. Da inizio 2015, però, i ruoli si sono invertiti. Man mano che gli indici di Borsa a stelle e strisce hanno toccato nuovi massimi storici, gli investitori sembrano diventare più cauti.
Oltre alle valutazioni fondamentali, che per il presidente della Fed Janet Yellen sono piuttosto elevate, l’apprezzamento del dollaro USA e il calo del prezzo del petrolio hanno ulteriormente spinto molti risparmiatori a domandarsi: qual è lo stato di salute delle imprese americane?
Vediamo cosa suggeriscono le relazioni trimestrali.
Nel complesso, l’apprezzamento del dollaro ha penalizzato la crescita organica dei ricavi. È aumentato il numero di società che hanno chiuso il trimestre con un utile netto negativo, e la crescita degli utili per azione si è ridimensionata.
Se escludiamo il settore Oil & Gas, che deve trovare il proprio equilibrio dopo il crollo del prezzo del petrolio, i risultati sono però piuttosto soddisfacenti.
Nota: il campione comprende il 90% delle società che compongono l’indice S&P500, il 75% del Nasdaq e 921 società che compongono l’indice Russell 2000 con un fatturato compreso tra 50 e 500 milioni.
Le ripercussioni dell’apprezzamento del dollaro e la possibile crisi dello shale oil sono da tenere sotto controllo soprattutto in vista di un rialzo dei tassi da parte della Fed. Secondo Facset, tra le società che hanno fornito una previsione sulla crescita degli utili per azione per il secondo trimestre, circa il 70% è stata costretta ad abbassarle.
In questo momento, se si guardano gli ultimi dati, l’economia americana delude un po’ le attese ma è sicuramente più vicina alla piena occupazione rispetto alla zona euro, il che presuppone una maggiore capacità di resistenza in caso di shock esterni.
Come abbiamo ribadito nell’ultima asset allocation, le valutazione del mercato USA sono in linea con i fondamentali ma, nelle attuali condizioni, siamo sicuramente più positivi del mercato.